L’accettazione e l’accoglienza da parte delle famiglie gioca un ruolo di primaria importanza. Spesso, di fronte ad un coming out dei figli, i genitori reagiscono con un forte rifiuto: non solo perché condizionati da un un’educazione improntata sulla paura del giudizio, ma anche perché influenzati dal timore che i loro figli possano andare incontro a molestie, bullismo, violenza e comunque a percorsi complicati e difficili.
E’ bene sottolineare come non sia facile rinunciare alla immagine mentale che ogni genitore ha del proprio figlio dentro di sé, ristrutturare le aspettative e le modalità relazionali consolidate, confrontarsi con una sfida ed entrare in connessione con la nuova realtà che i figli prospettano. Per questo motivo alcuni genitori insistono verso un’accettazione conforme al genere atteso. Ma con un lavoro – lungo e paziente- di ascolto e riflessione insieme ad operatori qualificati è possibile rimuovere questo rifiuto iniziale. Molto utili ed efficaci, ad esempio, sono i gruppi di aiuto in cui sono presenti anche i genitori che hanno figli già avanti con tale percorso e che possono rassicurare i nuovi che sono, comprensibilmente, molto spaventati dalle realtà che si prospettano in avanti.
Bisogna sottolineare anche il fatto che alcuni pediatri e neuropsichiatri, sono ancora poco formati sulle questioni che hanno a che fare con l’identità di genere e restano, spesso, arroccati su preconcetti e su posizioni ormai superate. Tutto ciò genera grosse difficoltà poiché spesso le famiglie in primo luogo si rivolgono a questi professionisti che, spesso, valutano la questione affermando “con il tempo passerà”. In realtà il tempo che passa non fa che aumentare la sofferenza. Questo atteggiamento aumenta il disagio dei giovani e delle famiglie, che si sentono non solo sole, ma anche diverse e inadeguate. Sarà necessario fornire a tutti gli operatori sanitari gli strumenti adeguati al fine di rilevare in modo valido i bisogni di una fascia di popolazione a rischio di essere poco considerata per gli aspetti di identità sessuale e di genere, e, comunque, a rischio di essere protagonista di azioni negative sia dal punto di vista sociale che psicologico.
È importante in questo contesto mantenere viva l’attenzione sulle diversificate possibilità evolutive future, senza chiedere ai figli di definirsi secondo aspettative culturali e sociali predeterminate. Nessuno nega quanto possa essere difficile, spesso di fronte a situazioni di grande complessità, tenere aperta la speranza che sarà possibile trovare un equilibrio e una condizione di benessere. Il ruolo del contesto sociale è fondamentale per questi ragazzi e per le loro famiglie e l’intervento psicologico dovrà coinvolgere sia il bambino/adolescente, sia la famiglia.
Il lavoro con il minore dovrà avere l’obiettivo di ridurre il disagio provato rispetto alla varianza di genere, sarà indirizzato a facilitare l’analisi e l’espressione dell’identità di genere percepita, mentre quello con la famiglia sarà finalizzato a sostenere la possibilità di affrontare l’incertezza sull’evoluzione, le eventuali preoccupazioni per il futuro e la dimensione comunicativa e relazionale sia all’interno della famiglia nucleare sia in quella allargata.
Ma non sono da sottovalutare quelle esperienze di minori, nascoste e impercettibili, che non cercano aiuto perché temono il giudizio della collettività o perché non dispongono di informazioni adeguate sugli specialisti a cui rivolgersi.
C’è ancora tanta strada da percorrere in tal senso.
Il punto determinante in tale delicato contesto sta nella necessità di mettere in relazione il diritto della persona adolescente all’autodeterminazione, con il dovere degli operatori sanitari di tutelarne la salute. Il tema dell’autonomia decisionale, di assoluto rilievo in ambito bioetico, dev’essere valutato e confrontato con la capacità decisionale dell’adolescente stesso, ovvero con la capacità di comprendere pienamente le conseguenze future delle decisioni che verrà ad assumere: tale condizione si realizza quando la persona è sufficientemente matura per esprimere un consenso pieno ed adeguato, ed è quindi in grado di formulare un progetto stabile, di analizzare la propria situazione e di prevedere le conseguenze del cambiamento.
In tale complessa realtà non va dimenticato il ruolo essenziale della presenza di un ampio sostegno da parte della famiglia, che diviene parte integrante come fattore protettivo dello sviluppo psicologico di bambini e adolescenti.
Daniela Leban, docente del Master