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Il tour entra nella  comunità ” Casa Lella” di Grottammare, una piccola realtà italiana che accoglie MSNA.

Incontro con la coordinatrice della Comunità educativa per minori “Lella”: Deborah Siliquini

La cooperativa Sociale “Lella 2001 o.n.l.u.s” è nata nel 2001 a Grottammare in provincia di Ascoli Piceno nelle Marche. Comprende 9 soci e 15 dipendenti. I principali servizi che la cooperativa eroga sono due: la comunità per minori “Lella” nata nel 2002 e il servizio C.A.S (Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo) per i richiedenti asilo gestito dalla prefettura.

I centri C.A.S. sono rivolti a famiglie o nuclei di madri con bambini per l’accoglienza di stranieri. In tale centro sono disponibili 35 posti ed è possibile accogliere sia maschi che femmine in piccoli appartamenti (il più grande accoglie 10 ragazzi); altri appartamenti accolgono un numero massimo di 5 ragazzi e i restanti accolgono piccole famiglie o mamme con bambini.

 La comunità “Lella”

La comunità “Lella” [1] nasce nel 2002 ed è sita nel comune di Grottammare. In linea con i principi della Chiesa è nata proponendosi di dare una risposta concreta a favore delle sofferenze sociali e delle povertà accogliendo ragazzi dai 12 ai 18 anni segnalati dai Servizi Sociali delle Aziende Sanitarie Locali, dalle Scuole e collocati dal Tribunale per i Minori. Lo scopo è stato di promuovere un’attività di accoglienza con un’azione di sostegno al minore in ottemperanza alla Legge Regionale 20 del 6/11/2002.

Casa “Lella” è una struttura concessa in affitto da parte della “Istituzione Povere Costante Maria”. È ubicata nel centro storico di Grottammare “Alta” ossia è situata sulla sommità del colle, adiacente ai resti del vecchio castello e per questo gode di una splendida vista sul mare.

La casa si sviluppa su una superficie di 607 mq. disposta su due livelli. Il piano terra è adibito a cucina, refettorio e ufficio. Nel primo piano si trovano 3 stanze singole, due doppie e una tripla. Inoltre, vi è un lungo corridoio con arco a vista e con computer, una sala per lo studio, una stanza adibita a sala giochi (biliardino, tavolo da ping pong, cyclette ed attrezzi da palestra) e una stanza per l’operatore di turno. La struttura possiede due giardini interni ed è immersa in una splendida pineta, dispone di un terrazzo e di un giardino esterno.

È una comunità residenziale e diurna ed ha funzioni educative secondo le disposizioni delle leggi Nazionali e Regionali. Inizialmente ha potuto accogliere al massimo 10 adolescenti (e ha disposto di due posti di pronta accoglienza). I ragazzi accolti erano tutti maschi, dai 12 ai 18 anni.

Attualmente la comunità può ospitare 13 ragazzi maschi (grazie al cambiamento introdotto con la nuova Delibera Regionale che ha aggiunto la possibilità di ospitare il 20% dei ragazzi stranieri non accompagnati in più e per eccesso al numero già presente).

Nello specifico, dal 2002 al 2014 la comunità ha accolto adolescenti che provenivano da tre percorsi differenti:

–   dal territorio regionale per problematiche legata al disagio familiare /sociale e collocati in comunità tramite decreto del tribunale dei minori;

–   dal circuito penale ossia ragazzi coinvolti in esperienze di devianza che necessitavano di un periodo di messa alla prova o misure cautelari alternative al carcere;

–   da segnalazione della Procura (art. 403) per alcuni casi di minori stranieri non accompagnati.

Dal 2014 la percentuale delle richieste per minori stranieri non accompagnati ha rappresentato l’80% delle domande di ingresso e questo dato ha portato la comunità a specializzarsi sui bisogni e sulle esigenze dei minori stranieri non accompagnati. Attualmente la comunità ospita esclusivamente minori stranieri non accompagnati (MNSA).

La gestione della Comunità è in coordinamento con gli Enti Pubblici, con il privato sociale e con associazioni di volontariato e si rivolge a minori fino a 18 anni. Per supplire a tale istituto anagrafico la comunità ha costituito un appartamento di “sgancio” per i ragazzi 18/21 anni. Tale appartamento è seguito dall’équipe educativa senza richiesta della retta al servizio sociale come atto di volontariato.

Le specificità dell’accoglienza dei MNSA

I MNSA che la comunità accoglie arrivano prevalentemente dal territorio marchigiano ed in particolare dal Comune di Ancona o dai comuni costieri. Attualmente, i ragazzi accolti sono prevalentemente Senegalesi, Gambiani, Nigeriani, Pakistani, Bengalesi e Afghani.

Le specificità dell’accoglienza educativa di MNSA deriva dalla storia, dalla lingua e dalla cultura dei ragazzi accolti. La maggioranza di questi ragazzi ha subito traumi massicci da esposizione diretta a violenza fisica e sessuale o indiretta poiché vista subire da componenti della propria famiglia o dal proprio popolo nel paese di origine o durante il viaggio di migrazione. Alcuni di loro hanno subito incarcerazione se nel viaggio hanno dovuto attraversare la Libia o la Siria. Non hanno avuto il diritto a carceri minorili ma hanno vissuto la detenzione con adulti senza il rispetto di alcun diritto civile. Tali detenzioni hanno lasciato segni fisici, psicologici evidenti che si sommano ai traumi catastrofici da guerra e da violenza massiccia. Tali traumi hanno provocato nella maggior parte dei ragazzi lo sviluppo di importanti disturbi da stress post-traumatico.

Tali disturbi vengono spesso riconosciuti nel tempo dalla comunità e non si manifestano nella prima fase di accoglienza. In tale fase iniziale, che per l’équipe è di osservazione, i ragazzi appaiono stremati e si riposano molto, spesso li si osserva seduti, che pensano cercando di capire dove si trovano e perché si trovano in comunità. Il primo obiettivo per la comunità di accoglienza è permettere il recupero della sfera spazio-temporale e dopo questa fase di assestamento per la comunità inizia la fase di lavoro educativo. In tale fase iniziano ad emergere i traumi massicci vissuti ed i sintomi del disturbo post-traumatico da stess.

