(Foto scattata durante la mostra di Jago, Palazzo Bonaparte, Roma – 2 Marzo/28 Agosto 2022)
Forse oggi non dovrei scrivere sul tema delle infanzie maltrattate, forse oggi sono troppo avvilita, arrabbiata e stanca. Ripenso ad un amico che poche sere fa a cena mi ha confidato che nel suo territorio non percepisce il minimo supporto e dialogo sui casi che vedono coinvolti minorenni ad alto rischio di maltrattamenti tra forze dell’ordine di strada e servizi sociali. Mi ha raccontato quanto servirebbe, quanto sarebbe prezioso poter chiamare o semplicemente avere un computer in rete come il loro (per verifiche sui precedenti o sul possesso di armi prima di entrare in abitazioni) da visionare in tempo reale, da aggiornare dopo ogni intervento nelle case e con dati incrociati tra servizio sociale e magari anche con gli accessi del bambino/madre al pronto soccorso; insomma, una sorta di “buona cartella unica” accessibile a tutti gli operatori della rete tutela. Uno dei suoi ragazzi ha scelto di fare il tirocinio presso il suo servizio sociale di zona per comprendere meglio. Ha scoperto che non vi è un computer aggiornato dei casi, un reportage degli stessi per poter fare o proporre controlli incrociati con le polizie in tempi rapidi o per verificare i follow up degli esiti degli interventi svolti. Una parte di me lo ascolta e spera non sia proprio così…
Un’altra parte di me fa capolino. Le viene in mente quando un paio di anni fa denunciai al servizio sociale del territorio (dopo varie chiamate per le situazioni di pericolo immediato alle forze dell’ordine) il caso di cinque bambini in grave situazione di pregiudizio; visto che gli interventi furono tutti sull’immediatezza e nulla variò sul medio termine, pensai di andare anche al servizio sociale di zona. Al servizio mi presentai senza appuntamento e mi accolsero subito. Ne fui davvero favorevolmente colpita. L’assistente sociale però, rifletto e inizio a ricordare…non accese neppure il pc, in realtà mi colpì che non trovava la penna e poi prese un piccolo pezzettino di carta strappata e vi segnò a matita la mia segnalazione. Le dissi che vi erano quattro segnalazioni già fatte da parte mia alle forze dell’ordine, ma disse che loro non conoscevano il caso.
Mi vengono alla mente i tanti casi di giornali, i report pubblicati ogni anno (indice Cesvi Infanzia maltrattata 2022) e i report giunti in commissione parlamentare sui femminicidi. Come ogni anno, descrivono un’Italia che scatta nuovamente la stessa triste fotografia. Cosa significa tutto questo? Si parla di femminicidi, orfani speciali, violenze assistite reiterate in linguaggio di “settore”. Nel linguaggio comune di “morti annunciate” in un sistema che spesso, una volta attivato, non protegge ma anzi può produrre altra violenza: vittimizzazione “secondaria”. Il consiglio d’Europa (2006) specifica che con vittimizzazione secondaria intende: la vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell’atto criminale, ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima.
Anche qui il linguaggio mi sembra inadeguato; non riesco a vedere tale forma di violenza come secondaria se ne intendiamo il livello di ferite ed ingiustizie che può produrre in chi dopo un trauma massiccio cerca respiro/aiuto/cura/supporto e trova invece una lesione ulteriore proprio in quelle istituzioni che dovrebbero proteggerla/o. Sembrerebbe una coazione a ripetere no?
Una nuova ferita spesso prodotta da vecchi pregiudizi, scarsa formazione e competenza. Faccio un salto mentale: finalmente la violenza assistita è riconosciuta non più come aggravante ma come reato contro quel/la minorenne che vi assiste proprio perché produce un trauma su quella persona. Mi chiedo: un giorno anche la vittimizzazione per mano delle istituzioni verrà presa in considerazione come reato? E (provocatoriamente) chi sarebbero i responsabili di tali forme di violenza “secondaria” ormai così frequente? Ma andiamo a vedere questa frequenza e i dati su tale forma di violenza grazie a report molto recenti. Il 13 maggio al Senato è stata presentata la relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere sulla “Vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale”. Che cosa ne è emerso? Purtroppo, il quadro italiano è a macchia di leopardo, in linea con quanto emerso dall’indice dell’infanzia maltrattata (Cesvi,2022). Sembra che la presa in carico dipenda da chi si incontra sul proprio cammino, da quanto l’operatore che seguirà il caso sia specializzato per vedere e riconoscere le forme di violenza, da quanto sia formato nel supporto alla vittima (quanto conosca le possibilità fornite dal nostro ordinamento giudiziario e le utilizzi) e dal turn over. Il report riporta che: “solo il 22% dei magistrati ha delle competenze specifiche nella materia della violenza contro le donne e dei loro figli, mentre la maggioranza dei consulenti tecnici nominati non risulta avere competenze specifiche”.
Le sentenze sono solo la parte finale della denuncia di violenze e se già prima ci fossero tali difficoltà? Se la persona che denuncia (minorenne e non) incontrasse personale delle forze dell’ordine, educatori, assistenti sociali non adeguatamente formati, non in rete e con alto tasso di turn over nel proprio ente? Se le relazioni che essi producessero non cogliessero gli alti rischi a cui sono esposti i bambini o i loro care-givers, se non utilizzassero metodologie/protocolli di rilevazione del rischio (SARA, Sara plus o DASH) e fornissero percezioni di rischio errate e relazioni confusive? Se davvero il rapporto delle forze dell’ordine con i servizi e i pronti soccorsi fosse debole? Potrebbe capitare che una donna potrebbe sentirsi poco tutelata e per tutelare i suoi bambini rischierebbe di passare da donna alienante o pazza? Potrebbe capitare che quel bambino venisse visto come estremamente problematico?
Perché le domande chiave diventano: quanto maltrattata e penalizzata può arrivare ad essere l’infanzia davanti a tali collusioni violente del sistema? E se la legge è uguale per tutti è accettabile che il risultato possa dipendere da chi si incontra come professionista o dal tribunale competente? In tal senso come si può leggere quell’78% di magistrati che non ha competenze specifiche in tali forme di violenze?
Si, forse oggi non dovrei scrivere….
COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTASUL FEMMINICIDIO, NONCHÉ SU OGNI FORMA DI VIOLENZA DI GENERE: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/361580.pdf
https://webtv.senato.it/webtv_evento?video_evento=240595 .
Licia Barrocu