Le nuove generazioni fanno meno sesso? Negli Usa se ne parla molto, ed è quasi un allarme sociale. Stando ad uno studio di monitoraggio dei comportamenti adolescenziali (il Youth Risk Behavior Surveillance System o YRBSS) condotto sin dal 1991 dal CDC, il Center for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti (Mpofu et al. 2023), solo il 30% dellə adolescenti nel 2021 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali, in calo rispetto al 38% del 2019 e in netto calo rispetto a tre decenni fa, quando più della metà dellə adolescenti riferiva di aver fatto sesso. Certo, è anche ragionevole pensare che l’anno dopo la pandemia i dati registrino un brusco calo delle esperienze sessuali dellə giovani, ma è chiaro che la sessualità sta cambiando e il trend degli ultimi 20 anni è confermato da un numero di studi. Imputati principali sono il porno online, con la sua diseducazione sessuale incongrua con la realtà e priva di relazionalità, e l’infantilizzazione dellə zoomer da parte dei loro “genitori elicottero”, che sorvolano costantemente le loro vite, decisi a proteggerli fino alla assoluta certezza dell’avvenuta responsabilizzazione (che in questo modo non avviene mai). Secondo alcunə lə giovani crescono meno velocemente di una volta, ritardando tutte le tappe di adultizzazione e vivendo a casa con i genitori molto più a lungo.

C’è chi suggerisce i risultati dello YRBSS siano dovuti alla domanda del sondaggio, sempre la stessa dal 1991 (“Have you ever had sexual intercourse?“), che non sarebbe in grado di intercettare il nuovo vocabolario della sessualità giovanile, tanto che per moltə adolescenti l’espressione “sexual intercourse”, si riferirebbe specificamente alla penetrazione, lasciando fuori una serie di altri possibili tipi di sesso. Una lettura rassicurante, che suggerirebbe stiamo assistendo al sorgere di una sessualità finalmente meno eteronormativa ed emancipata dai modelli fallocentrici di penetrazione come “rapporto completo”, come “sessualità adulta” unica davvero sana e lecita perché para-procreativa…

In realtà i risultati di un altro studio americano (Herbenick et al. 2021), il National Survey of Sexual Health and Behavior (NSSHB), suggeriscono diversamente.  Comparando le rilevazioni di più di 4.000 partecipanti tra i 14 e i 49 anni tra il 2009 e il 2018, rispetto alla frequenza di vari tipi di rapporti sessuali sia coitali che non (ad es. masturbazione in coppia, sesso orale, etc.), emergeva sia tra lə adultə che tra lə adolescenti di 14-17 anni, una diminuzione di tutte le modalità di sesso in coppia, una probabilità significativamente maggiore di non riferire alcun coito nell’anno precedente e, per lə adolescenti, perfino una diminuzione della masturbazione in solitaria. Tra il 2009 e il 2018, la percentuale di adolescenti che hanno dichiarato di non avere attività sessuali, né da soli né con un partner, è passata dal 28,8% al 44,2% tra i rispondenti “maschi” e dal 49,5% del 2009 al 74% tra le “femmine”. In un’intervista le co-autrici dello studio, Debby Herbenick, e Tsung-chieh Fu della Indiana University, riconoscono una quantità di fenomeni correlati con la diminuzione dell’attività sessuale, che indicano la necessità di pensarla più come un epifenomeno di un insieme di cambiamenti sociali: l’impoverimento diffuso, l’aumento delle attività di gioco online e perfino la diminuzione del consumo di alcolici.