La prima caratteristica del lavorare con i MNSA vittime di traumi possenti come quelli descritti è la lingua e la difficoltà a fare una mediazione culturale di quanto accaduto. La traduzione dei comportamenti messi in atto dai ragazzi o delle loro parole in modo corretta è basilare.

L’educatore deve avere capacità di traduzione della lingua, spesso è affiancato da un mediatore culturale. Poter disporre di un buon traduttore nell’accoglienza dei MNSA è uno strumento fondamentale. In alcuni periodi la comunità ha avuto alcune difficoltà a recuperare nel territorio mediatori culturali per la traduzione di particolari lingue. La comunità”Lella” ha costruito negli anni, al fine di ottemperare a tale necessità di lavoro, una lista ampia di nominativi reclutati attraverso una ricerca importante sul territorio, in collaborazione con associazioni che si occupano di immigrazione o attraverso gli SPRAR del territorio.

Per accogliere le nuove culture che arrivano gli educatori vengono preparati attraverso due modalità diverse. Ogni educatore dispone di una letteratura specifica di riferimento e di una filmografia consigliata che lo sostiene nella comprensione di realtà diverse e lontane (vedi allegato).

Inoltre, per accogliere il minore straniero è fondamentale la formazione esperienziale ossia la capacità di esercitarsi a porre domande al fine di creare un atteggiamento mentale educativo che permetta all’operatore di chiedere al ragazzo costantemente, senza fare supposizioni o fornire giudizi sul comportamento messo in atto. Tale modalità protegge da eventuali fraintendimenti, malintesi o giudizi derivanti dalla lente di osservazione dell’educatore o dai pregiudizi dello stesso. Tale strumento è fondamentale per comprendere il ragazzo ed il suo mondo di appartenenza: la città da cui proviene (se città grande o piccolo paese, del Sud o del Nord del Paese), le sue terre e i suoi confini, le sue usanze ed abitudini, i suoi costumi, quelli del suo popolo, della sua casa e della sua famiglia.

Tale modalità permette di conoscere l’altro come interlocutore e non di imporre le proprie regole/abitudini consentendo di porre le basi per capire realmente alcuni comportamenti o usanze che l’adolescente mette in atto e che l’educatore non conosce. Ad esempio, significa comprendere perché un ragazzino indossa sempre “la stessa cinta sporca” mentre potrebbe utilizzarne di nuove e pulite. Solo chiedendo è possibile comprendere che “la cinta sporca” è un dono di battesimo importante che viene donato dalla madre senegalese e accompagna la crescita del ragazzo.

Una particolarità del lavoro con MNSA fondamentale è che i MNSA hanno la percezione che arrivano in Italia per essere tutelati da quanto è successo nel proprio passato e per costruirsi un futuro lavorativo. Per accedere al proprio futuro lavorativo spesso immaginano di poter andare in strada (come nei loro paesi di origine), cercarsi un lavoro ed iniziare a svolgerlo. L’educatore deve svolgere un lavoro di profonda mediazione culturale per fare comprendere all’adolescente che in Italia occorre avere 16 anni compiuti e che occorre avere concluso un percorso di studi, oltre che possedere un permesso di soggiorno in regola al fine di accostarsi al mondo del lavoro. Tale iter legislativo e lavorativo è sconosciuto ed inaspettato per il ragazzo e richiede una capacità di accettazione del nuovo piano di realtà dovuto a leggi e costumi differenti. Il diritto minorile che è pensato in Italia per tutelare il lavoro e lo sfruttamento dei minori nel territorio, per un MNSA in una certa fase dell’arrivo è vissuto spesso come un’ulteriore violenza ed ingiustizia nei suoi confronti, ingiustizia che non gli permette di poter inviare i soldi alla famiglia nè di rendersi autonomo nel più breve tempo possibile.

La peculiarità del lavoro con MNSA è innanzitutto di comprensione del mondo dell’altro (attraverso lo strumento delle domande e tramite traduttori preparati), un lavoro di intensa mediazione culturale e, infine, un lavoro di negoziazione con il ragazzo, al fine di mettere in campo strategie il più utile possibile per la vita del ragazzo nel nuovo contesto italiano (spesso differenti da quelle che lo hanno aiutato a sopravvivere nel Paese di origine).

Le specificità della presa in carico comporta l’affiancamento dell’educatore a diverse professionalità: traduttori capaci, mediatori culturali fin dalla prima fase di osservazione e di ingresso del minore e terapeuti con competenze di psico-traumatologia ed etno-psichiatria.

Nella fase di apertura della comunità (2001/2002) la migrazione è stata differente. Proveniva nella maggioranza dei casi da paesi Nord-Africani, Magreb, Serbia e Albania. Oggi questi ragazzi ormai divenuti giovani adulti, hanno concluso il percorso di studio e di comunità. Spesso sono divenuti i mediatori culturali della comunità “Lella”. Attualmente la difficoltà percepita dalla comunità è di recuperare mediatori culturali di lingua tigrina , wallaf o particolari linguaggi che a volte non sono neppure scritti. La comunità dispone di una lista amplia di nominativi ma spesso questo è un punto critico della presa in carico poiché i mediatori hanno doppi lavori ed è spesso difficile incastrare le esigenze.

Come si evince, un elemento distintivo fondamentale nella presa in carico dei MNSA è la necessità di percorsi terapeutici adeguati che possano riconoscere, curare e guarire il disturbo post-traumatico da stress tipico di questi ragazzi come descritto precedentemente. La presa in carico del MNSA presso la comunità “Lella” prevede per ogni ragazzo accolto la possibilità di accedere ad uno spazio di terapia individuale settimanale (con orari differenti e flessibili in base al lavoro e alle esigenze del minore). Si svolge presso lo studio privato della psicoterapeuta assunta dalla cooperativa. La psicoterapeuta non è interna alla comunità ma per i ragazzi che per cultura temono la psichiatrizzazione e il male mentale spesso è la terapeuta che si reca alla comunità.

Tale flessibilità nel setting permette l’aggancio del ragazzo in un luogo conosciuto. In tal modo inizia gradualmente un lavoro di supporto che poi si trasferisce fisicamente nel setting dello studio privato della terapeuta. Altre volte la terapeuta si sposta in comunità nelle ore di pranzo per permettere ai ragazzi di non prendere permessi dal lavoro.

