Tra 7 giorni, Gerolamo, chiamato da tutti Gero, compirà 25 anni, anche se pare che a lui non importi quasi nulla. L’unica che stuzzica la sua curiosità è la zia Clotilde, la sola parente a prendersi cura di lui. “Quando Gerolamo aveva un anno, il padre era sparito nel nulla. La storia vera non la conosceva nessuno: si era semplicemente dissolto, se lo era ripreso l’aria, un giorno. […] Ai suoi diciannove anni se ne era andata anche sua madre, forse con un altro uomo, chiamata anche lei dall’aria.” Che legame è quello che unisce zia Clotilde a Gero? Se da una parte lo sprona a crescere e ad essere autonomo, dall’altra lo trattiene a sé, chiamandolo il piccolo e impedendogli di crescere anche a livello emotivo: “Lo chiamava piccolo e il piccolo non bisognava abbandonarlo, non bisognava ferirlo, non c’entrava niente.” La donna sembra giocare con Gero come Il Piccolo Hans, di Freud, giocava con il proprio rocchetto per tenere sotto controllo l’ansia dovuta alla separazione dalla madre e consapevolizzare la certezza che questa sarebbe tornata. Un processo indispensabile per un bambino di 4/5 anni, deleterio se applicato ad un giovane adulto. Già, Gero è un giovane uomo inoccupato, cioè non studia né cerca lavoro. L’unico suo hobby è quello della fotografia, anche se, davanti ad immagini significative, non ha mai con sé la macchina. Eppure, Gero non è una cattiva persona, anzi è generosa, altruista, cerca di provare empatia, di comprendere le azioni altrui, i sentimenti degli amici, tener fede agli impegni presi, ma tante volte non ne è capace. Sarebbe riduttivo dare tutta la colpa al locale di Barracus, un posto malfrequentato, con un proprietario di assai dubbia reputazione. “Da Barracus si accalcavano i ragazzi della sua età. Erano tanti, divisi in gruppi sparuti, sparsi nel locale […]. Qualcuno era vestito male, altri meglio, alcuni ti guardavano storto senza nessun motivo, avvolti da un brusio costante. […] Tutti avevano qualcosa che non andava. Tutti soffrivano di ansie, paure e angosce, nascoste sottopelle. […] Andavano dallo psicologo, facevano corsi di yoga meditativo, bevevano. C’era anche chi faceva finta di niente, ma il rischio era di esplodere […]. Stavano tutti fermi, anche se respiravano. Era un annaspare sul posto.” Il disagio descritto da Zannoni è profondo, è quello che attanaglia gran parte dei giovani d’oggi che non sanno chi sono e cosa fare, assai spesso giudicati in termini negativi dagli adulti di riferimento: se stanno in casa, vengono rimproverati di essere pigri, se conoscono nuove realtà e persone, sono apostrofati come dei perditempo, alla ricerca di giustificazioni per non lavorare e, quando trovano un lavoro, è piuttosto difficile che ottengano l’approvazione dei loro genitori. Le loro amicizie sono spesso definite superficiali, da tastiera e vengono giudicati, dal mondo adulto, incapaci di relazioni profonde e durature. Per non parlare delle aspre critiche al loro pensiero politico… Gero, come molti giovani della sua generazione, sarà, quindi, criticato comunque; tanto vale non cambiare niente della sua esistenza, anche perché, qualunque decisione prenderà, sarà controproducente. Riuscirà Gero a fidarsi di zia Clotilde e a mettersi in gioco? “Sai, Gero, tu non hai odore” gli aveva detto una delle ragazze che aveva frequentato e “quella frase gli si era incisa nel cervello, non se ne era più liberato. […] Senza odore, era come se non ci fosse”, e Gerolamo non si sente “sicuro di nulla, gli pareva di essere fatto di fumo. L’unica cosa reale erano i suoi problemi, tutti intorno a lui, che non poteva toccare né spostare, essendo un uomo di niente.” Ma, quale è l’odore dei tanti Gero che incrociamo quotidianamente per strada?

Ilaria Bignotti Faravelli, psicologa

B. Zannoni, “25” ed. Sellerio, Palermo, 2023.

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