Ogni volta che ti vedo, dentro di me entrano in conflitto due diverse volontà: quella di averti con me ogni giorno, ogni momento, e quella che prova sollievo nel saperti lontana da queste mura; perché il carcere non è certo un luogo in cui crescere un bambino. Ti guardo mentre mi parli attraverso lo schermo di un telefono, o in quei momenti sempre troppo brevi in cui vieni a farmi visita. In entrambi i casi, è come se ci fosse sempre uno schermo tra di noi. E quello schermo l’ho costruito io. Con i miei errori, con la mia superbia, con la mia ingenuità. Ma questa barriera c’è e, anche se addolcita dalle videochiamate, dai giochi riposti nella stanza degli incontri, dagli sguardi discreti di chi cerca di rendere più umani i nostri scambi, continua a costituire un filtro attraverso il quale guardo la tua vita. Come una spettatrice. Come qualcuno che non può far altro che osservare inerte, senza poter prendere decisioni vere, senza poter fare nulla che possa condizionarti, che possa lasciare una qualche impronta. Ogni mattina ti alzi, ti vesti, vai a scuola, incontri amici, fai esperienze. E io raccolgo frammenti della tua vita, istanti in cui tutto è già stato organizzato da altri. Me li faccio bastare, perché è giusto così. Ma c’è qualcosa che desidero dirti. Dietro quello schermo che con i miei sbagli ho creato c’è qualcosa che non è facile spiegare a parole, ma che mi porta a sperare, a desiderare, che quella barriera crolli per sempre, che non ritorni mai più. Anche se so benissimo che, molto probabilmente, niente potrà più essere come prima. Desidero dirti che dietro quello schermo c’è un tempo, molto lontano da te e da noi; un tempo in cui non c’erano cose né giuste né sbagliate; un tempo in cui il giardino profumava di fiori appena raccolti; un tempo in cui i cassetti odoravano di biancheria stirata; in cui si faceva l’albero di Natale e si aspettava in trepidante attesa l’arrivo dei regali; in cui anche le cose fatte di nascosto dai genitori avevano il sapore del perdono e di un paio di braccia sempre pronte ad accoglierti. Mi piacerebbe trovare le parole per farti capire che dietro quello schermo c’è anche uno spazio. Certo, non quello spazio visibile a te e a me. È lo spazio che abita i miei sogni più veri. Quello in cui io e te balliamo in una stanza con la carta da parati rosa e gialla, mentre un mangiadischi della mia infanzia suona le canzoni che ci piacciono e una libreria straripante di bambole ci guarda ammirata. Uno spazio in cui siamo sporche di farina mentre prepariamo un dolce al cioccolato, il tuo preferito, e scegliamo con cura le candeline di tutti i compleanni che non abbiamo potuti festeggiare insieme. Uno spazio in cui il presente e il passato non esistono. Vorrei che dietro quello schermo tu potessi vedere una bambina, quella che io sono stata. Una bambina con sogni e speranze, proprio come lo sei tu. Una bambina golosa di gelato alla crema e di zucchero filato, che amava giocare a saltare la corda e ascoltare la musica. Una bambina che portava dentro di sé anche un dolore ed una rabbia che non riusciva ad esprimere, se non nel modo sbagliato. Vorrei che dietro quello schermo tu potessi vedere poi una ragazza, quella che tu non sei ancora, e che io vorrei cercare in parte di cancellare e di cambiare. Vorrei che vedessi le lacrime ed il rancore, la disperazione di non riuscire ad essere ciò che avrei voluto. Vorrei che tu vedessi gli errori che ho commesso. O forse no. Non lo so. Ma in fondo sì. Vorrei che tu vedessi anche gli errori, per capire quanto può essere facile sbagliarsi. E sbagliare. Perché io mi sono proprio sbagliata. Mi sono persa e non ho permesso ad alcuna persona che mi amasse di farmi vedere una strada diversa da quella che stavo percorrendo. Non ho lasciato che mi venisse tesa una mano, nel momento in cui un semplice gesto avrebbe potuto cambiare la mia esistenza. Di quel tempo, di quello spazio, di quella ragazza, rimpiango tutto. Tutto tranne te. Tu sei stata la salvezza in mezzo a tanti errori, la mia unica vera speranza. Vorrei che tu alzassi ora lo sguardo per vedere cos’è rimasto dietro quello schermo. Una donna. Una donna non più giovane, non più bella, non più sorridente, ma nemmeno più arrabbiata. Una donna consapevole e ormai rassegnata. Una donna che aspetta ogni giorno, ogni nuova telefonata, ogni nuovo incontro, in attesa che quello schermo venga abbattuto una volta per tutte. Vorrei che tu alzassi lo sguardo e che vedessi che dietro quello schermo c’è tua madre.
Monica Betti, insegnante di scuola dell’infanzia