Un’ulteriore specificità del lavoro con MNSA è il tempo a disposizione. I ragazzi arrivano nella maggior parte dei casi intorno ai 16 anni e devono essere dimessi a 18 anni. Ciò significa che la comunità “Lella” ha in media 2 anni di lavoro intenso per ogni minore accolto al fine di:

–   dare origine a percorsi psicologici individualizzati che possano permettere un’iniziale rielaborazione dei traumi subiti per prevenire esiti psicopatologici gravi ed iniziare percorsi di mediazione culturale

–   Insegnare la lingua italiana ed elementi di educazione civica inizialmente all’interno della casa poi tramite corsi di alfabetizzazione nella scuola di Grottmamare

–   Accompagnare il minore nel percorso scolastico per ottener il diploma di terza media

–   Accompagnare il ragazzo attivando percorsi di tirocini lavorativi formativi

–   Inserire il ragazzo nel mondo del lavoro

Il percorso di professionalizzazione per i ragazzi accolti dalla comunità “Lella” è basato sul principio di realtà. Ciò comporta la richiesta da parte dell’educatore al ragazzo di “mantenere i suoi sogni nel cassetto”; tale richiesta è fatta dall’educatore specificando che non li dovranno annullare ma custodirli poiché in questi due anni essi sono impegnati a raggiungere obiettivi importanti per potersi rendere autonomi.

 I dettagli delle fasi dell’accoglienza del MNSA presso la Comunità Casa “Lella”

La prima fase dell’accoglienza dura circa 2 mesi ed è caratterizzata da una profonda ed attenta osservazione del ragazzo e dei suoi comportamenti, l’équipe lavora sull’orientamento spazio –temporale, spiega, affiancata da un traduttore, dove e perché il ragazzo si trova; chiarisce che cosa è una comunità per minori e perché il minore vi è alloggiato. In questa fase vengono fornite tutte le indicazioni sui diritti del minore (legali e civili) oltre che sui suoi diritti rispetto al comprendere la scelta che dovrà intraprendere per richiedere il permesso di soggiorno o l’asilo politico.

Nello specifico, il ragazzo che richiede asilo politico può rimanere in Italia senza la scadenza del 18° anno di età ossia può rimanere finché gli verrà riconosciuto l’asilo politico (tale stato ha delle scadenze che si rinnovano per protezione umanitaria o asilo a seconda dei livelli di gravità). Tale tipologia di permesso ha il vantaggio di non scadere al compimento del 18° anno. Lo svantaggio è che per essere conferito implica una valutazione del ragazzo di fronte ad una commissione esaminatrice che pone domande dirette e specifiche al ragazzo. Se la commissione decide che non vi sono i presupposti per concedere lo status di asilo politico al minore essa diniega la richiesta e il minore da quel momento non ha più diritto a sostare nel territorio Italiano.

Il permesso di soggiorno per minore di età, è un diritto del minore che egli acquisisce al momento dell’ingresso in Italia. Tale stato ha lo svantaggio di scadere al compimento del 18° anno. A tale scadenza il ragazzo dovrà dimostrare di avere fatto un percorso di integrazione tale che gli permette di rimanere in Italia per motivi di lavoro (se assunto in aziende) oppure per attesa occupazione (se in stato di disoccupazione).

Questa fase iniziale viene svolta dagli educatori e dai mediatori culturali con cura e attenzione. Le conoscenze e le informazioni vengono spiegate, riprese e rilette più volte e in diverse fasi del tempo di accoglienza. Il minore è colui che ha la responsabilità di scegliere che tipo di permesso vorrà richiedere per poter restare sul territorio italiano ed è importante comprenda le implicazioni giuridiche che tale scelta comporta.

All’interno della fase di osservazione il ragazzo inizia da subito lo studio dell’italiano per tre volte alla settimana in due momenti distinti della giornata. La mattina per un’ ora circa studia con una volontaria (vi è un livello di studio comune a tutti i ragazzi che poi diventa sempre più individualizzato) e ogni pomeriggio studia per un’ora con l’educatore per rafforzare quanto assimilato nella mattina. Tale modalità di studio spezzata in due momenti differenti è stata scelta dall’equipe educativa per facilitare e incrementare gradualmente la capacità di attenzione dei ragazzi poiché conoscono le compromissioni di tali funzione dovute al disturbo post-traumtatio da stress.

Nella seconda fase educativa (dal 3° mese) l’accoglienza del ragazzo si rivolge anche al mondo esterno della comunità. In tale momento avviene l’inserimento del ragazzo nella scuola per adulti per l’alfabetizzazione. Dopo un anno di scuola la comunità sostiene il ragazzo per l’inserimento al corso di qualifica di terza media.

In parallelo allo studio dell’italiano, nella programmazione della giornata del ragazzo, la comunità affianca un’attività di volontariato. Tale attività è stata pensata con il fine di aiutare il ragazzo nell’allenamento della lingua, per conoscere persone differenti, integrarsi maggiormente nel territorio e fare amicizia con ragazzi al di fuori del contesto comunità e scuola, ma anche per permettere al territorio di Grottammare una diminuzione del pregiudizio nei confronti degli adolescenti stranieri non accompagnati. La presenza di tali ragazzi nei maneggi con ragazzi disabili, presso i centri della CARITAS, al banco alimentare o in altri luoghi del territorio che collaborano con la comunità da diversi anni ha permesso ai cittadini di conoscerli meglio, di osservarli e di vedere anche il loro valore come risorsa del territorio oltreché di sentirsi rimborsati per l’accoglienza che permettono attraverso una sorta di reciprocità di servizi offerti.

I ragazzi sono liberi di fare o meno volontariato ma nella maggior parte dei casi (se viene spiegato correttamente che cosa significa volontariato e viene condiviso che non è una porta per il lavoro) i ragazzi accettano volentieri.

La giornata del minore straniero non accompagnato presso la Comunità Casa “Lella”

La giornata del ragazzo minore straniero non accompagnato presso la comunità “Lella” risulta essere una giornata pensata per l’alfabetizzazione, la socializzazione, l’autonomia lavorativa del ragazzo minore straniero non accompagnato e per questo densa di attività in ognuna delle fasi dell’accoglienza.

