I parte

Il concetto di famiglia in questi tempi è cambiato in modo considerevole: non esiste più, o per lo meno si è molto attenuato, il modello di famiglia disegnato dalla Costituzione in tempi lontani. Ora la famiglia è concepita come una società naturale ed in continua evoluzione, attenta ai nuovi valori e ai nuovi ritrovati della tecnica: una società quindi che si appresta a divenire ben diversa da quella precedente, con nuovi sviluppi e nuovi bisogni. C’è quindi la necessità- urgente – di fornire delle risposte legislative a questa evoluzione. 

Una attenzione particolare in ambito bioetico come vicenda umana, da tante parti osteggiata e da sempre più parti sostenuta, merita nel nostro discorso – da sempre relativo a tematiche difficili e scomode – la cd. gestazione per altri, GPA. Un fenomeno sociale costantemente in crescita.

Il tutto inizia dalla L.40/2004, i cui lavori preparatori hanno avuto l’obiettivo di mettere fine a situazioni delicate e urgenti dal punto di vista etico. Inizialmente tale legge consentiva la PMA solo come rimedio alla sterilità di coppia, vietava l’utilizzo di gameti di terzi, come la diagnosi e la selezione degli embrioni prima dell’impianto in utero…. Oggi resta ben poco di questi vincoli, in relazione ai ripetuti interventi della Corte Cost. in materia: si è giunti ad ammettere all’accesso non solo le coppie sterili ma anche quelle capaci di generare naturalmente figli affetti da malattie infettive, a rimettere alla scelta medica la determinazione del numero di embrioni da impiantare, a togliere dal sistema il divieto di fecondazione eterologa. Ciononostante numerosi interrogativi rimangono. 

Il presupposto da cui far partire le nostre considerazioni è che la scelta di divenire genitori viene considerata espressione della libertà di autodeterminazione concernente la sfera privata e familiare, scelta protetta al livello costituzionale dagli artt.2, 3 e 31 Cost. 

Nel nostro Paese, l’affermazione dei diritti della personalità, anche se viene caratterizzata da un riconoscimento graduale di spazi all’autonomia privata, spesso ha favorito il divieto e il limite rispetto a quello della libertà, in particolar modo con riguardo ad ambiti quali la sessualità, l’inizio/fine vita più connessi intimamente alla coscienza individuale – momenti di cui si discuterà a parte -. Anche in tempi recenti si sono visti prevalere periodi di controllo e di imposizione sul corpo rispetto al diritto dell’autodeterminazione: l’etica dello Stato cioè tende a limitare gli spazi del singolo soggetto, rinviando integralmente all’ordinamento il contenuto di alcuni “valori” – valori non condivisi necessariamente in toto da tutti i cittadini – da preservare nell’interesse della società.  (si pensi al complesso iter che ha dovuto subire la L.40/2004, in cui, nel testo originario, era ammessa unicamente l’inseminazione omologa, disposizione questa ridimensionata più tardi dai numerosi interventi della Corte Cost.)  

Appunto attraverso i diversi interventi della Corte Cost., adoperatasi per attenuare le iniziali e rigide disposizioni della L.40/2004, si viene a sottolineare come l’indisponibilità dei diritti della personalità costituisce un impedimento allo sviluppo della persona, inconciliabile con i principi stabiliti dalla Costituzione

Il valore su cui si fonda la nostra Carta Costituzionale si configura nel valore supremo della dignità della persona, inteso come parametro di valutazione della liceità e ammissibilità di atti e relazioni che ineriscono alle persone e alla loro sfera di affettività. In tale contesto si individua però una timida apertura verso spazi sempre più ampi di autodeterminazione in cui si alternano momenti di negazione e di ostacolo a momenti di apertura verso pratiche consentite dallo sviluppo tecnologico.

In ambito femminile l’autodeterminazione così intesa viene a tradursi in una prerogativa di decidere da sé sulla propria esistenza, sul proprio corpo e dunque anche sul processo procreativo. Il percorso è stato lungo: dalla contraccezione- quindi dalla scissione della sessualità dalla riproduzione – alla depenalizzazione dell’aborto, alla maternità responsabile. Tutto ciò, ovvero la conquista di un ampio potere di autodeterminazione sulle scelte di vita, si riflette in modo evidente in ambito familiare e si scontra con soluzioni legislative insoddisfacenti.

Particolarmente contrastato è il concetto di autodeterminazione riproduttiva inteso come il riconoscimento di una posizione singolare, unica, della donna nella scelta procreativa. L’impossibilità dell’accesso alle tecniche di fecondazione assistita alla donna single e il divieto assoluto della GPA si rivelano esempi della limitazione esistente nel nostro ordinamento dell’autodeterminazione femminile in ambito riproduttivo.

Diviene importante quindi guardare alle potenzialità delle scienze e della medicina non condizionati da vecchi pregiudizi e criteri obsoleti, al fine di individuare strumenti, regole e criteri con cui affrontare le nuove forme in cui si manifesta la nuova genitorialità.

Daniela Leban