“Tempi biblici per la ratifica dei trattati. I diritti dei minori contesi e la storia infinita della partecipazione italiana a quattro convenzioni internazionali”: così Vito Librando intitolava polemicamente un suo saggio del 1993, dedicato a quattro convenzioni sull’argomento che, pur sottoscritte dall’Italia, giacevano da anni inattuate per mancanza della legge di ratifica e delle disposizioni che ne rendessero possibile il funzionamento.
Si trattava della Convenzione de L’Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori; della Convenzione de L’Aja del 28 maggio 1970 sul rimpatrio dei minori; della Convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento; della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.
Tralasciando le prime perché superate o territorialmente limitate, è opportuno concentrare l’attenzione sull’ultima, finalmente ratificata con la legge 15 gennaio 1994 n. 64, mirante a contrastare il c.d. legal kidnapping, cioè il fatto del genitore non affidatario che porta con sé il figlio oltre frontiera o lo trattiene nel proprio paese al termine di un periodo di soggiorno previsto dal regime di affidamento. Il fenomeno, divenuto frequente con l’aumento delle coppie di diversa nazionalità, richiedeva una regolamentazione che fosse accettata dal maggior numero di Stati possibile. Benché siano passati più di quarant’anni dall’entrata in vigore di quel documento, esso è ancora vigente ed ha larga applicazione.
La Convenzione ha come scopo quello di assicurare l’immediato rientro nella residenza abituale del o dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente; e quello di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti.
A tal fine ogni Stato nomina una Autorità Centrale, che se richiesta dovrà con urgenza localizzare il minore e prendere o far prendere dalle competenti autorità locali ogni opportuno provvedimento per assicurarne la volontaria consegna al genitore o al titolare del diritto di affidamento. Quest’ultimo può anche essere un servizio o un istituto assistenziale. La richiesta può essere respinta solamente in due casi: se c’è il fondato rischio che in caso di ritorno il minore si trovi in una situazione intollerabile; se c’è l’opposizione del minore quando egli abbia un’età e una maturità tali che rendano opportuno tenere conto del suo parere.
In base alla legge di ratifica del 15 gennaio 1994 n. 64, Autorità Centrale per l’Italia è l’Ufficio (ora Dipartimento) per la Giustizia minorile del Ministero della Giustizia. L’organo competente a prendere decisioni sulla richiesta di immediato ritorno è il Tribunale per i minorenni, ora Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie.
Nell’Unione Europea, il Regolamento n. 2001/2003 (c.d. Regolamento Bruxelles II bis) sul trasferimento illecito di minori ha reso obbligatoria per tutti i Paesi dell’Unione l’applicazione della Convenzione de L’Aja del 1980, allo scopo di sviluppare lo spazio europeo di giustizia e di cooperazione giudiziaria. A partire dal 1° agosto 2022 esso verrà sostituito da un nuovissimo e più completo Regolamento (2019/1111), relativo anche alle decisioni in materia matrimoniale e responsabilità genitoriale.
Il grande ritardo denunciato da Librando nella sua opera fu probabilmente causato dall’atteggiamento fortemente critico del MAE sul criterio della immediata restituzione del minore. Pareva infatti a quel dicastero che in tal modo si riproducesse il principio romanistico “spoliatus ante omnia restituendus” in materia di possesso, quasi equiparando il minore a un oggetto.
In realtà, questa critica era dovuta a una errata prospettiva. Nella sottrazione, più ancora del genitore o dell’affidatario è il minore che viene “spogliato” bruscamente del suo mondo e delle sue relazioni affettive ed amicali. Ed è il suo interesse che deve prevalere, non tanto la titolarità della patria potestas. L’approccio operato dalla Convenzione è dunque corretto, come è confermato dai Regolamenti dell’U.E. citati poco sopra.
Il primo caso di sottrazione internazionale presentatosi ai giudici italiani fu quello relativo al figlio di una coppia genitoriale molto nota alle cronache: l’artista statunitense Jeff Koons e la pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina. Il bambino, dall’età di sei anni, fu oggetto di una feroce contesa fra i genitori. Il padre nel 1993 lo portò illecitamente negli Stati Uniti; la madre andò a riprenderselo e lo riportò in Italia nella sua residenza romana. Il padre presentò ricorso al Tribunale per i minorenni di Roma, chiedendo l’immediato ritorno del bambino in applicazione della convenzione de L’Aja. Il Tribunale però respinse il ricorso (decreto 6 luglio 1996) in quanto l’asserita sottrazione era avvenuta quando la Convenzione, benché ratificata dalla legge 15 gennaio 1994 n.64, era entrata in vigore per l’Italia soltanto il 1°maggio 1995. Il decreto fu confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 22 novembre 1997.
Il caso più recente di cui le cronache si sono occupate riguarda il piccolo Eitan, unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone dove morirono entrambi i suoi genitori, e affidato dal giudice tutelare alla zia paterna, abitante vicino a Pavia, nel paese di residenza abituale del bambino. Sottratto a questa dal nonno materno cittadino israeliano e da lui condotto in Israele, in primo grado ed in appello quei giudici hanno deciso l’immediato ritorno in applicazione della Convenzione de L’Aja, di cui lo Stato di Israele come l’Italia è parte. Sono in corso attualmente tentativi di conciliazione.
Luigi Fadiga, già Giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna e quindi Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma.