Lo sport può essere importantissimo per ogni persona, ad ogni età e ha innegabili vantaggi per chi lo pratica. Ancora di più lo è in infanzia e in adolescenza. Può essere considerato come un luogo sano deputato al movimento del corpo e ai suoi benefici fisici ma può essere anche uno spazio sicuro che può divenire una sorta di seconda famiglia; un luogo protetto dove fare nuove amicizie sia con i pari che con gli adulti, può permettere al ragazzo/a di conoscere meglio sé stesso/a fisicamente e mentalmente, può  consentirgli di confrontarsi con la competizione di una gara o con la collaborazione nel gioco di squadra; in un’epoca fortemente narcisistica può insegnare a vincere ma anche a perdere,  può diventare fonte di autostima oltreché  decantare e sublimare momenti di stress.

Lo sport può poi fluire in un’ottima routine della propria vita che non si abbandonerà più e accompagnerà la persona con i suoi benefici per tutta la sua esistenza, trasformandosi certo, ma accompagnando e proteggendo coloro che lo praticano.  

Ogni genitore che iscrive suo figlio/a a fare sport lo fa spinto da queste motivazioni.

Il 17 dicembre 2021 è una data che va ricordata poiché rende più sano, più sicuro e protetto il mondo dello sport per tutti/e.

Da tale momento tutti i condannati per violenze e molestie su persone e animali sono fuori dal mondo dello sport. Non solo, come precedentemente era previsto, dalla singola federazione a cui appartenevano ma da tutto lo sport italiano e in ogni federazione.

Leggo tale notizia e la mente vola a Simone Biles, Mckayla Maroney, Maggie Nichols e Aly Raisman.

Ho visto poco tempo fa il loro documentario-denuncia: Athlete A. diretto da Bonni Cohen e Jon Shenk; queste 4 giovani donne sono le ginnaste e campionesse olimpiche americane che hanno avuto il grande coraggio in America di denunciare il medico della loro nazionale Larry Nassar nel 2015. Nonostante tali denunce, per anni il medico continuò ad avere rapporti con le atlete, con la federazione e con tutti gli allenatori della società sportiva.

A volte si parla di omertà nel denunciare nel mondo dello sport (e non solo…). In questo caso geograficamente lontano da noi le denunce c’erano state e infatti oggi sotto inchiesta vi è l’operato di coloro che sapevano e non hanno fatto nulla ed inoltre è stato aperto un processo anche nei confronti dell’FBI che era stata coinvolta da alcuni genitori.

Credo che parlare di questi casi, avere tale ardimento come nel caso di queste campionesse porti a conseguenze che oltrepassano confini e oceani.  Comporta echi potentissimi e risuoni inaspettati e preziosi; come quello di cambiare questi protocolli della giunta del Coni in Italia in modo chiaro, doveroso e di buon senso.

Oltre a questa delibera penso sia importante anche formare le persone, gli operatori dello sport e non solo, i ragazzi/e, le famiglie in modo che si possa arrivare a una cultura consapevole di tali situazioni che purtroppo vanno conosciute poiché esistono.

Denunciare è importante e fondamentale ma non basta; occorre creare una cultura di sostegno alle vittime, protocolli chiari che dopo la denuncia supportino realmente la persona in modo che non continui a sentirsi sola e a vergognarsi di qualcosa di cui non dovrebbe affatto. Dobbiamo fare in modo che le vittime possano trovare sostegno in una comunità che agisce come una squadra compatta.

Quando denunciamo un furto o una rapina le reazioni sono di presa d’atto del fatto, la testimonianza che rendiamo è spesso unica, abbiamo un referente e la comunità allargata solitamente ci si avvicina in modo protettivo; le eventuali indagini faranno il loro corso ma nel momento in cui ne parliamo, nella maggior parte dei casi, l’atteggiamento è di credere alle parole del denunciante;

 nel caso di denunce di abusi questi atteggiamenti sembrano cambiare. Gli interlocutori spesso diventano molteplici, ogni parola è usata per capire se è una prova attendibile oppure no, se il passato della supposta vittima può indicare qualche falla o diffidenza e la circospezione e i silenzi nella comunità allargata spesso diventano assordanti. Correntemente si parla giustamente e si specifica: “sospetto/ipotesi di abuso” ma non “sospetto/ipotesi di furto, rapina….”.

Sarebbe importante iniziare a comprendere tali atteggiamenti, come essi possano ferire e interferire dopo le denunce di abusi ma oggi, oggi davvero un passo importante e non collusivo con le dinamiche sottese agli abusi ritengo che con questa delibera sia stato fatto. 

Licia Barrocu, psicologa, docente del Master