Un nome soave, da fiaba che fa presagire storie rosee, serene e leggere, mondi lontani. Niente di tutto ciò. Una catastrofe, un vuoto immenso, un terribile buio si abbatte sul bimbo di sei anni, stravolgendo in modo indelebile e per sempre la sua acerba esistenza. Stravolto come solo un bimbo di quell’età può esserlo, terrorizzato da un’esperienza che nessuno di noi vorrebbe provare, impaurito, con dolori indicibili, magari con difficoltà di espressione, tipica di quegli anni, e solo, drammaticamente solo suo malgrado, senza poter capire come mai la sua mamma e il suo papa non si trovino vicini in quel letto d’ospedale. Ma c’è la zia, sorella del padre, a tentare di dargli quel conforto, c’è la zia che immobile al suo capezzale si trova di fronte ad un compito gravoso, inaspettato, severo, duro, ovvero comunicare che i suoi genitori, non ci sono più, come anche il suo fratellino, spazzati via in un giorno di festa, un giorno particolarmente soleggiato – a causa dell’ingordigia umana.
E’ facile immaginare il lungo percorso che ha dovuto intraprendere il piccolo: non solo dolori fisici, inaspettati, ma soprattutto morali, dolori dell’anima, per i quali probabilmente il tempo di risoluzione è più lungo, se mai si risolveranno. Un equilibrio precario dunque, delicato e fragile. Un equilibrio su cui lavorano fior di psicologi, psicoanalisti. Lo sarebbe per ognuno di noi, figurarsi per una persona in via di formazione. Le notizie, ovvio, sono piuttosto scarne sul suo decorso. Giustamente. Il riserbo lo circonda per qualche mese, fino ai primi giorni di settembre quando il nonno materno lo riporta in Israele, luogo della famiglia originario.
Di certo il piccolo non aveva bisogno di altri traumi, perché è di trauma che si tratta. Il bimbo è cittadino italiano e ha vissuto a Pavia. Di certo nonostante la sua giovane età avrà potuto intraprendere una realtà fatta di amicizie, abitudini, che sicuramente gli risultano familiari, avrà potuto circondarsi di un ambiente a lui conosciuto, intimo, abituale, che in questo caso gli farebbe da supporto indiscusso. Scrollarsi di dosso tutto questo durante un volo fino a Tel Aviv non è di poco conto. Mi chiedo quali pensieri siano sorti nel nonno autore del rapimento: possibile che non abbia pensato alla gravità della situazione in cui si è trovato il nipote? Possibile che l’impatto traumatico di tutti gli eventi non lo abbia costretto a farsi qualche domanda? Esistono disposizioni, in questo caso del tribunale che, come tali, vanno rispettate: il piccolo era stato affidato dal Tribunale di Torino alla zia paterna, Aya, che vive in provincia di Pavia con il marito e le due figlie che frequentano le stesse scuole di Eitan. Cosa su cui non erano d’accordo i genitori della mamma del piccolo, Tal Peleg. Viene da chiedersi cosa abbia spinto il nonno ad agire dopo poco più di tre mesi senza pensare al repentino cambiamento di vita e abitudini che ha dovuto sopportare Eitan. Mi chiedo: è davvero amore verso il nipote? O è qualcosa altro? Qualcosa di subdolo, di viscido: un fattore serpeggia nel pensiero, ovvero gli interessi economici. Dal disastro del Mottarone emergeranno sicuro risarcimenti record – giustamente -, oltre all’eredità dei bisnonni – periti anch’essi nella tragedia -. Potrebbe essere un interesse economico del nonno a farlo muovere in tale direzione?
“Crescerà da ebreo in Israele” ha affermato, a giustificazione, il nonno. Perché in Italia non si può essere ebrei osservanti? Non si può vivere e professare la propria fede, restando in un ambiente conosciuto e familiare? Appoggiarsi ad ogni sostegno conosciuto che possa rivelarsi utile in questo periodo complesso? Al di là del tipo d’educazione offertagli dallo Stato di Israele, seguendo le disposizioni del giudice italiano, nessuno lo avrebbe privato da un’educazione in tale direzione, pur abitando in Italia, ne tanto meno nessuno lo avrebbe privato degli incontri con la parte della famiglia rimasta in Israele. Un triste destino, comunque. 14 secondi che hanno cambiato la vita. Radicalmente.
Daniela Leban, esperta in bioetica giuridica, docente del Master