I compiti assegnati al ragazzo durante la fase di osservazione (che dura circa due mesi) sono tutti rivolti all’interno della comunità e concernono compiti di pulizia, di accompagnamento dell’educatore a fare la spesa (per incrementare gradualmente la sfera spazio-temporale) e di aiuto nella strutturazione della quotidianità interna.

Nella seconda fase, lo spazio educativo si sposta sempre maggiormente verso il mondo esterno (dal 3° mese). Il ragazzo si sveglia alle 8 e30 e inizia a studiare italiano per un’ ora /un’ora e mezza con la volontaria e inizia un percorso di autonomia maggiore rivolto anche alla conoscenza dell’esterno. La giornata è divisa in due parti che prevedono nella mattinata l’attività di volontariato o l’attività sportiva (ogni ragazzo può scegliere l’attività di volontariato e lo sport che preferisce).

Alle 12 e 30 è previsto il pranzo. Tale momento è pensato e strutturato come un momento di condivisione per tutti i ragazzi accolti in cui gli educatori rinforzano i ragazzi a raccontarsi (per rinforzare l’italiano e per aumentare la socializzazione tra il gruppo minori e il gruppo educatori) attraverso gli aneddoti delle proprie giornate di lavoro, di volontariato o scolastiche.

Dopo pranzo vi è una mezz’oretta libera e la programmazione riprende con l’ora di studio guidata dall’educatore in turno al fine di approfondire e potenziare la conoscenza della lingua.

Per tutti i ragazzi dal 3° mese vi è l’iscrizione alla scuola per adulti e per tali spostamenti i ragazzi vengono resi autonomi dagli educatori (attraverso il servizio di autobus di Grottammare).

Il rientro in comunità dopo la scuola è previsto al massimo per le 20 poiché nuovamente la cena è pensata come un momento comunitario, di condivisione e di rafforzamento della lingua.

Dopo cena è sempre proposta un’attività di gruppo o di cineforum sempre guidata dall’educatore. Nel cineforum i ragazzi guardano un film in lingua con sottotitoli adeguati al gruppo e poi ne discutono insieme all’operatore.

Durante la settimana le giornate meno strutturate sono il sabato e la domenica; il primo sabato del mese si svolge l’incontro di gruppo. In tale incontro i ragazzi scelgono a maggioranza un argomento che gli piacerebbe approfondire (educazione sessuale, lavoro, cronaca attuale, politica nazionale e internazionale) e ne discutono tra loro guidati dall’educatore.

Il contesto di Grottammare: rapporti con il tessuto sociale, datori di lavoro e scuola

Grottammare è un piccolo comune di circa 16.000 abitanti.

La comunità educativa collabora con diversi enti pubblici per la presa in carico del MNSA (scuola, servizi sociali, TM), enti del privato sociale e associazioni di volontariato.

Rispetto al contesto, l’obiettivo costante della comunità “Lella” è stato negli anni quello di creare e mantenere una buona immagine della comunità e dei suoi servizi, migliorare i servizi offerti rendendo visibile al territorio l’esperienza raggiunta, presentare i risultati ottenuti sensibilizzando il territorio sul disagio sociale e sulle potenzialità dei minori ospiti della struttura al fine di tentare di ridurre con la conoscenza diretta della casa e diretta dei ragazzi (attraverso percorsi scolastici, di volontariato, e lavorativi) le eccessive semplificazioni e categorizzazioni sociali semplicistiche che causano spesso stereotipi e pregiudizi che ruotano intorno al mondo del MNSA e delle comunità.

Per la percezione della responsabile una parte della popolazione ha avuto e ha tutt’oggi dei pregiudizi che nascono dalla non conoscenza diretta del mondo dei MNSA sostenuta dai media e dal qualunquismo. Alle educatrici della comunità è capitato di esser in fila dal dottore e sentire qualcuno lamentarsi di dover pagare le tasse perché il ragazzo straniero che accompagnava potesse avere accesso alle cure sanitarie e poter andare dal dottore. Per l’ esperienza della responsabile il pregiudizio è cambiato in passato e può cambiare ulteriormente attraverso l’esperienza e la conoscenza diretta del luogo e dei ragazzi stranieri.

L’attività di volontariato che si è costruita in questi anni ha ridotto il pregiudizio poiché la popolazione ogni mattina ha potuto osservare i ragazzi svolgere il servizio di volontariato in CARITAS o con i disabili del territorio, e ha potuto constatare come lo sforzo del privato cittadino viene restituito da un adolescente (giovane) attraverso un impegno quotidiano. Tale conoscenza e scambio reciproco sono stati un passo fondamentale.

La modalità esperienziale e diretta di conoscenza è stata la chiave per avviare i rapporti con tutti gli enti che ruotano intorno alla presa in carico dei MNSA.

Nel mondo del lavoro le remore e i pregiudizi rispetto all’ingresso dello straniero incontrati sono stati molto forti.

La comunità per superarli ha svolto un lavoro di conoscenza diretta di tutti i possibili datori di lavoro e si è fatta garante del percorso di stage. La comunità ha attivato i tirocini lavorativi ponendosi come ente promotore e svolgendo una funzione di “cuscinetto” tra l’ente e il ragazzo. Il datore non si fidava del ragazzo straniero perché non lo conosceva ma in questo modo si è potuto fidare del referente della comunità e fornire un’opportunità di formazione lavorativa al ragazzo.

La conseguenza di tale modalità di lavoro ha fatto sì che oggi i datori di lavoro abbiano iniziato a fare un lavoro di passaparola tra di loro (ristoratori, albergatori, piccole fabbriche) e questo ha comportato una buona immagine della comunità, che fornisce alle aziende ospitanti il ragazzo una disponibilità h 24 per la segnalazione di qualunque problema o ritardi del ragazzo.

L’analisi della compatibilità tra attitudine del ragazzo e posto di lavoro è un elemento preventivo importante per la buona riuscita degli stage. La comunità vi pone estrema attenzione (scelta dello stage giusto per il ragazzo) e lo monitora nel tempo per non creare tirocini che decadano in situazioni frustranti per il minore o per il datore di lavoro.

Dei 13 ragazzi attualmente accolti 11 sono in tirocinio lavorativo e due ragazzi, per scelta degli educatori, non hanno intrapreso tale attività perché non ancora pronti e in fase di osservazione.

