Uno sguardo sul libro

Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin, di Émilie Plateau, per  Einaudi Ragazzi, con la traduzione di SIlvia di Mercurio

Da Tania de Montaigne

Nel leggere Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin mi è venuta in mente Billie Holiday. Perchè è morta nel periodo in cui le lotte di cui si parla nel graphic novel erano attive. Perché anche lei è una donna che ha dovuto lottare per avere una propria identità. Perché entrambe hanno avuto traversie col proprio cognome. Perché è una delle donne nere che in quanto tali ha subito un’infanzia d’inferno da cui è, solo in parte, uscita grazie al proprio talento e forza d’animo. E poi perché nel periodo di quelle lotte oramai la sua musica era conosciuta, girava anche nelle radio,  al punto da andare in tournée in Europa. Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin inizia così: “ Fai un respiro profondo. Lascia il luogo a cui appartieni.” Ed io l’ho fatto ascoltando le inconfondibili note di Billie Holiday in sottofondo.

Bastano tre doppie pagine in cui il testo ci accompagna e l’illustrazione cambia nel tratto e sguardo, e ci ritroviamo catapultati a Montgomery, Alabama, negli anni 50. E tu, o meglio la protagonista, è una donna. Nera. Il peggio del peggio in quel periodo. Soprattutto se sei, come la maggior parte dei neri del sud, anche povera. Qui la narrazione prende un ritmo in cui ogni doppia pagina restringe categoricamente ogni nostro diritto di essere umano, isolandoci sempre più nella nostra riserva. Al nostro posto. La pulizia del tratto, l’essenzialità del testo, forte dell’ottima traduzione di Silvia Mercurio, creano un gioco col lettore che viene messo all’angolo, in cui l’ultima frase e illustrazione sono il gancio che chiude il discorso. La scelta della pulizia dello sfondo bianco crea un contrasto con il tratto ed il testo rafforzandone l’effetto su di noi. In cui tutto avviene alla luce del sole, nel suo essere normale a Montgomery. In cui Claudette sa che “ L’ordine delle cose prevede che i bianchi stiano da un lato e i neri in basso.” Ed è per questo che Claudette “ tutte le settimane paga due dollari per farseli lisciare ( i capelli ndr). Una bella cifra, considerando che sua madre ne guadagna tre al giorno.” Nonostante tutto Cluadette vuole studiare e diventare un avvocato da grande. E poi un giorno, ormai quindicenne

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Claudette dice no. Ed entra nella Storia. Almeno in parte. Perché non siamo esattamente come nella stessa situazione di Rosa Parks, per quanto la presa di posizione delle due donne cambi di pochi mesi l’una dall’altra. E nonostante le due saranno tra le quattro querelanti grazie alle quali cambierà la Storia degli afroamericani , vivranno esperienze differenti. Questa diversità Émilie Plateau la esplicita con un passaggio indiscutibile di testo e illustrazione quando dopo che Claudete viene presa dalla polizia.

Lo sfondo esplicita che il biancore precedente fosse solo apparente. Valido se si stare ai propri posti. Altrimenti “ (…) è come se ti inoltrassi nell’angolo più scuro..” Il tratto dell’illustrazione non cambia, facendo risaltare ancora di più lo sbalestramento improvviso, l’essere caduti in un inferno alla luce del sole, davanti agli occhi di tutti. La Plateau farà questa scelta anche in altri passaggi, senza abusarne, in altri due momenti in cui Claudette dovrà pagare ancora di più per il suo essere nera.  La storia prende forma mantenendo il doppio binario del privato dei Colette e delle lotte del periodo, capace di accompagnarci tanto nel quotidiano della protagonista, facilitando nel lettore l’immedesimazione, quanto uno di mantenere uno sguardo d’insieme sul movimento di protesta. E questa alchimia viene portata avanti raccontandoci di come Claudette sia stata vittima non solo del razzismo dei bianchi, ma anche di quello interno al movimento N.A.A.C.P.- National Association for the Advancement of Colored People. In quanto donna, in quanto ragazza madre, in quanto non uomo. E l’autrice lo racconta grazie alla scelta delle parole, all’intreccio, all’illustrazione. Come ne rapporto con Martin Luther King

