…(ma come è possibile essere arrivati a considerare la solidarietà un reato?)
Vengono dall’Unione Europea e dalla Francia i primi incoraggianti segnali di fermo contrasto riguardo alla configurabilità del cosiddetto “reato di solidarietà”.
Questa abnorme creazione, frutto di calcoli politici spregiudicati uniti ad istinti primordiali indegni della persona umana, ci riporta indietro anni luce nella nostra civiltà e rischia di creare danni così gravi da incidere sullo stesso patto sociale su cui si fonda la convivenza all’interno di una comunità, sia essa internazionale, statale o locale, istituzionale o spontanea.
Le cronache hanno portato all’attenzione di tutti i processi mediatici o giudiziari*(VEDI NOTA 1) a carico delle ONG che operano nel Mediterraneo, salvando la vita a migliaia di persone, esseri viventi con la sola colpa di provenire da situazioni di disagio inimmaginabili per la nostra comoda società, sempre tentata ed abbagliata dalle sirene dell’apparenza e del consumo, dalla sola instancabile ricerca del proprio individuale benessere, il proprio “star bene”.
Forse proprio questa miopia impedisce di vedere o porta a non voler vedere, prima ancora di interpretare, la portata degli avvenimenti che pure abbiamo davanti, proprio sotto i nostri occhi.
Non si vuole vedere un evento di portata storica, una migrazione epocale, che trascende di gran lunga le meschine, becere e soprattutto inefficaci politiche di respingimento indiscriminato.
Tutti i trattati internazionali e la stessa “legge del mare” impongono il salvataggio di chi si trova in difficoltà, indipendentemente dalle sue condizioni sociali, dalla sua provenienza e dalle ragioni che lo hanno condotto ad una situazione di pericolo per la propria incolumità*.(VEDI NOTA 2)
Tale legge naturale, che trova fondamento nell’umana, vicendevole solidarietà, non trova certo deroga allorché il numero delle persone coinvolte nella situazione di pericolo aumenta, sino a raggiungere dimensioni ingovernabili dalla singola unità marina, dalle autorità costiere e perfino dai singoli stati, tanto da richiedere forme di cooperazione internazionale, che non ci si rassegna ad adottare in modo efficace.
La solidarietà non è principio legato alle contingenze, ma esigenza fondamentale di vita di tutte le aggregazioni sociali, proclamata da tutte le convenzioni internazionali e da tutte le dichiarazioni dei diritti.
La solidarietà è, secondo l’etimologia stessa del termine, il principio che ci riconosce “solidali” l’uno all’altro, ha origine nell’aggettivo latino “solidum”, compatto, intero, e viene tuttora utilizzato con riferimento a quelle obbligazioni che legano più debitori a rispondere ciascuno per intero del debito contratto, le cosiddette obbligazioni solidali.
La solidarietà non è dunque solo e tanto un sentimento di fratellanza, su cui pure la Rivoluzione francese ha avuto il merito di richiamarci, ponendo al centro della Dichiarazione dei diritti dell’uomo il concetto di fratellanza, che ne è il più stretto “parente”, ma è ancor prima un legame oggettivo.
Un corpo sociale, poiché deve necessariamente essere compatto, intero come il corpo umano, non può sussistere senza solidarietà e la nostra Costituzione significativamente pone all’art. 2, accanto ai diritti inviolabili dell’uomo, ed in parallelo con gli stessi, la richiesta di adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
L’adempimento di tali doveri è oggetto, si badi bene, di una richiesta non di un’imposizione, segno dell’esigenza imprescindibile di un’adesione personale e convinta, senza la quale diritti e doveri si svuotano di ogni loro potenzialità.
È proprio il caso di dire che “siamo tutti sulla stessa barca”, senza che l’espressione voglia essere irrispettosa delle migliaia di vittime sepolte nel Mediterraneo, come ci ha richiamato anche il papa Francesco.
Forse non è chiaro a questi biechi e pericolosi seminatori di zizzania, inimicizia, reciproca diffidenza ed alla fin fine anche di morte, in senso figurato e reale, che non possiamo prescindere dalla solidarietà e che il loro comportamento, il loro calcolo politico non può portare altro che alla dissoluzione, appunto alla morte, della società.
Contro questi personaggi, poco propensi a recepire i fondamenti minimi del vivere associato, si è levata di recente la voce dello stesso Parlamento dell’Unione Europea*(VEDI NOTA 3), che, almeno per salvare la faccia, ha richiamato il limite al cosiddetto “pacchetto sicurezza”*(VEDI NOTA 4) ed alla direttiva contro il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare del 2002, limite inserito opportunamente e provvidenzialmente nelle predette determinazioni e costituito dalla “natura umanitaria” degli atti e delle condotte oggetto di attenzione, tale da escludere la perseguibilità sul piano penale.
La risoluzione dell’UE del 5 luglio scorso, seppure di natura non legislativa, richiama un limite posto però all’interno della nostra legislazione comunitaria, tale da porre argine alle cosiddette “conseguenze indesiderate” derivanti dall’applicazione delle norme contro il favoreggiamento ed il traffico di migranti, contestualmente approvate.
