Regia: François Truffaut
Genere: Drammatico
Tipologia: Diritti dei minori, Disagio giovanile, Il mondo della scuola
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Claire Maurier, Alberte Rémy, Guy Decomble, François Truffaut
Origine: Francia
Anno: 1959
Trama: Antoine è un fanciullo di dodici anni nato fuori dal matrimonio prima che la madre si sposasse. La madre, anche da sposata non rinuncia a nuove relazioni extraconiugali e il marito continuamente le rinfaccia la vita che conduce, di averla sposata e di aver dato il proprio cognome al figlio.
Antoine vive con disagio la situazione familiare, risente della mancanza dell’affetto materno e di una figura maschile di riferimento e, alla scuola, dove si sente incompreso e vive la condizione «di alunno difficile», preferisce la strada e gli amici, le sale cinematografiche e, spesso, marina le lezioni. E come atto di ribellione, comincia a girovagare per Parigi con il suo amico Renè, a spendere soldi e a vivere di piccoli furti. Ormai per la famiglia è diventato solo un peso, la responsabilità genitoriale non è più gestibile e, così, quando viene scoperto il furto della macchina da scrivere nell’ufficio del patrigno, è affidato ad un riformatorio.
L’Istituto regala al ragazzo nuove sofferenze e umiliazioni e, Antoine, approfittando di un rallentamento della sorveglianza, evade.
Non amato e indesiderato a casa, incompreso a scuola, punito e umiliato in riformatorio vuole essere libero, fuggire lontano da tutto e da tutti, da quel mondo ostile che lo circonda. Prima, però, vuole conoscere il mare che non ha mai visto e corre verso la spiaggia. Di fronte a quell’acqua sconfinata si sente per la prima volta felice e assapora il senso della vera libertà, immensa come il mare, ma, nel contempo, avverte anche lo sconcerto profondo dell’ignoto fatto di paura e disillusione.
Recensione: I quattrocento colpi è la storia di un ragazzino di dodici anni vittima della società, incompreso e maltrattato dai genitori, dagli insegnanti e dalla polizia. È il primo lungometraggio (palma d’oro a Cannes per la regia nel 1959) di François Truffaut (Parigi,1932 – Neuilly-sur.Seine, 1984) e l’inizio di quella che fu definita la «Nouvelle Vague», la nuova onda.
Giovanissimo, Truffaut, si avvicinò al Cinema (suo vero, unico e grande sogno) e fu un convinto assertore della «politique des auteurs». Nel suo manifesto del 1958 invitava attori e registi a disertare gli studi e girare all’aperto; sostituire i dialoghi troppo rifiniti e troppo letterari con discorsi più naturali e spontanei, al limite dell’improvvisazione; abolire il divismo.
Il titolo stesso racchiude il senso delle sue teorie e le vicende del film: «i quattrocento colpi» significa fare il diavolo a quattro, scardinare ogni ordine costituito, ribaltare consuetudini e comportamenti.
Orfano di padre, Truffaut, visse fino all’età di otto anni con la nonna allorquando la madre e il padre adottivo lo accolsero molto a malincuore in casa dove visse la sua turbolente adolescenza fatta di inquietudine, trasgressioni, fughe, riformatorio.
Nel film emergono tutti questi tratti biografici inconfondibili dell’infanzia dell’autore e del suo pensiero d’artista e cineasta: il suo mondo interiore tormentato, il desiderio di trasgressione, il conflitto tra adolescenti e adulti e istituzioni, l’amore per la libertà, la paura della solitudine e dell’ignoto, l’idea che la felicità è soltanto un effimero momento della vita, l’angoscia per la costrizione e la restrizione. Costrizione e restrizione ben focalizzati anche a livello spaziale. Antoine, a casa, dorme in un angolo ricavato nel sottoscala, a scuola è spesso in punizione dietro la lavagna, in questura gli viene negata la cella comune, in riformatorio gli viene impedita la visita dell’amico René.
Il dualismo «chiuso-aperto», «restrizione-libertà» è sottolineato con amarezza nel finale del film, allorché il piccolo fuggitivo, si trova di fronte a quell’immensità di acqua marina a lungo sognata.
A. C.