Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), lo scorso 30 luglio 2021, ha emesso all’unanimità un importante parere su adolescenti e vaccinazione Covid 19. Nel parere viene fatta l’ipotesi che la volontà del figlio minorenne sia in contrasto quella dei genitori, suoi legali rappresentanti. Dal punto di vista giuridico la questione non è nuova. Essa non è espressamente regolata dalla legge e la giurisprudenza ha dovuto affrontarla anche al di fuori della vaccinazione, come nel caso di terapie oncologiche o di trapianto di organi. Si trattava però di casi drammatici ma isolati. Non è così per la vaccinazione Covid 19, che è fenomeno di massa e che coinvolge responsabilità di alcuni milioni di soggetti minorenni verso se stessi e verso gli altri. L’iniziativa del CNB è perciò lodevole. Il parere si conclude nel senso che la volontà del minore debba prevalere, in quanto coincide con il migliore interesse della sua salute psico-fisica e della salute pubblica. E’ necessaria però un’accurata informazione per i genitori, ed una più accurata e specifica per il figlio, “data da personale medico con specifiche competenze pediatriche e … in un contesto ambientale idoneo all’accoglienza degli stessi adolescenti. La prevalenza della volontà del soggetto minorenne su quella del genitore suo legale rappresentante è conforme ai principi della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del fanciullo e della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio di tali diritti. Stupisce però che a quei testi il parere del CNB non faccia espresso riferimento, e lo stesso rilievo sembra di poter fare circa il diritto del minore all’ascolto, che il CNB considera troppo genericamente “un principio consolidato in molteplici sedi”. Ciò non toglie che l’iniziativa del CNB sia tempestiva e apprezzabile. Restano aperti due problemi. Il primo concerne l’età a partire dalla quale è applicabile il principio della prevalenza della volontà del minore. Nel parere si fa riferimento ai cosiddetti “grandi minori”, termine usato nella prassi per indicare la fascia d’età 14-17 anni. Ma tale limitazione appare arbitraria, poiché in tema di ascolto del minore i criteri fissati dalla legge sono l’età di dodici anni e la capacità di discernimento. Dunque, non un criterio rigido ma un limite da trovare caso per caso avuto riguardo a tutte le circostanze. L’altro problema è quello dell’autorità competente a decidere. Si è affermato che sarebbe il tribunale per i minorenni, cui spetterebbe la nomina di un curatore speciale. E’ una tesi pericolosa, considerata la centralizzazione dell’organo nel capoluogo di distretto, e quindi spesso nel capoluogo regionale. Sembra preferibile un’interpretazione estensiva del comma 5° della legge 219/2017 sul consenso informato, che in caso di contrasto tra medico e legale rappresentante del minore attribuisce la competenza al giudice tutelare, organo assai più agile e decentrato. Su ricorso del genitore o dello stesso minore, il giudice tutelare dovrebbe dare atto della volontà del minore e riconoscerne la capacità di discernimento. D’altra parte il giudice tutelare è già competente per l’interruzione di gravidanza della minorenne, per cui l’interpretazione qui proposta sarebbe in armonia col sistema esistente.
Luigi Fadiga, giurista, collaboratore del Master, già Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna e Roma