Terza parte
Dopo aver cercato di fornire un quadro per quanto possibile obiettivo, è ora utile parlare delle reazioni che le proposte governative hanno suscitato.
1. Come si è detto, circa la materia penale minorile non vi sono state critiche. Le scelte del progetto non sono state nemmeno commentate, dando per pacifico che nulla sia cambiato se non il cartello sulla porta: “Sezione Distrettuale per le persone, per i minori e per le famiglie” invece di “Tribunale per i minorenni”.
Viceversa, circa la riforma del processo civile l’Associazione dei Giudici Minorili (AIMMF) ha espresso con forza il suo dissenso sotto un duplice profilo. In primo luogo il nuovo processo toglie alla giustizia per i minori quella indipendenza (che ora è fisica, mentale, organizzativa) che era la caratteristica tipica del tribunale per i minorenni. Inoltre, essa attribuisce troppa competenza monocratica ai giudici delle sezioni circondariali, che dovranno utilizzare lo schema procedimentale del rito ordinario unificato.
Questo però restringe l’ambito della tutela del minore al solo pregiudizio derivante dalla conflittualità fra i genitori, ma non lo protegge dalle numerose violenze intrafamiliari non legate al conflitto di coppia, nonostante la riforma preveda che il giudice (anche d’ufficio) debba nominare al minore un curatore speciale nei casi di esasperata conflittualità tra i genitori o, genericamente, per altre “gravi ragioni”. La categoria del minore a rischio (l’enfant en danger del diritto minorile francese) resta così priva di tutela giurisdizionale, e viene spezzato il raccordo tra giudice e servizi territoriali.
Sarebbe ingenuo nascondersi che è proprio quella concezione della giustizia minorile che la riforma del processo vuole stroncare: e dunque gli appelli dell’Associazione Giudici Minorili sembrano destinati a cadere nel vuoto. Volutamente, nelle Commissioni di studio è stata esclusa la presenza di magistrati minorili e di esperti in scienze dell’età evolutiva. Una scelta opposta venne fatta a suo tempo dal Guardasigilli Giuliano Vassalli per la Commissione di studio sulla riforma del processo penale minorile, che nel 1988/89 redasse un testo poi divenuto quella legge dello Stato che oggi neppure si è osato toccare.
2. Soddisfazione hanno invece mostrato le associazioni di avvocati familiaristi, che dalla riforma ricavano l’indubbio vantaggio della unificazione dei riti, della scomparsa quasi completa dei giudici onorari, e del silenzio sul ruolo dei servizi. Oltre a ciò, incassano il fringe benefit del curatore speciale, che per costituirsi in giudizio in nome e per conto del minore dovrà essere un avvocato. Del tutto dimenticato è il possibile ruolo che potrebbe avere il Garante dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e le sue articolazioni regionali.
Fra le associazioni di avvocati fa tuttavia eccezione l’Unione Nazionale delle Camere Minorili, che con un comunicato del 21 settembre 2021 afferma: “Riforma sì, ma nel rispetto dei principi di specializzazione, collegialità e multidisciplinarità.” Pur accogliendo con favore l’istituzione del Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie e del relativo ufficio unico di Procura, essa tuttavia esprime preoccupazione e forte contrarietà al fatto che processi di straordinaria importanza, quali quelli relativi alla responsabilità genitoriale, siano trattati e decisi interamente da giudici monocratici, non affiancati nel momento della decisione da esperti, in grado di fornire un apporto specialistico a garanzia dei diritti dei minori e dei loro familiari.
Anche se nel comunicato non si fa cenno al ruolo dei servizi e nemmeno a quello del Garante, si tratta di una posizione intermedia meno lontana dalle tesi dell’Associazione Giudici Minorili. Se la posizione dell’UNCM venisse accolta, modificherebbe profondamente il progetto di riforma e la sua filosofia, e comporterebbe un ulteriore passaggio parlamentare.
3. Stupisce che in questo dibattito siano completamente assenti i magistrati delle sezioni famiglia, benché la riforma li riguardi direttamente. Forse il loro disinteresse deriva dall’idea o dalla speranza che per i tribunali ordinari i cambiamenti siano limitati. Non è così: basti pensare che in primo grado la Sezione circondariale del tribunale non giudicherà più in composizione collegiale, bensì monocratica; e questo anche per le decisioni più difficili e delicate come l’allontanamento dei minori dalla famiglia e gli affidamenti familiari o ai servizi sociali. E anche nelle Sezioni distrettuali, dove pure è conservata la collegialità, questa sarà tra i soli giudici togati, con le poche eccezioni della adozione.
In realtà, questa frettolosa e abborracciata riforma si giustifica solo con la necessità di non perdere o di dover restituire i finanziamenti dell’Unione Europea. Ma una cosa sola è certa: che essa non fa onore alle tradizioni giuridiche italiane.
Luigi Fadiga, giurista, collaboratore del Master, già Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna e Roma