Ci sono diritti che non è facile rappresentare e, di conseguenza, rispettare. Sembra banale sancire la sacrosanta possibilità di essere semplicemente ciò che si è ma, se guardiamo i fatti, questo è più complicato di quanto si creda: troppo alti o troppo bassi, troppo grassi o troppo magri, formosi quanto basta o dalle curve non troppo ben assestate. Per un’ampia popolazione è diventato difficile entrare in un negozio ed uscirne con un capo che possa soddisfare i propri desideri e valorizzare la propria fisicità. Se pensiamo, poi, alle persone con disabilità questa fatica risulta amplificata a dismisura. Sono diventate oramai tante le patologie che rendono inaccessibili al fisico i modelli sfoggiati dai manichini in vetrina. Ecco allora che diventa chiaro come uno dei più elementari diritti venga, di fatto, negato. La maggior parte dei negozi non riesce a servire le persone con disabilità che, spesso, devono ricorrere a fornitori specializzati, accontentandosi magari di modelli non alla moda o che, ad ogni buon conto, dimessi e dozzinali, non fanno che evidenziare la loro condizione. E, a prescindere da questo, a venire meno non è solo la possibilità di esercitare una certa autodeterminazione nel vestire e nel sentirsi a proprio agio nel contesto in cui si vive, ma anche l’opportunità di coltivare un senso estetico, un’immagine di sé che vada a completare il proprio percepirsi. A venire a mancare è, perciò, la possibilità di vedere se stessi oltre la propria disabilità: di considerarsi persone che hanno il diritto di non nascondere la propria fisicità, di esercitare desideri ed anche un potere d’acquisto.

A dire il vero, esistono alcune case di moda che stanno cercando di rimettere al centro la persona ed anche la sua volontà di sentirsi a proprio agio con l’abbigliamento che desidera. Non è un campo semplice da realizzare: serve creatività, volontà di mettersi in gioco, di sperimentare ed anche di guardare la realtà con uno sguardo diverso.

Serve la capacità di mettere la moda al servizio della persona e non il contrario. Per troppi anni uomini e donne si sono dovuti adeguare a stereotipi, ad etichette imposte, per non sentirsi a disagio, troppo diversi dalla maggioranza. Ciò che deve essere esaltato in questa epoca è proprio il valore della diversità, in tutte le sue sfumature.

Pensiamo al valore che avrebbe vedere sfilare sulla passerella coloro che, fino ad oggi, sono stati relegati ai margini della società, che non rappresentano, dal punto di vista fisico, lo standard che normalmente vediamo comparire sulle riviste di moda o sui rotocalchi. Che valore avrebbe assumere il coraggio di invertire la rotta?

Non si tratta solo del diritto di vestirsi come si vuole. Si tratta di avere il diritto di rimettere al centro fisicità e bellezza ridefinendone i canoni, consentendo allo stesso tempo di fungere da modelli coloro dei quali abbiamo cercato di esaltare l’interiorità come contraltare all’estetica. Un po’ come a dire che non è importante essere belli fuori se si è belli dentro. Altro stereotipo da sfatare. La bellezza non è un valore oggettivo. Ma è oggettivo che quando una persona si sente a suo agio con il suo corpo, oltre che con la sua mente e la sua anima, è capace di godere di un equilibrio completo capace di restituire alla sua vita dignità e vigore. E’ questo il vero diritto che non può più essere negato.

Monica Betti

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