Anni fa, Mario Lodi scriveva: “Se non sei per la liberazione dell’uomo, porti a scuola la tecnica del padrone, duro o paterno a seconda dei casi […] i ragazzi ti muoiono davanti agli occhi un poco ogni giorno nella compressione della fantasia e dell’intelligenza, nel distacco sempre più netto fra la scuola e la vita, nell’astuzia con la quale ti studiano per il proprio tornaconto” [M. LODI (1970 e ristampe), Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica, Torino, Einaudi, pp. 23-24].

Qualche decennio prima, un altro maestro scriveva: “Al termine dell’anno scolastico i gobbi lo erano ancora, idem dicasi per i deficienti”. Relazione annuale del Maestro Benito Mussolini (nel 1902, a Gualtieri, Cfr. G. PECORINI (1983 e ristampe), Il milite noto, Palermo, Sellerio.). 

La sfida continua. Non ricomincia mai da zero. E la sfida del cambiamento che parte da lontano è fondamentale. Una pianta senza radici fa una brutta fine. Ma una pianta che non cresce perché non sopporta neanche un piccolo cambiamento, può morire.

Lo stesso Mario Lodi pubblicava – dall’editore Einaudi – La scuola e i diritti del bambino. Il libro è del 1983, gli scritti sono contributi scritti in diverse occasioni e rappresentano un percorso di pensiero e di espressione. Il primo scritto – quello che apre il libro – ha come titolo Dalla parte dei bambini e si può leggere: “La prima cosa che il bambino <impara> dopo avere con il primo pianto iniziato la vita extrauterina, è che lui esiste. Tale scoperta è tanto più gioiosa e precoce se l’adulto, in questo caso la mamma, farà sentire al bambino, con il calore del corpo, il profumo del latte e un insieme di sensazioni piacevoli derivanti dal rapporto affettivo, di essere immerso in un universo globalmente buono da cui a poco a poco attraverso scoperte e prove sempre più precise egli distinguerà sé dall’altro” (M. Lodi,1983, p. 3).

Pinocchio nasce da un pezzo di legno che non gradisce i colpi che un falegname gli dà, per dargli una certa forma. Non la gradisce. Così comincia la sua storia di cambiamenti. Percorriamola come modo di approfondire il diritto di chi cresce a vivere i cambiamenti: il diritto al cambiamento. Per chi cresce, un cambiamento non è come cambiare l’automobile: l’auto nuova fa sparire la vecchia. Chi cresce conserva dentro di sé i cambiamenti. Vive la scoperta dell’identità plurale. Schematizzando:

Rappresentazione di identità singolare

1. Rapporti caratterizzati dalla logica lineare, e quindi dalla logica del tutto o niente (ad es.: o ci capiamo o non ci capiamo).

2. L’individuo viene considerato in assoluto; e ogni informazione, evento, conoscenza è in rapporto unicamente con l’individuo.

3. Il soggetto, in rapporto alla conoscenza, è egocentrico: ritiene esista un solo modo di conoscere, cioè il proprio.

4. Il linguaggio è impiegato per trasmettere un sapere con caratteristiche statistiche e con un’organizzazione di tipo gerarchico. Banalizzando, il sapere accademico è da considerarsi più elevato del sapere grezzo di un contadino.

5. L’identità in rapporto all’apprendimento procede attraverso l’omogeneità dei soggetti che apprendono: ogni elemento che determini una diminuzione dell’omogeneità è considerato ostacolo all’apprendimento.

Rappresentazione di identità plurale

1. Rapporti caratterizzati dalla logica costruttiva, in cui diversi elementi possono rapportarsi in una molteplicità di modi (ad es.: non ci capiamo molto nel discutere, ma ci capiamo bene nel cercare refrigerio quando fa caldo, o riparo quando è freddo).