Tale modalità di conoscenza diretta ed esperienziale è stata adottata dalla comunità “Lella” con tutti i partner del territorio. Inizialmente la responsabile ricorda che la scuola non avrebbe voluto fornire lo spazio per le lezioni pomeridiane poiché temeva che gli stranieri portassero un aumento di malattie e di consumo di droghe per i ragazzi che la mattina avrebbero utilizzato le aule. La proposta della comunità è stata di provare dando almeno un’opportunità a questi ragazzi. Anche in questo caso come con il mondo del lavoro si è potuta attivare una collaborazione proficua che ha dato i suoi frutti sia all’istituzione scuola che ai ragazzi accolti in comunità e che dura da anni.

Incontro con Assistente Sociale di Grottammare

Matilde Capretti è Assistente Sociale del Comune di Grottammare; il suo ruolo prevede che ella si occupi di minori, di anziani, di tossicodipendenza, della psichiatria e di indigenza.

Il territorio negli ultimi anni è stato caratterizzato dal fenomeno dell’arrivo di MNSA espressione con la quale giuridicamente si designano i minori stranieri presenti a vario titolo sul territorio italiano (migranti, rifugiati, minori in stato di abbandono) ma in assenza di qualsiasi riferimento familiare (perché non reperibile o non identificabile). Nel comune di  Grottammare arrivano circa 3 o 4 minori stranieri non accompagnati all’anno mentre, in comuni più grandi come Macerata, ne giungono circa 30 all’anno.

Nel rispetto delle norme nazionali e internazionali, la tutela dei minori da parte delle istituzioni deve essere piena e incondizionata e l’onere dell’accoglienza ha assunto un peso importante per i bilanci dei Servizi Sociali dei Comuni.

L’iter di ingresso del MNSA nel Comune di Grottamare ha alcune criticità dovute all’emergenzialità e alla non programmabilità del momento dell’arrivo del minore. Il minore viene identificato presso la sede del corpo di Polizia. La polizia lo affida ai Servizi Sociali del Comune nel cui territorio si è verificato il ritrovamento. Si procede alla segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni ai sensi della L.184/1986 e modificata dalla L.149/2001 art.9 c.1. Il Servizio Sociale, ai sensi dell’art. 403 c.c, provvede immediatamente a collocare il minore in modalità di Pronta Accoglienza in un luogo sicuro (Pronta Accoglienza presso Comunità Educativa) sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.

La prima criticità di tale presa in carico è di rispondere agli ingressi sull’urgenza. L’ assistente sociale deve redigere la pratica ed immediatamente trovare la comunità in qualunque momento della giornata lavorativa e non. Nella provincia di Ascoli Piceno vi sono 4 comunità per MNSA che, se hanno un posto libero, facilitano l’inserimento del minore altrimenti l’assistente sociale deve telefonare e accompagnare il minore in altri comunità più o meno limitrofe nella regione. Attualmente l’assistente sociale per fare questi passaggi sta creando un progetto con la Cooperativa Sociale “Lella 2001 o.n.l.u.s” per costruire la possibilità di pronta accoglienza garantita in orari extra lavoro. La seconda criticità segnalata è capire chi accompagna fisicamente il minore dal comando di polizia alla comunità. L’ assistente sociale sta cercando di creare un protocollo operativo che preveda che sia la polizia municipale a svolgere l’accompagnamento del minore, come in altri comuni limitrofi. Tali protocolli vorrebbero sottolineare il ruolo effettivo dell’assistente sociale che interviene dalla presa in carico del minore in comunità e non nella fase di primo intervento.

L’assistente sociale segnala come buona prassi la possibilità di creare una presa in carico (come in alcuni paesi del Nord Italia) che prevede un servizio di pronto intervento gestito da operatori (educatori) che si occupano al momento dell’ingresso di un MNSA in polizia della sua presa in carico. Attraverso una lista di comunità, ne verificano la disponibilità e la compatibilità e lo accompagnano fisicamente.

Il comune di Grottammare ha aperto due convenzioni per un posto “vuoto per pieno” sia per il comune di Casarella di Grottammare che per il comune di Macerata.

Rispetto alla ricettività del MNSA da parte delle comunità una specificità che si denota (rispetto agli anni 2000), periodo in cui le comunità accoglievano immediatamente i minori, è l’analisi preventiva della compatibilità del minore in ingresso rispetto al gruppo esistente di ragazzi accolti (in base a criteri di nazionalità o numero). Tali criteri hanno permesso di aumentare la qualità del lavoro con i MNSA ma hanno creato complicazioni nella fase di ingresso del minore.

IL progetto di affido omoculturale “MINORI IN FAMIGLIA”

L’affido omoculturale è un progetto divenuto operativo nel 2014.

È nato grazie alla proposta e all’impegno dell’associazione Villaggio Planetario di Monteprandone in partenariato con la Casa di Mattoni e la comunità “Lella” di Grottammare. Il Villaggio Planetario è un’associazione nata nel 2007 con l’intento di sostenere il processo di integrazione in Italia delle persone appartenenti ad altre culture e di intervenire nei Paesi in difficoltà allo scopo di mostrare valide alternative all’emigrazione, vista oggi da molti popoli come unica possibilità di sopravvivenza. L’idea del progetto “Minori in Famiglia” è nata per andare incontro alle necessità di protezione dei MNSA e alle difficoltà economiche organizzative dei Comuni sempre più crescenti.

La proposta consiste nel proporre ai MNSA una soluzione alternativa alla struttura residenziale, tentando l’inserimento in contesti familiari (attraverso lo strumento dell’Affido consensuale) supportato da percorsi educativi e di integrazione forniti dalla Comunità “Lella” e da programmi di sgancio che li aiutino ad acquisire una graduale autonomia entro la maggiore età.

Gli affidi che sono stati proposti dal 2014 sono stati 5 ed hanno visto il successo di 4. Attualmente il protocollo operativo del progetto di affido omoculturale prevede che il ragazzo fin dal primo colloquio con l’assistente sociale venga informato di tale possibilità al fine di produrre un’ iniziale conoscenza dell’istituto dell’affido. Le resistenze a tale possibilità (con l’esperienza del primo affido che è stato fallimentare poiché proposto molto avanti nella presa in carico) sono tante e spesso dovute a legami di lealtà con la famiglia di origine. Il tempo necessario per la realizzazione del progetto di Affido Consensuale è di circa 6 mesi. I servizi sociali propongono tale progettualità a minori che all’ingresso abbiano al massimo 16 anni.

