Per Korczak sembrava evidente che un minuto, per chi cresce, può essere fatto di promesse, o di tradimenti. È comunque importante. Per rispettare ogni minuto della vita di chi cresce, Korczak mise un limite al dominio degli adulti, e anche al suo. Ogni proposta dell’adulto deve essere discussa e non eseguita ciecamente come se fosse un ordine; e un bambino ha il diritto di vivere il minuto scoprendone i segreti. L’autogestione, il tribunale, i giornali sono strumenti che Korczak ha messo a punto per gestire la vita quotidiana e i suoi conflitti salvaguardando il rispetto di ogni minuto di chi cresce. Il tribunale era composto da bambini e doveva applicare una legge scritta, esplicita, per ogni lamentela, che poteva concernere un bambino o un adulto, o anche Korczak. E quest’ultima caratteristica era vista con molta perplessità dai benefattori dell’orfanatrofio che Korczak dirigeva, avendo alcune convinzioni che metteva alla prova dei fatti. Chi è giudicato, sa giudicare? Chi ha bisogno di rispetto, sa rispettare? Chi deve seguire le regole, le sa applicare? Nelle risposte a domande di questo tipo ci sono le ragioni del tribunale dei ragazzi. È uno dei tanti paradossi del Korczak educatore: prendere sul serio la realtà attraverso una finzione. Esplorare la vita attraverso un gioco di esplorazione di un bosco. Korczak e chi cresceva con lui conclusero la loro vita in un campo di sterminio. Ma chi aveva vinto?
Rodari che se ne intendeva, prendeva in giro gli adulti che, non rispettando il minuto di chi cresce, fanno i dittatori.
Il dittatore
Un punto piccoletto,
superbioso e iracondo,
“Dopo di me – gridava –
Verrà la fine del mondo!”
Le parole protestarono:
“Ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-a-capo”.
Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.
Korczak e Mario Lodi hanno in comune diversi elementi, che sono stati ripresi dalla Pedagogia Istituzionale. Che si propone di rendere il soggetto in cura o in formazione attore del processo che sta vivendo. Si tratta di evidenziare gli scopi espliciti e impliciti dell’istituzione (anche quello che è inespresso influenza le dinamiche tra gli individui) per modificare le regole.
Viene analizzato, insieme ai bambini, il rapporto tra istituito (ciò che è dato) e istituente (ciò che può essere modificato in base agli interessi, i desideri, gli scopi del gruppo). Chi educa non “precede” l’allievo, ma lo segue; non organizza e non seleziona a priori lo spazio esistenziale futuro, ma propone un orizzonte a tutto campo da affrontare insieme. Esistono elementi dello spazio immodificabili, ma esiste anche la possibilità di modificare, organizzare e caratterizzare gli spazi e gli oggetti.
La crescita, minuto per minuto, delle conoscenze in chi è nell’età infantile, ha bisogno di tener conto proprio del soggetto che cresce; chi è vicino al soggetto che cresce e ai suoi minuti, rispettandoli. I genitori, i familiari, un educatore, un maestro, può permettere o favorire una relazione appropriata fra la crescita del soggetto e la crescita delle conoscenze; mentre lo strumento emotivamente caldo ma distante, quale è la grande informazione attraverso – ad esempio – la televisione – , non segue giorno per giorno questa dinamica che è la crescita. Ha bisogno di fare dei conti generali con l’astrattezza, scambiata per fotografia della realtà, dello spettatore medio; oppure ha bisogno di puntare sull’audience, e quindi di tarare la propria informazione sulla base di un aspetto che è statistico e non individualizzato.
Questa, che può apparire una divagazione sul tema, ha delle possibilità di collegarsi alla rappresentazione che i familiari possono avere di sé per quanto riguarda il compito informativo, e quindi per quanto riguarda la fiducia in sé stessi come educatori primari nella crescita, capaci di tenere i contatti avendo presenti le due realtà: del soggetto che cresce e delle conoscenze del mondo. Crediamo di poter dire che in generale i familiari, nei paesi in cui siamo collocati, non hanno una posizione di primo piano. Questo non significa che non compiano un impegno importante per la trasmissione delle informazioni più importanti ed anche fondamentali per la crescita. Ma la loro rappresentazione, individuale e sociale, non è adeguata. Incontrando un maestro come Mario Lodi, trovano un ruolo diverso dal loro, di genitori. Ma interpretato in modo tale da essere un buon compagno di strada, privo di saccenteria e per nulla arrogante. Certamente il carattere ha il suo peso, in questo. Ma, pur considerando che il carattere non è un dato ma un continuo farsi, Mario Lodi mette il carattere al servizio del suo impegno, delle sue intenzioni, del progetto, e non il contrario.
Corriamo certamente due rischi. Il primo è l’enfasi dell’attuale: immergendo la nostra riflessione negli elementi di attualità e di proiezione di un futuro sempre molto legato a quello che stiamo vivendo adesso, noi possiamo anche immaginare che tutto ciò che accade adesso non è mai accaduto prima, e l’intensità dei problemi attuali è unica nella storia di questo pianeta, e soprattutto è unica nella storia dei suoi abitanti. Questo potrebbe essere vero per certi aspetti ma riguarda tutta la realtà della storia, per la quale si può utilizzare l’immagine che non ci si bagna mai nella stessa acqua. Nello stesso tempo l’enfasi dell’attuale può far sì che non si vedano gli elementi, anche di conforto, anche di aiuto, che possono derivare dalle saggezze con cui chi ha affrontato i problemi nel passato può permetterci di sentirci accompagnati, guidati nell’affrontare i problemi attuali.
Il secondo rischio riguarda la possibilità che, estendendo i termini come stress al di là di una precisa attribuzione di specificità tecnica – operazione evitata con grande naturalezza da Mario Lodi -, li si banalizzi, attribuendo un elemento critico a qualsiasi situazione, quale che sia la caratura, il peso, la dinamica. Un minuto di chi cresce, rispettato, è unico e irripetibile. Ma se lo perdiamo, possiamo rimediare col prossimo minuto. Da rispettare.
Andrea Canevaro