Lo scorso aprile, il Comitato ONU per i Diritti dell’Infanzia ha pubblicato un avvertimento sui gravi effetti fisici, psicologici ed emotivi della pandemia di COVID-19 sui bambini, in particolare per quanto concerne quegli Stati in cui il lockdown si è andato a sommare a condizioni già precarie di sussistenza (1). Chi avesse una buona familiarità con le istanze di salute psico-fisica dei bambini compromesse dai cambiamenti climatici potrebbe sorprendersi, scorrendo i punti di questo documento, di ritrovare le medesime preoccupazioni e i medesimi consigli per una maggiore presa in carico da parte delle varie governance nazionali del particolare insieme di rischi che investe in modo speciale i bambini in questi difficili tempi di epidemia.
In questo intervento vediamo più in dettaglio i due piani caratteristici della vulnerabilità dei bambini che ci permettono di collocare l’emergenza da Coronavirus entro l’insieme delle difficoltà che sgorgano a cascata dalle trasformazioni ambientali e climatiche di origine antropica in corso: il piano della vulnerabilità fisiologica e il piano della vulnerabilità sociale.
Condizioni fisiologiche di vulnerabilità. Il ventaglio di situazioni in cui sono i bambini a essere maggiormente esposti a rischi di carattere ambientale è molto ampio, per cui gli effetti più nefasti dei cambiamenti climatici hanno maggiore probabilità di manifestarsi in modi diretti e indiretti, su lunghi e/o brevi periodi, soprattutto in queste fasce di età più giovani (ma non solo: ricordiamo che analoghe problematiche investono facilmente anche donne in gravidanza, anziani, persone con risorse limitate, persone con disabilità, etc.). I bambini, infatti, presentano un insieme di condizioni peculiari tali per cui certe loro caratteristiche fisiologiche e biologiche rendono unica la loro esposizione ambientale e la loro posizione esistenziale e progettuale all’interno di un ambiente soggetto a continui e imprevedibili mutamenti.
Tra queste condizioni abbiamo, innanzitutto, il fatto che tra bambini e adulti esistono delle differenze fisiologiche e di metabolismo basale: i bambini hanno sistemi di termo-regolazione interna immaturi e la loro superficie corporea è maggiore rispetto al peso complessivo, il che unitamente al più basso regime cardiaco li rende più sensibili alle ondate di calore. In secondo luogo, il rapido sviluppo degli organi e degli apparati dei bambini crea delle “finestre di vulnerabilità” durante la gestazione e nella prima infanzia, ossia nei periodi in cui si stanno formando alcuni sistemi biologici fondamentali, come il sistema immunitario e il sistema nervoso centrale. In terzo luogo, i bambini hanno una maggiore esposizione rispetto agli adulti per unità di peso corporeo: respirano più aria, bevono più acqua e mangiano più cibo per unità di peso corporeo, dunque sono maggiormente esposti, per esempio, all’ozono nei giorni di maggiore inquinamento dell’aria o alle malattie batteriche trasportate dall’acqua insalubre. In quarto luogo, i bambini hanno in generale una dieta diversa e dei comportamenti diversi rispetto agli adulti, per cui consumano una proporzione relativamente più grande di frutta e verdura e trascorrono più tempo all’aperto rispetto agli adulti, aumentando le esposizioni sensibili ai cambiamenti climatici, come ai residui di pesticidi nel cibo, agli insetti vettori all’esterno o agli allergeni nell’aria. In quinto luogo, data la giovane età dei bambini, essi sono esposti agli effetti dei cambiamenti climatici per un tempo molto maggiore rispetto a quello degli adulti. Nell’importante pubblicazione dell’UNICEF del 2015 Unless we act now, si afferma che gli impatti dei cambiamenti climatici sono solamente al loro inizio, e quindi potranno soltanto peggiorare lungo la vita dei bambini di oggi e delle generazioni future (2). Infine, la sicurezza e la protezione fisica e psichica dei bambini dipendono da quelle figure adulte che quotidianamente si occupano e si prendono cura di loro, per cui, in situazioni di emergenze ambientali per esempio, possono essere a rischio per problemi di salute, di invalidità o di morte dei caregivers stessi. Questo ci porta direttamente al secondo piano di vulnerabilità.
