Regia: Francesca Archibugi
Genere: Drammatico
Tipologia: Separazione, Divorzio, Conflitto familiare, Rapporto adulti – minori
Interpreti: Valeria Golino, Sergio Rubini, Stefano Dionisi, Niccolò Sinni, Francesca
Di Giovanni,Victor Cavallo, Giuseppe Del Bono, Maria Consagra, Paolo Triestino.
Origine: Italia
Anno: 1998
Trama: Roma, quartiere Testaccio. Vacanze natalizie. Siddartha è il figlio quindicenne di Massimo e Silvia, due coniugi separati. Lui è regista sperimentale, lavora saltuariamente ed è sempre in giro. Lei, tossicodipendente, ha una relazione con Roberto, avvocato, con cui ha avuto una seconda figlia, Domitilla. La bambina vive con il padre, ma a Natale si trasferisce dalla madre. Di lei si occupa il fratello maggiore Siddartha, liceale, dai mille interessi, promettente musicista. Il ragazzo tenta in tutti i modi di accudirla riempiendo il vuoto causato dalla problematicità della madre e l’assenza del padre. Sembra una famiglia normale e il tempo trascorre tra una visita in chiesa al presepe, scambio di regali, attesa del nuovo anno. Purtroppo la bimba si punge con una siringa lasciata incautamente incustodita nel bagno dalla madre e il ragazzo è costretto a sostituirsi agli adulti troppo «occupati e distratti». Forse lo fa anche per difendere la madre e tenere nascosto la sua tossicodipendenza. Inizia una vera e propria corsa tra un laboratorio e l’altro per sapere se la piccola è stata contagiata. Un onere troppo grande per un adolescente che riesce comunque a gestire con grande determinazione e mille sotterfugi fino a quando la verità viene fuori. Fra i tre adulti si arriva alla resa dei conti con uno scontro durissimo. Silvia decide di cambiare vita, ma la sorte continua ad essere avversa a quella famiglia che nulla aveva fatto per vivere nella normalità. Almeno così pensa il ragazzo quando di lì a poco la madre muore in un incidente stradale e gli unici punti di riferimento restano Massimo, Roberto e Domitilla. Ora Siddartha si sente veramente solo e vuole vivere la sua vita da solo come sempre è stato.
Recensione: Alcuni critici dicono che L’albero delle pere, anche se coraggioso e, sotto certi aspetti emozionante, non sia uno dei film più riusciti di Francesca Archibugi ad iniziare dall’esplicito riferimento del titolo alla droga, pere. Di certo non ha la forza de Il grande cocomero dove le problematicità della piccola protagonista vengono meglio analizzate, comprese e incanalate verso una risoluzione positiva. Troppa carne a cuocere. Famiglia allargata e disunita, ambiente piccolo borghese, anticonformismo, droga, assillo dei nuovi mezzi di comunicazione. Cionostante, questo mondo alla rovescia, tema alla regista assai caro secondo cui tutto poggia sulle spalle dei minori anziché su quelle normalmente definite più robuste degli adulti, tutto sommato, funziona. Riesce a definire uno dei problemi attualmente più diffuso della società contemporanea: separazione, divorzio, conflitto familiare, rapporto adulti/minori e a far percepire il fallimento di una generazione di genitori immaturi, che non hanno voglia di crescere e un mondo che forse sarà salvato dai ragazzini. L’Archibugi, oltre ad esserne stata regista, ne ha scritto anche la sceneggiatura. Il film è stato presentato alla 55ª Mostra di Venezia nel 1998 vincendo il premio Osella d’oro per la fotografia (Luca Bigazzi) e il premio Mastroianni (Niccolò Senni). «Buddha da magro» come ama definirsi l’adolescente Siddartha, ha voglia di autonomia, di crescere, di riempire la sua solitudine, di essere indispensabile fra tanta indifferenza e superficialità da cui è circondato. È tanto amorevole e protettivo verso le debolezze della madre e l’innocenza di Domitilla quanto distante e accusatorio nei confronti dei due padri. Non a caso, nella sequenza finale, davanti alla scuola dove ad attenderlo ci sono suo padre, Roberto e Domitilla, sceglie di allontanarsi perché i due adulti restino con la piccola sorella e rivolgano, a lei soltanto, tutte le attenzioni e la presenza di cui ha bisogno.
A. C.