2. Importanza dei contesti. Ogni evento può collocarsi in diversi contesti.

3. Il soggetto, in rapporto alla conoscenza, è epistemico: è capace di una pluralità dì modi possibili di conoscere.

4. Il linguaggio è strumento regolatore del rapporto fra individuo e contesto, ed è flessibile e connettivo.

5. L’identità in rapporto all’apprendimento procede attraverso la comparazione delle pluralità di richiesta e di modalità. L’eterogeneità del gruppo dei soggetti che apprendono è un dato di realtà e determina la possibilità stessa del conoscere.

Ritroviamo, e rileggiamo, Korczak: tutto dovrebbe partire dalla convinzione che un bambino è un buon esperto della propria crescita e della propria vita. Si realizza attraverso forme organizzative minime e quotidiane.

Dalla versione francese:

  • Elena, sai che sei un essere umano piuttosto agitato?!
  • Sono un essere umano?
  • Certo. Credevi di essere un cane?
  • Sono un essere umano – dice Elena dopo aver riflettuto -. Sono Elena. Sono una bambina. Sono polacca. Sono figlia della mamma. Sono di Varsavia … Ma sono un sacco di cose, io!

Questo dialogo permette di illustrare il paradosso educativo del diritto all’identità plurale. E al cambiamento. Per crescere bisogna cambiare e Pinocchio è un campione dei cambiamenti. È salvato dalla prigionia in un cambiamento dalla fatina dai capelli turchini, la Fatina.

 1.Korczak J., (1997), Le droit de l’enfant au respect, suivi de Quand je redeviendrai petit et de Journal de Ghetto, préface de Tomkiewicz S., Paris, Robert Laffont/Unesco, p. 195.

L’identità plurale cresce aggiungendo, incrementando, e non chiudendosi a difesa e barricandosi in nome di quello che riteniamo essere il patrimonio dell’identità. L’identità bloccata vive il conflitto come difesa della situazione quo ante. L’identità plurale accoglie il conflitto come segno di incontro con novità interessanti, per le quali è bene mostrare interesse.

Il passaggio, la crescita e dunque l’apprendimento, implicano la capacità di evocare, di avere, memoria del passato (dei diversi luoghi, delle istituzioni. da cui proveniamo) e di sapere immaginare, prevedere e comunque guardare il futuro. Grillo Parlante e Fatina dai capelli turchini. Il primo schiaccia sul presente (Pinocchio torna da solo a casa di Geppetto, e qui incontra un Grillo Parlante filosofo, che lo ammonisce riguardo al suo comportamento: Pinocchio, indispettito, schiaccia il grillo con una martellata). La seconda, rimette in moto (La Fata, dopo avergli spiegato che esistono due tipi di bugie: quelle con le gambe corte e quelle – come nel suo caso – con il naso lungo, riporta il naso di Pinocchio alla lunghezza originale con l’aiuto di un migliaio di picchi, e gli consente di correre incontro al babbo Geppetto, avvertito dalla Fata della presenza del burattino), per costruire futuro. E questo vuol dire aspettarsi qualcosa, pretendere, impegnarsi e impegnare e nello stesso tempo avere fiducia (La Fata l’ha perdonato grazie al rimorso mostrato da Pinocchio davanti alla sua finta tomba: vuole considerarsi come sua madre e trasformarlo in un ragazzo in carne e ossa; prima però desidera che il burattino frequenti la scuola e si cerchi un buon mestiere. Pinocchio, un po’ a malincuore, promette, e riesce a diventare il primo della classe).

La Fatina fa periscopio. Il periscopio è uno strumento che permette a chi lo usa di guardare oltre l’ostacolo. L’operazione che fa la Fatina vuole permettere a Pinocchio, che si trova prigioniero di ostacoli che sembrano insormontabili, di scoprire nuove prospettive, nuovi panorami. Nuovi modi di essere.

Grillo parlante e Fatina dai capelli turchini si parlano, e ciascuno sostiene il suo punto di vista. Grillo Parlante tende a fare una diagnosi di Fatina. Mentre Fatina tende a fare periscopio per Grillo Parlante.

Andrea Canevaro, pedagogista, professore emerito dell’Università di Bologna

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