Mi sembra in realtà, guardando a tutti questi elementi, che il nucleo del cambiamento stia nella profonda sensazione di insicurezza che lə giovani provano a tutti i livelli, che lə priva di un prerequisito necessario alla sessualità con l’altrə: la fiducia. Affinché l’eccitazione si faccia spinta realmente relazionale e desiderio dell’altrə, serve, da un lato, l’attrazione (la ricerca e il riconoscimento nell’altrə delle proprie fantasie), e dall’altro l’abbandono alla realtà dell’altrə, la volontà di stare con la sua fisicità caotica, inconoscibile e spaventosa, dal punto di vista emotivo (perché può respingere, deludere, umiliare), sensoriale (perché spinge i sensi del soggetto oltre i limiti abituali) e fisico (perché può contaminare, aggredire, violare). Idealmente, in un circolo virtuoso, l’attrazione predispone all’abbandono, che permette di vivere i sensi come piacere e non come allarme, e le sensazioni di piacere alimentano le fantasie e le vivificano.  Se però la premessa dell’individuo è un senso di insicurezza generalizzato, tenderà ad amplificare la percezione degli aspetti di pericolo: di fronte all’idea di abbandonarsi all’incontro reale con l’altrə, si attiveranno più facilmente emozioni associate a stimoli potenzialmente dannosi, come ansia e perfino disgusto, inibendo l’eccitazione e impedendo il desiderio. Se è vero che questo può trovare una sorta di bilanciamento nel ricorso a fantasie di dominazione dell’altrə, o viceversa di avventura ed esposizione al pericolo, renderà anche il percorso di corteggiamento un sentiero sottile e pieno di squilibri e vicoli ciechi. Nella stessa intervista di cui sopra, Herbenick e Fu sottolineano come, in controtendenza con le altre pratiche, tra i 18 e i 29 anni, specie tra lə studenti universitari, si registrerebbe un aumento significativo del cosiddetto “sesso violento” (tirare i capelli, sculacciare, soffocare o strangolare durante l’atto…) come pratica consensuale richiesta, o che si impara ad apprezzare dopo un’iniziale paura: ma quali sono le implicazioni per la definizione del consenso? Quali sono i margini per le ambivalenze, le violenze subite ma tollerate? Quali implicazioni hanno questi modelli alla “Cinquanta sfumature di…” rispetto ad un altro fenomeno concettualmente diverso, come le dating violence? Le violenze (psicologiche, emotive, fisiche o sessuali) nelle relazioni sentimentali (dal primo appuntamento alla coppia consolidata) risultano in aumento e si connotano spesso come una forma di violenza reciproca, con le ragazze più spesso vittime di violenza sessuale (Temple et al. 2024) e i ragazzi più spesso vittime di violenza fisica (Taylor & Mumford 2016; Mumford et al. 2023). In particolare, lo studio longitudinale di Mumford condotto dal 2013 al 2020 su 1.804 adolescenti, ha evidenziato come si tratti spesso di relazioni caratterizzate da violenza reciproca, con percentuali di vittimizzazione simili tra ragazzi e ragazze, e una più frequente perpetrazione degli abusi fisici da parte delle ragazze rispetto ai ragazzi. Mi chiedo quanto questa violenza femminile si radichi nel senso di insicurezza. Per maschi e femmine, la sessualità è sempre stata uno spazio misterioso e pericoloso per il proprio corpo e il proprio valore, ma questo veniva taciuto e trasfigurato, idealizzato dentro narrazioni deformanti. Questo suo aspetto oscuro, però, sta diventando sempre più evidente nella riflessione collettiva. Mi sembra allora, che quelle che spesso vengono additate come cause (gaming online, porno, etc.), altro non siano che i contesti in cui lə giovani si trovano a cercare sicurezza, ma che in realtà risultano spesso solo dei palliativi e degli spazi di evitamento che peggiorano tale sentimento.

E se in fondo l’identità è il dispositivo fisiologico con cui ci rassicuriamo della nostra esistenza e del nostro valore, anche l’incremento delle nuove categorie di identità sessuale, che certamente riflette un percorso sociale di consapevolezza e liberazione, può essere guardato come una reazione all’insicurezza. Questo è in generale un segnale positivo di apertura, ma non esente da trappole. Costruire il pensiero collettivo della sessualità sulle categorie identitarie è funzionale al discorso etico (fondamentale) sulla tutela dei soggetti deboli, l’emersione delle soggettività invisibilizzate e la prevenzione della violenza, ma rischia di avere l’effetto paradossale di alimentare un senso di chiusura un mondo ostile e di relazioni pericolose, in cui il desiderio non trova la serenità per abbandonarsi. E se, in questa “chiusura”, si alimentasse anche un mito di auto-definizione che non include lo sguardo dell’altro nella costruzione identitaria, il risultato di quell’identità sarebbe parziale e fragile, alimentando nel soggetto il senso di vulnerabilità nella relazione. Manca allora una buona educazione sessuale: uno spazio che permetta di parlare di rispetto e di tolleranza del rifiuto, ma anche di esplorazione dei propri limiti e di avventura, di costruzione della fiducia, di scoperta di sé nell’abbandono all’altrə. Le relazioni che sono solo pericolose non le vuole nessuno in questo mondo già abbastanza pericoloso, dobbiamo tornare a parlare anche di amore. 

Federico Ferrari, psicologo psicoterapeuta, terapeuta di coppia e familiare

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