Le fasi che caratterizzano la preparazione all’Affido Omogenitoriale sono:

1 – All’arrivo il MNSA viene affidato alle forze dell’Ordine e al servizio sociale del Comune in cui è avvenuto il ritrovamento. Il comune provvede ai sensi dell’art. 403 c.c., a parlare con il minore, a spiegargli che verrà collocato al sicuro in Pronta Accoglienza presso la Comunità Educativa .

2 – Entro 10 giorni dalla Pronta Accoglienza, su dettato della Procura è previsto un colloquio tra minore, assistente scoiale, responsabile della comunità, traduttore e psicologo di età evolutiva.

Durante tale colloquio al minore vengono spiegati il ruolo dei servizio sociali, della comunità educativa e viene introdotta la prospettiva dell’Affido Omoculturale.

3 – Nel periodo in cui risiede in Comunità Educativa, la comunità provvede a segnalare al Giudice Tutelare il minore e procede alla nomina del tutore e all’espletamento delle pratiche per la richiesta dell’Asilo Politico o del Permesso di Soggiorno, ai sensi dell’art. 19 c.2TU Immigrazione.

4 – Dopo il periodo di Pronta Accoglienza in comunità (2 mesi) e i percorsi di avviamento al sostengo scolastico e lavorativo, attraverso il supporto della Comunità Educativa (4 mesi circa), il minore può essere inserito presso famiglie individuate e selezionate dai servizi sociali (nel territorio di Ascoli Piceno e Fermo) preferibilmente presso una famiglia di connazionali oppure presso una famiglia italiana. L’assistente sociale specifica che al momento non hanno nessuna famiglia italiana volontaria per tale percorso.

Nello specifico, il percorso in comunità educativa prevede che oltre alle attività di accoglienza il minore possa iniziare lo studio della lingua e della cultura italiana, possa avere un supporto psicologico, cure mediche ed eventuale assistenza legale ai fini dell’ottenimento di uno status giuridico. Tali attività, anche dopo l’eventuale Affido Consensuale rimarranno delegate e in carico alla Comunità Educativa. Oltre a tali attività la comunità educativa svolgerà durante il soggiorno del ragazzo e nelle fasi successive, tutte le attività riguardanti le pratiche relative alla ricerca del lavoro, al percorso scolastico, al rilascio e rinnovi del permesso di soggiorno e dei documenti personali nonché l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale

5 – Quando l’assistente sociale individua una famiglia idonea e disponibile (sia essa composta come famiglia o da singoli) organizza una settimana di formazione propedeutica alla conoscenza del ragazzo che sarà ospitato, alla sua storia, alla cultura di origine e inoltre tenderà a rendere i soggetti competenti rispetto al ruolo assunto e alle proprie responsabilità. La formazione prevede l’intervento di più figure professionali: un mediatore culturale, un legale, il responsabile della Comunità Educativa e l’assistente sociale. Se tale formazione si conclude positivamente, i servizi Sociali procedono all’Affido Familiare Consensuale e tale istituto verrà monitorato costantemente attraverso incontri mensili con la famiglia e il ragazzo, insieme alla Comunità Educativa per le attività sopra elencate. Per supportare al meglio l’Affidamento i Servizi Sociali organizzano, nel primo mese, incontri settimanali con il minore per monitorare il passaggio tra la Comunità Educativa e la famiglia.

6 – La Comunità Educativa insieme ai Servizi Sociali dovrà individuare sulla base della conoscenza del ragazzo e delle sue predisposizioni gli ambiti su cui sviluppare eventuali interventi formativi finalizzati al’integrazione sociale (attività sportive o artistico-culturali), inserimento socio- lavorativo (corsi di formazione professionale, tirocinio, borse lavoro o apprendistato), nonché qualora se ne ponga la necessità dopo il raggiungimento del 18° anno, le condizioni per lo sgancio abitativo.

Dal 2014 ad oggi l’assistente sociale dichiara di avere attivato 5 percorsi di affido consensuale a Grottammare. Il primo è fallito immediatamente nella fase di proposta al ragazzo; mentre 3 affidi sono stati svolti grazie alla collaborazione di 3 famiglie senegalesi (uno dei padri affidatari è un ex ragazzo MNSA accolto a suo tempo alla Comunità Educativa “Lella”) e due ragazzi invece sono stati collocati presso due famiglie albanesi.

Due delle famiglie affidatarie (senegalesi) sono state individuate tramite l’Associazione Villaggio Planetario mentre le altre due sono state indicate dalla comunità “Lella”.

Incontro con Assistente all’inclusività Sociale di Grottammare

Clarita Baldoni è assessore all’inclusività sociale presso i Servizi Sociali del Comune di Grottammare. È alla prima esperienza di assessorato e si approccia da un paio di anni a queste tematiche.

L’inclusione è una risorsa possibile e importante del territorio e l’Assessore cerca di sostenerla anche grazie ai rapporti instaurati con la Comunità “Lella” e attraverso progetti di affido omoculturale fondamentali per poter aiutare i MNSA a sentirsi inclusi nel territorio anche dopo i 18 anni di età.

 La rete che si è costruita e che ruota attorno al progetto di Affido Omogenitoriale permette al Comune un contenimento delle spese economiche dell’accoglienza ma, soprattutto è un passo importante per dare un seguito reale ed inclusivo dell’accoglienza dei MNSA dopo la maggiore età e per contrastare la scarsità dell’offerta di alloggi in affitto che può causare situazioni di degrado e di esclusione per questi ragazzi nel territorio.

Il lavoro principale è stato di costruire una rete efficace che crea opportunità reali per il ragazzo. Grottammare è un comune piccolo e questo è stato un vantaggio importante che ha spesso consentito al ragazzo accolto di poter rimanere nel nostro territorio, sentendosi accolto e integrato.

Incontro con equipe educativa della Comunità Casa “Lella”

La cooperativa Sociale “Lella 2001” ha realizzato nel 2002, prima sul territorio di San Benedetto del Tronto e poi, nella nuova struttura di Grottammare la Comunità Educativa “Lella”.

