Regia: John Irvin
Genere: Drammatico
Tipologia: Istituzionalizzazione, Disagio giovanile
Interpreti: Jacqueline Bisset, Hannah Taylor-Gordon, Anna Maguire, Emily Pimm, Natalia Tena, Anya Lahir
Origine: Repubblica Ceca, Regno Unito, Italia
Anno: 2005
Trama: “Se fai il cattivo ti mando in collegio”. Quanti di voi avranno sentito questa frase dai propri genitori quando erano bambini? Da sempre questi centri di istruzione per giovani e giovanissimi rappresentano nell’immaginario collettivo un luogo da evitare. Se poi si tratta di un collegio esclusivamente femminile, dove l’educazione è impartita sotto la supervisione della direttrice tirannica Jacqueline Bisset, allora il passo per identificare il tutto come una prigione è brevissimo. Sono queste le premesse da cui parte “L’educazione fisica delle fanciulle”, il nuovo film di John Irvin, tratto dal romanzo omonimo di Frank Wedekind. Siamo ad inizio secolo, l’impero austro-ungarico ormai volge al tramonto, ma l’aristocratica cultura maschilista dell’epoca ancora costringe il gentil sesso ad avere una formazione culturale di tipo servile. E così fin dalla tenera età, molte bambine si trovano costrette a studiare le buone maniere nell’ attesa che il mondo “là fuori” le accolga. Nel frattempo lì dentro nascono amicizie, amori e tradimenti. Una storia sulla perdita dell’innocenza, sulla ciclicità con cui vittime e carnefici si scambiano continuamente ruoli e posizioni. Difficile, se non impossibile, sottrarsi al proprio destino. John Irvin ci accompagna in questi luoghi con piglio sicuro, e adeguato.
Recensione: Le donne sono ancora costrette a rimanere ai margini e a conformarsi alle fantasie maschili dei media popolari, al controllo sociale tramite l’uso della prevaricazione violenta…” è con queste parole che Jonh Irvin descrive il suo ultimo lavoro per il grande schermo presentato al 62° Festival di Venezia nella sezione Fuori Concorso. Una storia piuttosto semplice che sembra ricalcare e accostarsi a temi ricorrenti di certa pornografia settecentesca. ll film è la storia di sei fanciulle sedicenni, ospiti fin dall’infanzia in un lussuoso collegio dove apprendono danza, musica e buone maniere sotto la guida di istruttrici intransigenti e severe. Le regole sono rigide, è vietato ogni contatto con l’esterno. La posta in gioco è il corpo di ballo più prestigioso del paese. Ma dietro l’apparenza regolare ed ordinata di queste vite si nasconde ben altra realtà gelosamente custodita dall’ambigua direttrice e solo vagamente intuita da Vera, la meno ingenua delle fanciulle che pagherà caro il suo desiderio di capire. Il film nel voler trasmettere allo spettatore le ansie e le paure delle protagoniste ballerine si propone nella trama sotto una forma volontariamente incompleta non trovando una soluzione nemmeno nel finale che segna la circolarità di una storia che inizia e termina con la stessa inquadratura fissa del cancello del collegio che si chiude innalzando una barriera verso il mondo esterno e abbracciando le proprie insite atrocità. E di nuovo non c’è soluzione nell’urlo finale della prima ballerina (l’unica che avrà il coraggio di gridare “assassini” alla platea del teatro) che risvegliandosi dalla notte di violenza sessuale subita, scappa ancora una volta verso il collegio, unica, triste possibilità di vita. Questo film sembrerebbe il manifesto della rassegnazione, fisica nel bellissimo e convincente primo piano dei piedi sanguinanti di una ballerina che si allena nei suoi passi, morale nei suicidi e manifesto di rassegnazione politica nella mancanza assoluta di dialogo tra le ragazze e le direttrici del collegio. Un incubo angosciante, fatto di donne caste che finiscono per diventare il desiderio perverso dell’unica triste presenza maschile, fatta eccezione per il giardiniere sordomuto, il medico ubriacone e l’investigatore, unico personaggio positivo, che tenterà invano di smascherare certe atroci verità sulla morte di alcune ragazze del collegio.