Regia: Maïwenn

Genere: Drammatico

Tipologia: Pedofilia, prostituzione

Interpreti: Karin Viard, Joey Starr, Marina Foïs, Nicolas Duvauchelle, Maïwenn, Karole Rocher

Origine: Francia

Anno: 2011

Trama: La routine quotidiana dei poliziotti della sez. Protezione Minori di Parigi, tra arresti di pedofili, interrogatori a genitori violenti, le gioie e i dolori della vita privata e, soprattutto, la solidarietà tra colleghi.

Recensione: Storie estreme, emozioni forti e immagini potenti, sono gli ingredienti del terzo lungometraggio dell’attrice, sceneggiatrice e regista francese Maïwenn Le Besco.

Le indagini della squadra della brigata dei minori – “Brigade de protection des mineurs”, corrispettiva della nostra polizia giudiziaria dei minori – del quartiere Belleville di Parigi, e le vite degli agenti sono al centro di una docu-fiction, ossia di un film di finzione dal forte timbro documentaristico. Bisogna essere pronti a visionare quest’opera, perché si indaga su reati di pedofilia, intra ed extra familiare, sequestri di persona, violenza sessuale di gruppo, sfruttamento dell’accattonaggio, dei furti in appartamento e della prostituzione, ma tra le pieghe delle indagini ci si interroga anche sulle vite delle persone che compongono la squadra e sulle ripercussioni che le storie delle indagini hanno nella vita privata degli agenti.

E’ oramai consolidato il successo nel pubblico del genere poliziesco, purtroppo in Italia relegato a banali fiction tv su carabinieri, polizia e guardia di finanza in azione, nelle quali però si tratta di indagini di altro genere: omicidi, criminalità organizzata e terrorismo. Il cinema francese invece sembra aver ancora il coraggio di perlustrare strade che le nostre produzioni sembrano avere ormai delegato alle serie tv.

Già dal titolo, storpiatura infantile della parola “Police”, nonché dalle prime inquadrature e dalla breve sequenza dei titoli di testa con giocattoli come i “playmobil”, si comprende che si parla di bambini. L’opera si apre con un’agente che interroga in commissariato una bambina vittima di violenza sessuale e, poco dopo, il parente autore della violenza. Fin dall’inizio si viene letteralmente rapiti dalle storie di piccole vite spezzate e dalle violenze subìte interrotte.

134 minuti che scorrono veloci e senza tregua, in cui si intrecciano e si alternano a ritmo potente storie di bambini di grande impatto emotivo e visivo (basti ricordare il pianto straziante del piccolo Augustin, costretto a lasciare la mamma africana che non può occuparsi di lui e andare da solo in una comunità perché le strutture per mamma e bambino al momento non hanno posti disponibili, oppure la retata notturna nel campo rom per allontanare tutti i bambini piccoli e grandi dalle loro famiglie a seguito della segnalazione di alcuni casi di sfruttamento), con storie meno impattanti ma altrettanto “vere” degli agenti (come ad esempio la festa in discoteca dopo che un neonato rapito e ritrovato viene dichiarato dall’ospedale fuori pericolo, oppure il viaggio dei bambini rom nel pulmino che viene trasformato dagli agenti in una discoteca ambulante).

Nelle storie emergono anche le difficoltà pratiche e logistiche degli agenti, che combattono con la scarsità di mezzi a loro disposizione, e contro i compromessi imposti dai superiori, qualcosa di più e di diverso da un film di denuncia sociale.

Per seguire da vicino gli interventi della brigata dei minori, la regista ha inserito se stessa nel gruppo nel ruolo di una fotografa, Melissa, che oltre a documentare ciò che accade con distacco non sempre possibile, farà scattare alcune dinamiche, soprattutto con l’agente Fred (Joeystarr). 

Molto ci sarebbe da dire sulle modalità di esecuzione delle indagini, in alcuni casi un po’ sbrigative e superficiali, nonché sulla delega forse eccessiva degli interrogatori agli agenti della brigata dei minori. Tuttavia occorre ricordare che il nostro sistema di indagini giudiziarie che coinvolgono minori è diverso da quello francese, pertanto non pare opportuno soffermarsi troppo su questi aspetti. Diciamo solo che in Italia il lavoro di indagini è molto più strutturato, gestito e coordinato dal pubblico ministero minorile di turno e dal magistrato (GIP) che ne supervisiona l’operato, piuttosto che gestito ed eseguito in modo così autonomo dalle forze dell’ordine.

Le storie raccontate dei bambini fanno parte di quel mondo perverso e malato di sesso che purtroppo oggi ci circonda e che i media non sembrano più in grado di descrivere in modo critico. Se non in modo eccessivamente allarmistico e urlato, che sappiamo non aiuta a riflettere sui fenomeni e sui problemi.

La regista racconta: “Quando ho voluto iniziare con la regia tutti mi dicevano no, non si fa così. Io non ho studiato in una scuola specializzata, non sono stata l’assistente di nessuno, giro soltanto con il mio istinto.” Nella sceneggiatura, scritta insieme a Emmanuelle Bercot, trova spazio anche una storia d’amore tra Melissa e Fred: “questo aspetto è servito per far emergere anche le mie radici. Il personaggio appartiene a un milieu più elevato rispetto a quello del poliziotto magrebino, ed è diviso tra un uomo benestante (Riccardo Scamarcio) e questo ragazzo che mette tutta la vita in ciò che fa (Joeystarr). Anche io sono di origine magrebina. Questo mi ha aiutato a ricordarlo.”

Grande successo al Festival del cinema di Cannes 2011, ha visto il premio della critica e del pubblico. Come “La classe” di Laurent Cantet, che vinse a Cannes tre anni fa, anche questo lungometraggio mostra uno spaccato della Parigi multietnica e multiproblematica, spostando l’occhio della telecamera dal mondo della scuola a quello delle indagini delle forze dell’ordine.

Un finale shock con un doppio piano sequenza che contiene la chiave di lettura: il legame ineludibile che si crea tra gli agenti e le piccole vittime raggiunge l’apice con un doppio salto nel vuoto.

J. Moyersoen