Dimenticare il quaderno a  scuola è una piccola disavventura quotidiana, che  può trasformarsi in  una grande angoscia  se il  maestro è un inflessibile  e severo docente attento solo alla disciplina che non ammette errori e dimenticanze, e tu sei il bambino  che lui spesso rimprovera. Riportare ad una compagno di classe il quaderno che ha dimenticato a scuola può rappresentare  una fortissima  motivazione  ad intraprendere un viaggio difficile  “alla ricerca dell’amico”se ti chiami Amhad, vivi in un paese sperduto dell’Iran e un giorno ti accorgi che quel quaderno è finito per sbaglio nella tua cartella e, per evitare  un’ ingiusta ma certa  punizione, decidi di restituirlo, pur non sapendo esattamente dove abiti.

“Dov’è la casa del mio amico?”(del regista iraniano Abbas Kiarostami, 1989)è un film con un’incredibile ricchezza di metafore e simboli che lo rendono aperto ad innumerevoli interpretazioni: oggi, per la Giornata internazionale dei diritti dell infanzia e dell’adolescenza, proviamo a guardarlo cosi, ad altezza di bambino.

La storia del viaggio di Ahmad per la restituzione del quaderno ci  ricorda che un compito apparentemente piccolo può rappresentare per i bambini, soprattutto quando entrano  in gioco  senso di responsabilità ed intraprendenza, una sfida troppo difficile se, durante il loro cammino,  incontrano, si scontrano o semplicemente, incrociano, adulti disattenti e poco disponibili all’ascolto e alla partecipazione emotiva: è presentata cosi la mamma di Amhad, incapace di leggere la preoccupazione del figlio,  e troppo affaccendata per dargli retta, al punto che gli ordina di fare qualche commissione ed esige da lui che completi i suoi compiti, invece di ascoltare il racconto del bambino, di sostenerlo nella sua scelta e accompagnarlo lungo una strada sconosciuta.( e, dunque, lungo percorso, a volte incerto, della vita); lo è il  il nonno che, vedendolo correre per strada, non gli chiede il motivo di tanta fretta, piuttosto lo chiama, interrompendo la sua corsa , e gli ordina di  comprargli le sigarette;  allo stesso modo la nonna, che ripete all’ infinito una serie di regole di comportamento di tipo formale, come quella di togliersi le scarpe prima di entrare in casa, e i due vecchi incontrati a Posteh, che parlano dell’importanza, per un bambino, del rispetto della tradizione; lo sono i familiari di un altro compagno di Ahmad, incontrato lungo la strada, da loro costretto a trasportare pesantissimi secchi pieni di latte.

Tutti adulti che parlano troppo e ascoltano poco, pretendendo la totale subordinazione  dei bambini alle loro richieste: svolgere compiti, fare commissioni, “rispettare la tradizione” .

E’ una visione dell’infanzia iraniana (ma  non solo) che fa luce su una società in cui  i bambini vagano alla ricerca di qualcuno che li accolga, ed è un atto d’accusa contro l’educazione autoritaria e repressiva impartita da una società arcaica a un’ infanzia cui non è riconosciuto nemmeno il diritto di essere ascoltata.

Celebriamo cosi, con la storia e  le immagini del film “Dov’è la casa del mio amico?” il diritto dei bambini a far ascoltare la loro voce e ad essere ascoltati,e  il loro diritto  ad essere accompagnati, nel loro percorso di crescita, da adulti centrati sui loro bisogni.

Celebriamo, per e con i bambini,  il loro diritto all’amicizia, al viaggio, alla favola e alla poesia :

“Tu andrai in fondo a questo viale

che emergerà oltre l’adolescenza,

poi ti volterai verso il fiore della solitudine.

A due passi dal fiore, ti fermerai

ai piedi della fontana da dove sgorgano i miti della terra…

Tu vedrai un bambino arrampicato in cima a un pino sottile,

desideroso di rapire la covata del nido della luce e gli domanderai: dov’è la dimora dell’Amico?”

Sohrab Sepehri (dal film “Dov’è la casa del mio amico?)”

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