Adamo Giacinti è educatore fin dalla prima sede di apertura della Comunità ed è l’attuale Presidente della Cooperativa. Ha iniziato il lavoro in comunità insieme ad altri tre educatori o volontari: Deborah Siliquini, attuale coordinatrice, Roberto De Felice e Anna Maria Sgattoni attualmente volontari turnisti.

Tale gruppo forma una piccola equipe stabile ormai da 15 anni. Dal 2006 circa sono stati assunti altri 4 operatori tra cui la psicoterapeuta (Ilaria Capponi), un mediatore culturale (Nicola Romeo), Marco Marconi (educatore e assistente sociale), Rita Insalata (educatrice psicologa), Marco di Luscio (educatore).

Attualmente, l’equipe educativa è quindi multidisciplinare e composta da psicologi, sociologi, psicoterapeuti, educatori e mediatori culturali. Oltre agli operatori è stata assunta una cuoca che si occupa della spesa, della dispensa e di cucinare tutti i pasti nella comunità (colazione, pranzo, merenda e cena) per i ragazzi accolti.

L’evoluzione della tipologia di minori accolti e le strategie educative

La tipologia di minori accolti dalla comunità inizialmente (2002) è stata rivolta a minori italiani con disagio familiare e/o sociale e a ragazzi stranieri di seconda generazione (ossia nati presso il territorio italiano da famiglie immigrate).

Dal 2004 sono stati accolti ragazzi provenienti dal circuito penale con esigenza di messa alla prova. Nel tempo sono diminuite le richieste di ingresso per minori in situazioni di disagio familiare e questo ha comportato che per alcuni periodi (2008 circa) la comunità è stata predisposta alla quasi totale accoglienza di minori provenienti da situazione di devianza.

A livello operativo tale cambiamento ha comportato la messa in campo di alcune strategie operative:

–   intensificazioni delle copresenze,

–   rivisitazione del modello di accoglienza;

–   progetti di mediazione culturale individualizzati per minori stranieri di seconda generazione provenienti dal circuito penale. Tali progetti ad esempio, hanno previsto l’approfondimento di letterature del Paese di Origine dei ragazzi. Sono sati realizzati ospitando in comunità autori di testi Peruviani, Colombiani e contemporaneamente approfondendo con i ragazzi anche la cultura del Paese ospitante. Tali progetti hanno permesso al ragazzo di avvicinarsi al proprio paese di origine e a volte, per la prima volta di iniziare a leggere un libro sulla loro cultura e all’educatore di iniziare a formarsi rispetto a ragazzi provenienti da altre culture.

In tale periodo gli operatori hanno introdotto la “serata cineforum” con schede valutative di quanto visionato. Questo ha permesso l’ingresso di nuove tecniche e strumenti che li ha portati a riflettere in modo trasversale sulla presa in carico del minore straniero.

Dal 2014 la comunità si è rivolta quasi esclusivamente all’accoglienza del minore straniero non accompagnato e per farlo ha incrementato (come descritto dalla coordinatrice) alcune strategie di comunicazione con il ragazzo accolto, ha approfondito bibliografie e filmografie specifiche e ha affiancato allo staff educativo altri professionisti per la presa in carico del MNSA (traduttori, mediatori, volontari per il supporto della lingua italiana).

Inoltre, lo staff educativo ha rivisto la progettazione della giornata del MNSA per fare in modo che potesse arrivare alla maggiore età con le maggiori autonomie possibili rispetto alla lingua, al percorso scolastico, al fine di accedere al mondo del lavoro.

Nel gennaio 2017, attraverso la vincita di un progetto con Ikea Italia, la Comunità ha riorganizzato gli spazi interni della struttura e tale azione ha permesso ai ragazzi di divenire parte attiva per lo sgombero della casa. Ikea non ha permesso di scegliere i mobili ma ha richiesto che l’ambiente Comunità fosse imbiancato prima del posizionamento del nuovo arredo. Tale rinnovamento ha comportato che i ragazzi soggiornassero in hotel a Grottammare per tre giorni e al rientro ha creato una forte emozione per tutti nel trovare una “nuova comunità”. Sia nei ragazzi che negli educatori tale riforma dello spazio ha provocato una maggiore cura e rispetto degli ambienti della Comunità ed una netta diminuzione di agiti aggressivi verso il mobilio. Tale esperienza ha posto le basi per una riflessione attenta da parte degli educatori sullo spazio fisico, ai suoi aspetti e ai suoi effetti sulle persone che vi abitano.

Un progetto importante che gli operatori sostengono e considerano un’occasione importante per il MNSA è il progetto di Affido Consensuale che è stato attivato con i Servizi Sociali del territorio. Tale possibilità è vista come un’ importante risorsa per il minore che accompagnato gradualmente può trovare un luogo (Famiglia Affidataria) che può affiancarlo insieme alla comunità nel suo percorso anche dopo i 18 anni di età. Il progetto più riuscito in tale ambito è stato quello di un ex ospite della Comunità “Lella”: un ragazzo senegalese (attualmente divenuto padre di tre figli) che è divenuto affidatario nel progetto di Affido Omoculturale dal 2015.

Nel tempo molti ragazzi ospiti sono stati assunti dalla cooperativa “Lella 2001” dove, oltre a fare i mediatori culturali, è capitato siano stati assunti come educatori in appartamento residenziale per neo-maggiorenni. Il progetto più riuscito ha riguardato un ragazzo senegalese che era stato assunto alla reception di un hotel e quando la cooperativa ha iniziato ad occuparsi anche di rifugiati politici, questo ragazzo è stato impiegato come mediatore culturale all’interno di un appartamento per richiedenti asilo .

Un assunto importante nella Comunità Educativa è il rispetto e la possibilità per ogni ragazzo di professare all’interno della comunità e nei luoghi deputati la propria religione e il proprio culto. L’obiettivo dell’équipe è cercare di fare instaurare un dialogo religioso aperto e un confronto (soprattutto attraverso i dibattiti dei sabati di gruppo) discutendo di fedi religiose differenti (Cattolicesimo,Islam), visioni differenti sulla stessa fede per la maggiore integrazione possibile dei ragazzi tra loro e nel territorio. La maggior parte dei ragazzi svolge volontariato presso la CARITAS sotto tutoraggio di un sacerdote e lavora a stretto contatto con le suore, vive in una Comunità di ispirazione cattolica (con immagini sacre e santuario) e questi confronti permettono al ragazzo di crescere, maturare, domandando all’educatore o ai coetanei e creare momenti di confronto. L’intervento dell’educatore in tale area si propone di porre le basi per un’educazione interculturale che permetta il dialogo tra i diversi gruppi dei ragazzi accolti.

