Cinquantotto domande e altrettante risposte, per svelare al mondo i misteri dell’autismo: a interrogarsi è un ragazzo di 13 anni giapponese, Naoki Higashida, autistico.Attraverso il  suo racconto tenta di mostrare ai lettori i particolari meccanismi della sua mente, “una mente che si espone, che prova a spiegare al mondo le proprie “stranezze”, cercando di dare un senso e un “motivo” a quelle azioni e quei comportamenti a volte incomprensibili .

Ecco una piccola  anticipazione :

PERCHÉ PARLI AD ALTA VOCE?
Naoki non riesce a controllare il volume della voce. Troppo alta, o troppo bassa. Si rende conto che viene fuori strana, ma non sa spiegare perché: «Fermarla è quasi impossibile, e se ci provo mi fa male. È come se mi stessi strangolando da solo». Per lui la voce è come per noi il respiro, esce senza che se ne accorga e misura la sua emotività.

PERCHÉ FAI SEMPRE LE STESSE DOMANDE?
A Naoki serve ripeterle di continuo, e il motivo sta nella forma della sua memoria. «Non è una linea, come per voi, ma un ammasso di puntini». Reiterare una domanda a qualcuno per lui è un modo di farsi guidare dal suono di quella domanda all’interno della sua testa e trovare il puntino dove c’è già la risposta.

CAPISCI MEGLIO IL LINGUAGGIO INFANTILE?
No, anzi, Naoki odia quando gli adulti o i coetanei lo trattano come un bambino: «Anch’io cresco ed evolvo ogni giorno che passa». Uno dei suoi bisogni più importanti è che gli altri si rendano conto della sua crescita, perché gli fa sentire che esiste un futuro anche per lui. È per questo che scrive: «Ogni volta che vengo trattato come uno stupido finisco col sentirmi uno schifo».

PERCHÉ CI METTI SECOLI PER RISPONDERE A UNA DOMANDA?
«Voi persone normali parlate a una velocità incredibile, per me è magia». Per Naoki è diverso. Noi vediamo solo un ragazzo che sta in silenzio. Ma dentro di lui, durante l’attesa, c’è una lotta. A volte capisce la domanda, trova la risposta, poi la perde, e comincia a cercarla disperatamente nella testa: «È come annegare in un fiume di parole».

PERCHÉ, QUANDO PARLI CON QUALCUNO, GUARDI DA UN’ALTRA PARTE?
Quando fa così, Naoki si sta in realtà concentrando con tutte le sue forze sulle parole dell’altra persona. «Lo so, le voci non si possono vedere, ma io mi sforzo di ascoltare con tutti i miei sensi». Il suo è un modo per massimizzare l’attenzione sul suono, anche a costo di perdere contatto visivo.

È VERO CHE NON SOPPORTI ESSERE TOCCATO?
Il contatto fisico è un tema molto delicato per chi soffre di autismo: «Quando vengo toccato, considero quel gesto un tentativo di controllare il mio corpo – cosa che non faccio nemmeno io». Anche nel semplice stringere la mano, sa di essere sfuggente. «A volte la lascio subito solo perché qualcos’altro ha catturato la mia attenzione».

PERCHÉ SALTI?
Tutti i comportamenti strani di Naoki hanno una causa, una spiegazione. Per esempio, quando all’improvviso salta, lo fa per reagire fisicamente alle emozioni, siano esse di tristezza o di felicità. Quando arrivano, lo colpiscono come un fulmine e lo paralizzano: «Io salto per sciogliere le corde che legano il mio corpo».

PERCHÉ TI TAPPI LE ORECCHIE?
Il mondo sonoro di un ragazzo autistico è diverso dal nostro. «Io sento rumori di cui non vi accorgete». Lo spaventano, gli fanno perdere l’orientamento, fanno tremare il suolo. Le mani sulle orecchie sono un modo per trovare riparo e protezione. «Mi servono a ricordarmi dove sono».

PERCHÉ NON RIESCI A STARE FERMO UN SECONDO?
Per Naoki, il corpo è come una prigione. Muoversi è cercare una via d’uscita a questa lotta, che per lui sembra non avere pause. Le persone gli dicono di calmarsi, di stare fermo, ma per lui l’unico modo per rilassarsi è l’opposto: essere in continuo movimento.

QUAL È LA COSA PEGGIORE DI ESSERE AUTISTICO?
«Il fatto che non abbiate idea di quanto sia deprimente la mia condizione». Per Naoki l’autismo è un lavoro faticosissimo, e ancora più difficile è sapere di «causare continui problemi». Qui c’è il cuore della sua testimonianza, Naoki sembra isolato e perso, ma è sempre consapevole del mondo intorno a lui: «Non ho paura dei problemi, ma non sopporto l’idea di rendere infelici gli altri».

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