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Oggi minori ospiti delle comunità e operatori sociali e di giustizia si confrontano con Gianluigi Lepri sul tema della giustizia riparativa. I ragazzi hanno arricchito il dibattito con la la loro esperienza, con la loro capacità di confrontarsi e di contribuire con riflessioni profonde al tema del danno, di chi viene considerato vittima e, soprattutto, di come riparare.

Emerge come si possa riparare con le azioni, ma anche con i dialoghi, con le parole, quelle che sanno emergere dal vero lavoro introspettivo, di crescita, di pentimento e dal voler ristabilire una forma di relazione, quella che il danno ha lesionato, lasciando una ferita in chi l’ha subito. Non è semplice parlare di danno nè di riparazione. Non è semplice decidere a tavolino quali azioni possano essere di per sè riparative. Sicuramente c’è bisogno di costruire il concetto di riparazione in maniera dialogica e riflessiva all’interno delle comunità, prima fra tutte la scuola, luogo educativo per eccellenza, in cui le persone possono essere coinvolte all’interno di percorsi conoscitivi e partecipativi. Perchè quel che abbiamo capito, soprattutto grazie ai nostri ragazzi, è che la giustizia non si impone, ma si costruisce.

A proposito di attività di mediazione sperimentale nelle scuole viene segnalato un interessante link: servizi.comune.fe.it/9270/noi-parti-offese-solidariet-in-scena

Viene presentato anche un gioco di ruolo, pensato per promuovere tra gli adolescenti comportamenti responsabili, di solidarietà e rispetto della legge, incominciando dal riflettere sulle conseguenze della violenza, realizzato insieme alla Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati, al Teatro dell’Argine e con il contributo della Regione Emilia-Romagna. Attraverso il kit i partecipanti hanno la possibilità di avvicinarsi alla storia di una vittima di un grave reato attraverso tre diversi racconti, tutti incentrati su protagonisti adolescenti e sul punto di vista di una pluralità di personaggi espresso attraverso monologhi teatrali oppure carte personaggio. I temi evocati sono: bullismo maschile e femminile, rischi del web, pedofilia, modelli di genere, violenza familiare, impatto del trauma, solidarietà e responsabilità personale, conoscenza della rete dei servizi e delle associazioni presente sul territorio. Di grande rilevanza, dal punto di vista emotivo e per comprendere il senso profondo della giustizia riparativa, è il racconto di uno dei partecipanti, un carabiniere, centrato sul potenziale significato della riparazione e del perdono. Nel 2011 una pattuglia ferma per un controllo un gruppo di diciottenni. Uno di questi afferra un bastone ed uccide a bastonate uno dei carabinieri che lo aveva fermato. Al processo verrà condannato a vent’anni. La mamma del ragazzo, durante e dopo il processo, contatta la vedova del carabiniere, scrivendo una lunga lettera. Questo è il gesto iniziale che sancisce l’inizio di un percorso che tenta di ricucire una ferita per certi versi insanabile. Da questo incontro nasce un’associazione che si occupa di percorsi di riparazione e tutela delle vittime: amacainoabele. Si sottolinea l’importanza di investire sulla consapevolezza della necessità di interventi non sulla persona ma per la persona, per la sua crescita profonda. Per il benessere di tutta la comunità.
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