Nella comunità l’incontro di fedi non è esclusivamente tra fedi differenti come cattolica e mussulmana. Ma è spesso inerente a visioni differenti della stessa religione. L’idea dell’Islam per i ragazzi africani è spesso forte e rigidamente ancorata a costrutti, stili di vita e comportamenti da perseguire nella quotidianità. La fede islamica da parte di ragazzi albanesi è frequentemente più leggera. Le discussioni del sabato spesso vertono sul confronto dell’idea di Islam per i ragazzi senegalesi e per i ragazzi albanesi e riescono a convivere nel rispetto dell’altro e nel confronto di un dialogo aperto.

Un tema cruciale nel lavoro con i MNSA che necessita di un importante lavoro da parte dell’equipe educativa è l’attivazione del percorso di autonomizzazione del ragazzo MNSA. Tale processo dura in media 2 anni e inizia con il percorso di autonomia della lingua. Prevede tre momenti di studio differenti come descritto precedentemente.

La seconda tappa di autonomia prevede la conoscenza graduale del territorio e della conoscenza dei suoi uffici per rendere i ragazzi autonomi nella produzione dei documenti, nella conoscenza degli uffici del territorio e dei maggiori referenti della loro presa in carico.

La terza fase concerne il percorso lavorativo che viene attivato tramite tirocini retribuiti dall’azienda ospitante (convenzionati con il centro per l’impiego) e che vengono pensati sia in base alla attitudine e alla compatibilità del ragazzo ma anche in base al timing ossia a quando lo staff educativo percepisce il ragazzo realmente pronto per entrare nel mondo del lavoro. Alcuni educatori della comunità si occupano in modo specifico di tessere i rapporti con aziende del territorio per creare opportunità di tirocini a MNSA.

Per creare opportunità ai MNSA dopo i 18 anni, dall’apertura della comunità (2002) gli educatori e la cooperativa si sono preoccupati di pensare ad un luogo che potesse ospitare i ragazzi neo-maggiorenni al fine di poter iniziare un percorso graduale di reale autonomia (Progetto “CASA DI SGANCIO”).

La cooperativa Sociale ha messo a disposizione dei ragazzi che hanno raggiunto gli obbiettivi del Progetto Educativo Personalizzato alcuni appartamenti che sono stati donati da benefattori in comodato gratuito. Essi vengono gestiti attraverso la collaborazione di alcune associazioni di volontariato. I ragazzi lavoratori alloggiati in tali appartamenti pagano un piccolo contributo per le spese (al fine di fare comprendere la gestione della casa e delle spese in modo graduale e renderli autonomi). Gli appartamenti di sgancio inizialmente erano 3 situati in Grottammare, San Benedetto del Tronto e Martinsicuro in provincia di Teramo. Attualmente, la cooperativa dispone di un solo appartamento singolo (non in condominio) ubicato a Martinsicuro e i ragazzi che vi accedono sono seguiti volontariamente dagli educatori della comunità o da qualche volontario di associazioni (che si occupano di portare viveri).

Il percorso di autonomia in appartamento di scambio inizialmente prevedeva una durata di 6 mesi. Ora invece ha una durata di 3 mesi. In questi 3 mesi il ragazzo deve riuscire ad acquisire autonomia lavorativa e organizzarsi con connazionali o rete parentale per una definitiva sistemazione.

La fase di sgancio è fondamentale per prendere consapevolezza dei ritmi effettivi della quotidianità, dei ritmi lavorativi e delle spese di un appartamento. Le visite degli educatori negli appartamenti di sgancio non sono strutturate e programmate ma sono in base alle necessità del gruppo ospitato. Il compito dell’educatore in tali fase è di monitorare l’appartamento e la sua pulizia attraverso visite più o meno frequenti. Nel passato vi sono stati periodi in cui è occorso un educatore che giornalmente si recasse all’appartamento mentre attualmente il gruppo permette visite più diradate.

Il ruolo dell’educatore resta costante per svolgere una “funzione memoria” con il ragazzo, ricordargli le visite mediche, le scadenze dei documenti e monitorare il percorso di sgancio nei tre mesi previsti. I ragazzi spesso richiedono all’educatore anche una “funzione deposito” chiedendo di potergli mettere da parte i risparmi. Questo permette di instaurare una relazione di fiducia sempre maggiore. I ragazzi dell’appartamento di sgancio vengono a trovare gli operatori quasi quotidianamente e spesso diventano punti di riferimento per i ragazzi accolti.

La richiesta di accedere alla casa di Sgancio avviene su proposta da parte del ragazzo ospite all’équipe educativa (che si riunisce una volta alla settimana). La decisione al ragazzo non sempre viene detta immediatamente per aiutarlo a capire che la sua richiesta ha a che fare con un passaggio importante e non scontato. Il percorso di sgancio e di separazione dalla comunità inizia qualche mese prima del compimento del 18° anno e ciò produce l’eventuale richiesta del ragazzo di poter accedere all’appartamento di sgancio per tre mesi. Se il ragazzo dopo i tre mesi è ancora in tirocinio lavorativo può fare richiesta di rinnovo e aprire alla possibilità di sostare altri mesi in appartamento. Nella fase iniziale di apertura dell’Appartamentino di Sgancio uno dei ragazzi, ad esempio, è rimasto nella casa per 2 anni con funzione di educatore e di monitoraggio del percorso ma, attualmente, la media di soggiorno nell’appartamento di sgancio è di 4/5 mesi.

Riferimenti utilizzati

Brochure comunità casa “Lella” – Servizi offerti – 24 giugno 2002

Proposta progettuale e progetto “MINORI IN FAMIGLIA dell’Associazione Villaggio Planetario.

Webgrafia

https://it.wikipedia.org/wiki/Grottammare


 Brochure Comunità educativa per minori “Lella” – 24 giugno 2002

 Brochure comunità casa “Lella” – Servizi offerti – 24 giugno 2002

“Proposta progettuale “MINOIRI IN FAMIGLIA” dell’Associazione Villaggio Planetario

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