1.         La prima reazione dei media e dell’opinione pubblica alla notizia delle violenze sui minori da parte degli agenti penitenziari all’Istituto Penale Minorile “Cesare Beccaria” è stata di sconcerto. Com’è possibile? al Beccaria di Milano, noto per le sue sperimentazioni e i suoi progetti di recupero, gli agenti penitenziari bastonano e prendono a calci i ragazzi minorenni ?

            Eppure, tredici agenti della polizia penitenziaria sono finiti in carcere con l’accusa di violenze sui minori detenuti. Altri otto sono stati sospesi dal servizio. Tra questi l’ex comandante Francesco Ferone che avrebbe «agevolato, contribuito, favorito e coperto le condotte violente anche attraverso false relazioni di servizio». Le accuse sono lesioni, maltrattamenti, tortura, falso e una tentata violenza sessuale. Le indagini della magistratura sono in corso e la colpevolezza non si presume. Ma le parziali ammissioni degli agenti imputati e la diffusione delle immagini riprese dalle telecamere di sicurezza impongono di capire come avvengono attualmente gli interventi sui minori in conflitto con la legge.

2.         Nei diciassette Istituti Penali per Minorenni le presenze sono estremamente ridotte, e ciò per merito di una legislazione che viene portata ad esempio a livello europeo. In effetti, alla data del 15 gennaio 2024 erano in carcere soltanto 496 minori e giovani adulti, e meno ancora negli anni precedenti.

            Gli osservatori più attenti però avevano già notato un’inversione di tendenza nel numero degli ingressi e delle misure cautelari. Il fenomeno  coincide con l’abolizione del vecchio Dipartimento per la giustizia minorile e l’istituzione del “Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità” (d.p.c.m. 15 giugno 2015n. 84), competente anche per gli adulti in esecuzione penale esterna. Come conseguenza, l’esperienza rieducativa e l’elaborazione culturale del vecchio dipartimento e dei suoi operatori fu accantonata, accentuando invece l’aspetto punitivo dell’intervento.

3.         Ma la svolta decisiva è avvenuta col decreto legge 2023 n. 123 (cosiddetto decreto Caivano), convertito nella legge 2023 n. 159 (legge di coordinamento). Quei provvedimenti hanno fatto salire a 1.143 gli ingressi e hanno prodotto un aumento del 37,4% degli ingressi per violazione della legge sugli stupefacenti1

            La mancanza di formazione del personale militare e, nel caso del Beccaria, la lunga vacanza della direzione dell’Istituto, hanno fatto il resto. Tutto il potere si è concentrato nelle mani del comandante della custodia e del personale militare da lui dipendente, con l’unico obiettivo di contenere i ragazzi con la paura senza che nulla trapelasse all’esterno. La complicità del personale sanitario e degli educatori dell’Istituto appare evidente.

            Le affermazioni del cappellano del carcere, storica figura di operatore del Beccaria, confermano quell’ipotesi. Per la paura, i ragazzi non si confidavano neppure con lui, che non aveva avuto alcun sentore di ciò che accadeva.

4.         Carla Garlatti, Garante nazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, ha osservato che l’inasprimento del sistema penale minorile non  serve come deterrente ma produce un aumento “vertiginoso” della presenza di minori in carcere. E poiché le strutture ed il personale sono immutati, ogni percorso rieducativo previsto dalla legge viene reso impossibile. Il monito del Capo dello Stato “con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento” è sferzante ma esatto.

                        In tale contesto, i progetti di giustizia riparativa contenuti nella riforma Cartabia (artt. 42 e segg. del dlgs 2022 n.150) appaiono illusori e di impossibile attuazione.

Luigi Fadiga, già giudice minorile