Una narrazione storicamente al maschile nonostante i fatti che la Plateau non accetta, come nelle pagini finali sulla protesta in cui racconta che “ Quattro donne hanno fatto abrogare una legge vecchia di sessanta anni, aprendo la strada alla fine della segregazione sui trasporti pubblici di tutti gli stati della Cotton Belt .” per poi ricordarci con l’illustrazione successiva di come “ il giorno dopo, Martin Luther King e tre leader neri e bianchi salgono su un autobus. La loro foto farà il giro del mondo. Mentre nessuna delle quattro querelanti, così come Jo Ann GIbson Robinson, avrà diritto ad un ritratto.”

Sono tanti i libri sul tema razzismo nei confronti degli afroamericani. Cosa ha in più questo di altri?

Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin è la conferma che se si vogliono affrontare tematiche storiche e sociali con efficacia, quello che serve, che fa la differenza, è avere una buona storia da raccontare. E naturalmente saperlo fare. In questo graphic novel sono presenti entrambe le condizioni.
Prima di tutto lo si legge per la storia in se. Il motore narrativo è costruito sulla nostra necessità di sapere cosa accadrà alla giovane Claudette Colvin. L’essenzialità del testo e l’illustrazione sapientemente armonizzata portano il lettore ad immergersi nella lapidarietà della racconto. Ogni doppia pagina colpisce, graffia, ferisce. E noi stiamo dentro la storia, immedesimandoci nella protagonista (per quanto possibile). L’assenza di facili artifizi moraleggianti e/o pietistici ci permette di seguire e provare le nostre emozioni personali e complesse senza sentirci costretti dentro sentire comuni e uniformizzanti.  L’asciutezza della narrazione ci pone costantemente davanti ad interrogativi da cui non possiamo scappare. Non esplicita soluzioni, ma racconta di alcune di quelle che sono state intraprese, con i relativi rischi e conseguenze spesso necessarie se si vuole provare a cambiare il mondo. Al riguardo la scelta di raccontare di persone comuni, con paure e dubbi, riporta ad un’idea di possibilità di trasformazione della società che non necessità di super eroi. Tutt’altro, visto la scelta di raccontare con maggior complessità alcuni personaggi- mito di quel periodo storico, ponendo in evidenza molte delle loro ombre. E’ un racconto di parte? probabilmente. Ma non si pone come un reportage giornalistico, pur stando sul limitare del graphic journalism. Ed anche questo non voler essere assolutizzante nella narrazione che facilita nel lettore l’avvicinarsi alla storia. Queste caratteristiche, il suo essere diretta e chiara, fanno dell’opera di Émilie Plateau un ottimo punto di partenza se decidiamo di affrontare i temi ad essa connessi con adolescenti e adulti. A noi, dopo la lettura, rimane la necessità di continuare a scoprire la storia di Claudette Calvin  Aurelia Browder, Susie McDonald, Mary Louise Smith e Jeanette Reese, Rosa Parks, le quattro donne coraggiose capaci di sfidare i razzismi nel profondo sud degli Stati Uniti.

Per approfondire

Il graphic novel prende spunto da un saggio di Tania de Montaigne, giornalista e scrittrice. Nel 2020 è stato insignito in Italia del premio Andersen come Miglior libro a fumetti.

Qui le motivazioni della giuria ed una video dichiarazione dell’autrice

https://www.andersen.it/miglior-libro-a-fumetti-2020/

Fascia d’età: dagli undici anni in su. Può essere utile poter fornire, dopo la lettura ed in caso ci siano delle curiosità, delle informazioni storiche.

L’autrice: http://www.europecomics.com/author/emilie-plateau/

Rilanci

Hurricane-Il grido dell’innocenza, regia Norman Jewison

José Muñoz e Carlos Sampayo, Billie Holiday, Edizioni SUR

Paola Capriolo, NO!, edizioni EL