Condizioni sociali di vulnerabilità. Da un punto di vista generale – un punto di vista che si pone a un livello comunitario e sociale – la dipendenza dei bambini non può essere limitata e circoscritta ai caregivers, ma deve considerarsi estesa a tutta la popolazione adulta, in quanto il benessere, la sicurezza e la salute dei bambini dipendono fortemente dalle istituzioni, dalla governance e dalle decisioni politiche degli adulti, che hanno sempre un impatto a lungo termine nella e sulla società. Ciò fa sì che in molte situazioni di crisi la diversa gravità della situazione generale di uno Stato renda più o meno centrale il tema della tutela del benessere e dei diritti dei più giovani. Abbiamo visto come l’emergenza da COVID-19 negli Stati Europei abbia comportato la chiusura delle scuole e abbia modificato profondamente le reti sociali che circondano i bambini, creando nuove distanze e nuove vicinanze, trasformando la quotidianità e le attività di gioco e di studio, ma creando altresì nuove fragilità affettive e psicologiche. Più in generale, come si vedrà nei prossimi interventi, la traiettoria unidirezionale “top-down” delle decisioni assunte dai governi in situazioni di emergenza ambientale, delle scelte effettuate da gruppi sociali colpiti da crisi e delle strategie di adattamento adottate dalle famiglie, pone spesso i bambini in una eccezionale posizione di rischio fisico-psicologico – come hanno rilevato, per esempio, gli studi sui bambini che hanno avuto esperienza di migrazioni forzate, dislocamento, esperienza diretta di catastrofi climatiche.
È chiaro, quindi, che la dipendenza del “mondo dei bambini” dal “mondo degli adulti” rischia di determinare una bassa capacità adattiva dei bambini – che può essere definita come la capacità resiliente di adattarsi ai potenziali pericoli, di sfruttare le opportunità, di preparare e pianificare, assorbire, recuperare e adattarsi agli eventi avversi – e di renderli soggetti invisibili, inascoltati o persino privati della fiducia e di un senso di autoefficacia rispetto al proprio presente e al proprio futuro. Nel corso della seconda parte degli interventi cercheremo di porre in evidenza la necessità del superamento di una concezione passiva della vulnerabilità sociale, culturale e fisiologica dei bambini, a favore di una rinnovata agency dei soggetti più vulnerabili, capace di aprire la strada a nuove strategie di coping, di adattamento e di resilienza alla sfida comune e collettiva di adattamento ai cambiamenti climatici, fondate sulla parola, sul pensiero, sull’azione e sulla partecipazione attiva delle persone minori di età.
Poste fin qui le basi per comprendere la peculiare criticità della posizione dei bambini entro lo spettro dei rischi connessi ai cambiamenti climatici, nel prossimo intervento ci soffermeremo sulle emergenze ambientali, le quali si presentano come un valido “modello” per visualizzare con un unico sguardo tutta la complessità dei rapporti tra istanze di salute fisica e istanze di salute psichica ed emotiva che i cambiamenti climatici comportano.
(1) Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, COVID-19: Il Comitato ONU per i Diritti dell’Infanzia avverte del grave effetto fisico, emotivo e psicologico della pandemia sui bambini, 17 Aprile 2020. URL: https://unric.org/it/covid-19-il-comitato-onu-per-i-diritti-dellinfanzia-avverte-delgrave-effetto-fisico-emotivo-e-psicologico-della-pandemia-sui-bambini/.
(2) UNICEF, Unless we act now. The impact of climate change on children, 2015. URL: https://www.unicef.org/publications/index_86337.html.