In materia di servizi socio sanitari e assistenziali il decreto delegato 149/2022 dà attuazione ai commi 23 lettere ff) e gg) e 23 lettera b) della legge delega 206/2021 (già sinteticamente esposti in una precedente relazione), e detta nell’art. 28 minuziose disposizioni modificatrici della legge 1983/184 in tema di affidamento.
Ecco le principali:
– è vietato l’affidamento del minore a parenti o affini di chi ha composto il collegio che ha preso il provvedimento o di chi vi ha operato come consulente tecnico d’ufficio o come assistente sociale;
– è vietato il collocamento del minore in strutture o comunità pubbliche o private dove operino come dirigenti rappresentanti gestori consulenti o collaboratori anche volontari, persone che sono parenti o affini entro il quarto grado o conviventi o coniugi o vi hanno operato come consulente tecnico d’ufficio o assistente sociale di chi ha composto il collegio che ha preso il provvedimento;
– il periodo di presumibile affidamento deve essere rapportabile al complesso degli interventi volti al recupero della famiglia di origine; non può superare i ventiquattro mesi ed è prorogabile dal tribunale a richiesta del pm e nel contraddittorio delle parti;
– l’affidamento al servizio sociale è consentito nel caso di condotta pregiudizievole dei genitori (art. 333 cod. civ.) e gli interventi di sostegno si sono rivelati inefficaci;
– nel provvedimento che dispone l’affidamento devono essere indicati gli atti che devono essere compiuti dal servizio sociale, quelli che possono essere compiuti dal soggetto collocatario, e quelli che possono essere compiuti dai genitori o dal curatore;
– il servizio sociale deve tener conto delle indicazioni dei genitori non decaduti dalla responsabilità genitoriale nonché delle indicazioni del minore in affidamento;
– il nominativo del responsabile dell’affidamento deve essere comunicato dai servizi al tribunale e ai genitori entro quindici giorni dal provvedimento.
L’elencazione, pur sintetizzata, lascia trasparire il timore di favoritismi nella scelta degli affidatari. Ma è un timore possibile solo in chi non conosce gli sforzi necessari per reperire persone disposte all’affidamento né le difficoltà relazionali e pedagogiche che questo comporta. Si tratta, manifestamente, di una damnosa hereditas del caso Bibbiano.
L’art. 28 del decreto attuativo modifica l’art. 4 comma 7 della legge 1983/184, che concerne l’ipotesi del minore i minori inseriti in comunità di tipo familiare o in istituti di assistenza pubblici o privati. A tal proposito dispone che, decorsi dodici mesi dall’inserimento, il giudice verifica in contraddittorio tra le parti l’andamento del programma di assistenza, l’evoluzione delle difficoltà del nucleo familiare di provenienza e l’opportunità di una prosecuzione dell’inserimento. Tenuto conto che un collocamento in comunità o istituto può avvenire anche in caso di irregolarità nella condotta (c.d. misura rieducativa, art. 25 nr 2 rdl 1934 n.1404), la modifica acquista un significato più pregnante.
L’affidamento può essere disposto anche nei procedimenti di separazione dei genitori, dove si verificano con frequenza situazioni di conflittualità molto forte. A queste ipotesi fa riferimento il comma 23 lettera b della legge delega 2021/206, in cui si prevede che in caso di violenza domestica o di genere e qualora un minore si rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori il giudice, sentito personalmente il minore e assunta ogni informazione necessaria accerti con urgenza le cause del rifiuto garantendo che gli eventuali incontri avvengano con l’accompagnamento dei servizi sociali.
A tal fine l’art. 473-bis.6 comma primo prevede che “quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all’ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l’abbreviazione dei termini processuali”. Il comma secondo stabilisce che il giudice “procede allo stesso modo quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.
La competenza generale in materia di affidamento spetta al giudice monocratico della sezione circondariale ai sensi del comma 24 lettera c) della legge delega. Ne resta escluso l’affidamento preadottivo, che rimane di competenza del tribunale distrettuale a composizione mista. Non saranno pochi i problemi e i conflitti che potranno derivare da queste disposizioni.
Luigi Fadiga, già giudice minorile