Valutare è un’attività cognitiva, che vede tutti noi quotidianamente coinvolti, in modo più o meno consapevole. Ogni giorno ci interroghiamo “sulle ragioni che sottostanno al nostro operato, sui possibili esiti che si potranno ottenere, sulla loro rispondenza alle nostre aspettative, ai nostri scopi, ai nostri interessi”[1]. In generale la valutazione ha tra le sue finalità quella di rendere possibile la formulazione di interpretazioni e giudizi utili all’assunzione di decisioni. Bezzi precisa, infatti, che mentre la ricerca sociale è guidata dalla domanda vero/falso rispetto ad una ipotesi, la ricerca valutativa è invece guidata dalla domanda utile/non utile rispetto ad un intervento.[2]
Negli Stati Uniti, negli anni ’60, nasce la valutazione scientifica per verificare l’efficacia degli interventi in ambito sociale. In Italia, la valutazione in ambito sociale si afferma solo recentemente, sollecitata soprattutto dalla crisi della fiscalità e della legittimazione delle politiche sociali e dalle riflessioni sul ruolo del pubblico conseguenti il suo riposizionamento tra gli attori del welfare (sussidiarietà e coprogettazione o delega?). Oggi, sempre più, i servizi pubblici sono chiamati a legittimarsi in termini di efficienza e, soprattutto, in termini di efficacia e adeguatezza rispetto agli obiettivi e al proprio ruolo di regia e di garanzia nei confronti di cittadini, utenti, portatori di interessi sempre più consapevoli e capaci e verso i quali sentono l’obbligo di spiegare e giustificare le proprie scelte. Il giudizio sull’utilità e la rispondenza degli interventi comporta conseguenze in termini di credibilità, fiducia, possibilità di rifinanziamento dei progetti e di una riprogrammazione degli interventi che tenga conto delle istanze di miglioramento inserendo correttivi o replicando fattori di successo. E’ il tema del famoso principio della accountability spesso richiamato dimenticando però di evidenziare che, come ricordato nella definizione che ne dà l’Enciclopedia Treccani[3], la responsabilità richiamata dall’accountability si fonda sulla chiarezza e sulla trasparenza degli obiettivi e dei risultati attesi. Emerge quindi l’importanza della qualità dei processi di costruzione e definizione di ciò che si persegue, della direzione in cui si vuole andare. Senza una trasparenza dei presupposti e degli obiettivi dell’azione pubblica, senza la possibilità di una loro discussione e condivisione, è quindi pregiudicata la possibilità di una altrettanto trasparente valutazione. A meno che non vi sia la disponibilità a mettersi in gioco cogliendo l’opportunità, che proprio la valutazione offre, di riaprire la discussione pubblica su intenti, significati e presupposti taciti. In tal caso la valutazione potrà esprimere il suo potenziale, permettendo di: esplicitare obiettivi e rendere visibili le teorie implicite che guidano le prassi; comprendere quali outcome di fatto il servizio produce, rendendo visibili esiti e risultati; generare apprendimento organizzativo e quindi riconoscere e consolidare buone pratiche; aumentare la coesione delle équipes sulla base di saperi e pratiche condivisi; promuovere l’empowerment e l’autodeterminazione degli attori coinvolti, soprattutto nel caso dei soggetti deboli; ridefinire significati e situazioni ristrutturando il campo problematico[4] aprendo all’innovazione; modificare l’azione di un servizio, migliorandone la qualità.
Il codice deontologico attribuisce all’assistente sociale che riveste ruoli dirigenziali, apicali o di coordinamento la funzione di “favorire le condizioni per identificare sistemi di valutazione della qualità e delle performance equi ed efficaci e promuovendo la cultura dell’apprendimento dagli errori;” (art 55, lettera f) e di “favorire la partecipazione dei portatori di interesse ai processi di valutazione, tutte le volte che è opportuno.” (art 55, lettera g)[5]. Anche questo è un invito a perseguire le condizioni che rendono realmente possibile l’accountability, perché l’oggetto della valutazione ha una forte ricaduta sociale in quanto riguarda una politica, un programma, un progetto, un servizio o un intervento con finalità pubbliche e quindi di interesse collettivo.
Angela Roselli, assistente sociale specialista, giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma
[1] Rissotto A., Alvaro F., Rebonato M. (2006), Valutare in ambito sociale. Approcci, metodi, strumenti, Roma: Armando, p.17
[2] Bezzi C. (2021), Manuale di ricerca valutativa, Milano: Franco Angeli.
[3] Encicolopedia Treccani, voce «accountability», https://www.treccani.it/enciclopedia/accountability_(Lessico-del-XXI-Secolo)/
[4]Passando dalla logica del problem solving alla logica del problem setting.
[5] CNOAS (2020), Codice Deontologico dell’Assistente Sociale, reperibile su www.cnoas.it sito ufficiale del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali.