GUSCI E USCI

Sentirsi a casa dove “casa” sta per  luogo che accoglie, ripara, protegge, che custodisce origini e memoria e che , senza costringere o avviluppare, consente di  entrare e di uscire, di muoversi senza che lontananza o distanza coincidano con abbandono, perchè luogo che garantisce sempre il  ritorno, il ritiro, la ripresa.
La casa cosi intesa, come il guscio della lumaca le cui linee di accrescimento disegnano lo scorrere di una vita, consente di portare con sè un carico di esperienze che , come spirali e volute, raccontano le mille possibilità di un’esistenza.
Accogliere è, in fondo, portare su di sé e con sé.
E’ questo lo spirito d’ accoglienza  che anima la Scuola estiva di comunità “A come Comunità, C come Accoglienza”che si terrà a Pennabilli dal 31 Agosto al 3 settembre 2015, e che ha scelto come immagine per rappresentarsi ed identificarsi proprio la Lumaca, alla quale rimanderemo spesso simbolicamente nel corso di questo breve articolo per  meglio definire caratteristiche, valori e pensieri che da sempre ispirano il  nostro impegno e il nostro lavoro all’interno delle comunità per minori.

Scuola comunità lumaca 2 v.d

(Clicca sulla locandina per ingrandirla)

La scuola, che conta la partecipazione di 35 professionisti (educatori, assistenti sociali, avvocati, psicologi) provenienti da tutta Italia (dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, attraversando la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Molise, la Puglia, la Campania, la Basilicata), è nata da un’idea della Prof.ssa Paola Bastianoni, docente di Psicologia clinica e dinamica presso l’Università di Ferrara e da  6 anni direttrice, presso lo stesso Ateneo, del Master a distanza “Tutela, diritti e protezione dei minori”, ed affronterà il senso emozionale dell’incontro con bambini e ragazzi che vivono in comunità: la loro accoglienza.
Per questi ragazzi il guscio non sempre è una casa cosi come presente nell’ immaginario collettivo e connotata da spirito diffuso di amore e benevolenza : a volte è un carico troppo pesante da portare; a volte è chiusura rispetto ad un mondo percepito come violento;spesso è clausura e vortice.
Le  linee della loro vita, piuttosto che disegni  di sviluppo, somigliano ad  un labirinto imbrigliato che il passare del tempo rende sempre più difficile attraversare:  linee che si trasformano in
“stanze”sempre uguali fino ad essere irriconoscibili e dove  il ritrovarsi è riconducibile e riducibile spesso a riconoscersi in una sola emozione pervasiva- la rabbia- i cui segni sono solchi profondi
incisi nell’anima, e non tracce leggere del racconto di  una crescita.
Come fare allora di una corazza ispessita  un guscio protettivo, e nel guscio  ritrovare l’uscio, un’uscita, una nuova apertura sul mondo?
La chiocciola abita la stessa conchiglia tutta la vita, e tuttavia è ricerca itinerante in un domicilio itinerante. E’ allegoria di un modo di stare al mondo: ritrarsi e contrarsi, ma anche essere in grado di
scivolare sul ventre, con una spinta primigenia legata alla nascita (e alla ri-nascita) che favorisce il movimento e consente di  superare le irregolarità e le difficoltà che si incontrano lungo il cammino della vita. Per nessuno, tantomeno per i  ragazzi che vivono in comunità, esiste un percorso stabilito a priori: è sempre  presente la possibilità  di cambiare strada, di aprirsi ad un’ alternativa. Senza
ignorare nè trascurare la fatica di crescere e pur ammettendo regressioni  e momentanei arresti durante il viaggio, la paralisi totale non è contemplata.
Infine,guardandosi dietro, è possibile distinguere le tracce del proprio passaggio, della propria esistenza.
Riconoscere e riconoscersi  tali possibilità esistenziali  è indispensabile per avviare nuovi processi di crescita e progetti di vita;  sintonizzarsi  su tali vissuti è essenziale per chi fa dell’accoglienza e della relazione con l‘altro anche una professione.

Allo stesso modo è essenziale riconoscere che  sono le dinamiche e le competenze relazionali ed affettive a determinare la qualità degli esiti evolutivi di bambini e ragazzi, e non le strutture familiari: la lumaca, ventre bivalvo- al contempo maschio e femmina- soddisfatto
come “madre”  e come “padre”,  insegna che  l’accoglienza è al di là del genere, che la cura   non è  solo femmina e che la capacità di dare albergo, contenere, creare un ambiente adatto alla vita
dell’altro è connaturata agli esseri viventi, indipendentemente dall’appartenenza al genere, purchè sensibili, attenti e responsivi ed in grado, quindi,  di garantire e tutelare i diritti evolutivi e
relazionali fondamentali dei più piccoli.
La nostra scuola  si caratterizza, pertanto, per l’ attenzione ai processi dell’accoglienza, alla capacità di essere autentici nella relazione con l’altro, riconoscendo a se stesso e all’altro la doppia
natura di essere contenuto  e contenitore, matrice e derivato e di non poter prescindere, quindi, dalle proprie origini e modelli: solo attraverso una riflessione attenta all’interno di un gruppo
supervisionato da esperti, il professionista delle relazioni di aiuto sarà in grado di riconoscere e governare i propri modelli interiorizzati di cura e di relazioni interpersonali, con l’obiettivo
di essere realmente in grado di accogliere, di garantire all’altro il diritto di essere accolto, di essere  accettato e di collocarsi in un tempo e in uno spazio propri e che gli appartengono.
Lo spazio che accoglie  è prima di tutto uno spazio mentale, che si traduce e si concretizza in uno spazio reale di appartenenza.
Abiteremo, quindi, con l’obiettivo di “appartenere” al contesto che ci ospita, i luoghi messi a disposizione dal sindaco Lorenzo Valenti e da chi ha creduto in questo progetto: l’Ostello di Montefeltro, in cui, in pieno stile comunitario, il pranzo e la cena  saranno momenti
di ritrovo e di compartecipazione, e l’Orto dei frutti dimenticati, dove incontro, tempo e  memoria diventano  luoghi  della cura e della condivisione, valori cardini e fondamenta dei processi di accoglienza. Al Teatro Vittoria abiteremo “l’altro”, non “occupandolo” ma
“occupandocene” e “pre-occupandocene”, grazie all’esperienza intima ed emotivamente coinvolgente del laboratorio teatrale “Nei panni degli altri” condotto dal   regista e pedagogo teatrale Michalis Traitsis , e con il seminario interattivo “Sulla mia pelle”-Laboratorio di
accoglienze lente tra incontri e scontri narrativi”, del narratore e formatore Emanuele Ortu.
Abiteremo, infine, il tempo delle relazioni: un  tempo calmo, che si nutre di lentezza, che registra lo scorrere degli eventi ma non è mai sorpassato.
Un tempo sincronico che è insieme  tempo-bambino e tempo-adulto, in cui infanzia, maturità  e vecchiaia si combinano armonicamente in un’unità orizzontale: un’unica linea che, accompagnandoci, come quella delle ombre segnate dalle Meridiane di Pennabilli, ci dà
ininterrottamente  “l’impressione che qualcuno  viva con te” (Tonino Guerra) .
Essere con l’altro, dunque.
E’ in questo tempo e in questo spazio che  la nostra Lumaca porterà su di sé non  solo una casa, ma una comunità di persone, di bambini e ragazzi, reali e/o immaginari, lungo un viaggio simbolico, che sarà linea curva e linea dritta, perdita e conquista ,avvolgimento su di sé e slancio.

Loredana Catalano

Tutor  del Master “Tutela, diritti e protezione dei minori”

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