A tale risoluzione fa eco la decisione*(VEDI NOTA 5) del Conseil-Constitutionnel FRANCESE *(VEDI NOTA 6), la cui importanza trascende il caso singolo*(VEDI NOTA 7), per giungere all’affermazione che “il delitto di solidarietà contrasta con il principio di fraternità”.
Premesso che l’espressione “delitto di solidarietà” dovrebbe ripugnare alla coscienza di chiunque, costituisce una contraddizione in termini e comunque confligge con gli elementari principi di uno Stato di diritto, non potendo considerarsi delitto la solidarietà, né potendo estendersi la configurabilità di un delitto sino a ricomprendere atti di assistenza umanitaria, la decisione in esame rende giustizia ad un contadino della Val Roia, al confine tra Francia ed Italia, Cédric Herrou, che ha aiutato in più riprese numerosi migranti nel loro triste e doloroso esodo dal paese di origine, dando loro da mangiare e da bere, ospitandoli e compiendo atti di chiarissima natura umanitaria*.(VEDI NOTA 8)
La sentenza rende giustizia a Cédric Herrou non solo e non tanto perché lo scagiona da un’accusa orribile e ripugnante, del tutto insostenibile e tale da equipararlo irrazionalmente ad un trafficante di persone, ma prima di tutto perché lo riconosce come “uomo giusto”, che ha agito dunque secondo giustizia.
Una giustizia che trascende le aule giudiziarie, per riaffermare con forza il principio di solidarietà come cardine della nostra convivenza associata, come esigenza fondamentale dell’aiuto reciproco, tanto più in presenza di eventi che non siamo in grado di governare con le nostre sole risorse.
Vorrei ricordare che uomini giusti sono stati riconosciuti tutti coloro che hanno prestato aiuto e sono stati solidali in occasione di un’altra terribile catastrofe umanitaria: lo sterminio degli Ebrei.
Chi si reca a Gerusalemme e, dopo aver visitato il museo, percorre i viali che circondano lo Yad Vashem, in cui regna un silenzio ed un raccoglimento frutto della consapevolezza di un evento mostruoso, può ritrovare un po’ di serenità dopo aver ancora una volta toccato con mano le scioccanti testimonianze dell’Olocausto: i viali sono fiancheggiati da ampi giardini in cui sono piantati tanti ulivi quante sono le persone che hanno prestato aiuto, in virtù del sentimento e del legame di solidarietà, a tanti fratelli ingiustamente, irrazionalmente perseguitati e destinati a morte sicura.
Non basta la ragione a scuoterci ed a farci comprendere che anche adesso, pur sotto forme storiche diverse, l’Olocausto possa ripetersi negli eventi del Mar Mediterraneo, tali da sollecitare la nostra presenza e il nostro aiuto?
Potrebbe bastare allora un po’ di umanità.
NOTE
1)Peraltro tali procedimenti giudiziari, al di là di alcune sbandierate dichiarazioni ad effetto, sproporzionate rispetto al singolo caso ancora sub iudice e sospette di un certo protagonismo più che di meditate riflessioni e di un più saggio riserbo, non sembrano sinora approdati a nulla, come nel caso dell’archiviazione a Palermo del procedimento penale a carico delle Ong Proactiva Open Arms e Sea Watch o del dissequestro a Catania di un’altra nave con la conseguente smentita dell’ipotesi accusatoria di associazione a delinquere da parte del GIP e del Tribunale del riesame.
2)Sul punto sono assai interessanti le dichiarazioni rilasciate dalle Autorità Militari di vari corpi anche in alte sedi istituzionali in relazione all’attività di salvataggio:http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/07/12/news/migrazioni_soccorso_ai_profughi_ong_e_migranti_ecco_cosa_dicono_i_militari-201597417/
3)Vedi il testo della risoluzione sul sito: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2018-0314+0+DOC+XML+V0//IT
4)Sul punto vedi la nota del Servizio Studi del Senato, sul sito: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00938086.pdf, con relativi e puntuali rinvii testuali, e più ampiamente sulla politica dell’UE relativa all’immigrazione la documentazione ampia a completa sul sito del Parlamento Europeo: http://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/152/politica-d-immigrazione.
5)http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2018/2018-717/718-qpc/decision-n-2018-717-718-qpc-du-6-juillet-2018.151721.html
6)Sulla composizione e le funzioni del Conseil-Constitutionnel vedi il sito:
7)Vedi intervista al presidente dell’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) sul sito:http://www.vita.it/it/article/2018/07/09/asgi-reato-di-solidarieta-non-esiste-in-italia-come-in-francia/147530/
8)Per una ricostruzione più completa vedi la nota dettagliata e documentata di Livio Pepino, già magistrato e rappresentante in varie sedi di Magistratura Democratica, anche come componente del Consiglio Superiore della Magistratura, da tempo collaboratore del Gruppo Abele, sul sito:
Francesco Rosetti, 31 luglio 2018
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