Pinocchio e la metamorfosi.

Nel vocabolario Treccani leggiamo: “assemblàggio s. m. [dal fr. assemblage: v. la voce ]. – 1. Nel linguaggio tecn., il complesso di operazioni necessarie per mettere assieme le varie parti, precostituite, di un apparecchio, di un manufatto, e sim. […] Il termine è usato talora in senso traslato, per indicare, in genere, l’operazione o il processo, anche soltanto mentale, con cui si giustappongono, si uniscono e si fondono elementi diversi così da ottenere una composizione sintetica, un risultato globale. 2. Con usi specifici: a. In informatica, insieme di operazioni grazie alle quali si ottiene, da un programma scritto in linguaggio simbolico, un programma in linguaggio macchina. b. In biologia, il processo per cui componenti biologici si uniscono fra di loro per costituire strutture complesse e ordinate (a. dei ribosomi, a. dei fagi al momento della maturazione, ecc.)”.

Pinocchio non sa assemblare. Vive il cambiamento come metamorfosi senza contaminazione. E questo è un guaio per lui. Ma anche per molti che alla parola metamorfosi non reagiscono mentre alla parola contaminazione pensano al peggio. E se fosse il contrario? Se Pinocchio fosse stato contaminato da un asino, magari acquistandone un po’ di pazienza, invece di vivere la metamorfosi ed essere tramutato in ciuco, cosa diremmo? Chi cresce dovrebbe assemblare evitando le metamorfosi.

Per lui sarebbe importante avere una buona “lettura ecosistemica”, condivisa dai diversi attori, e tale da essere percepita con capacità di coglierne il senso. Il cablaggio, in elettrotecnica, telecomunicazioni e informatica, è l’insieme dei collegamenti e impianti fisici (cavi, connettori, permutatori, infrastrutture di supporto) che permettono l’interconnessione tipicamente nell’ambito di un edificio o un gruppo di edifici per la realizzazione di una rete (es. rete elettrica, rete telefonica, rete di telecomunicazioni, rete locale, ultimo miglio, MAN, WAN, ecc.). Un cablaggio non orientato, non circoscritto ai soggetti accreditati, è certamente antieconomico, disperde energie e disorienta. Il gene FoxP2, portato dal cromosoma 7, sarebbe il direttore d’orchestra (l’essere umano che collega armoniosamente laringe, muscoli boccali, polmoni, eccetera, per permettere di realizzare il linguaggio vocale). È un cablaggio frutto dell’evoluzione della corteccia cerebrale e delle connessioni cerebrali. Non collega organi e funzioni non coinvolte (non accreditate) nella produzione del linguaggio vocale. Senza cablaggio, senza linguaggio, evoluzione molto problematica. Il cablaggio delle risorse sociali non deve basarsi su un paradigma lineare. Seguendo l’orientamento progettuale, deve basarsi su un paradigma reticolare, eco sistemico.

Per questo è indispensabile che Pinocchio scopra chi può essere il cavista. Per collegare le conoscenze, quelle di chi ha un compito istituzionale e quelle di chi si rivolge all’istituzione, quelle degli esperti nelle scienze e quelle di chi è esperto nell’arte di sopravvivere; per collegare tutte queste conoscenze ci vuole il cavista. Può essere anche chi vende giornali. Non vende sempre gli stessi giornali quale che sia il cliente. Ascolta e procede. Non ripete ma cambia i suoi gesti in base alla richiesta.

Pinocchio si fa ingannare da chi gli propone una metamorfosi e non un cambiamento. Il cambiamento avviene dopo la fuga dal ventre della balena. In salvo, Pinocchio si addormenta. Al risveglio Pinocchio si accorge di essersi trasformato in un ragazzo in carne e ossa; la capanna è diventata una bella casetta, i suoi vecchi vestiti si sono trasformati in nuovi e in tasca si trova un portamonete d’avorio con un biglietto: la Fata gli restituisce i quaranta soldi e lo ringrazia per il suo buon cuore. Ma i soldi sono diventati quaranta zecchini d’oro. Anche Geppetto si è trasformato: è ritornato l’arzillo vecchietto di prima e sta lavorando una cornice, riprendendo il vecchio mestiere di intagliatore in legno. Sorridendo, gli indica un burattino appoggiato su una sedia: è il vecchio involucro di Pinocchio, che si rivede come una buffa marionetta, e contento di essere diventato un ragazzino perbene. Con le tracce del passato che rimane connesso.

Fino a quel punto la sua vita, come quella di molti esseri umani, era dominata dal pensiero magico. Un feticcio è un oggetto che, in una visione magica, sembra permettere ciò che senza di lui sarebbe impossibile. Un certo allenatore di una squadra di calcio, avendo portato alla vittoria la sua squadra indossando un cappotto pesante, lo portò anche quando venne la stagione calda, avendolo trasformato in feticcio e avendo creato nella sua testa una percezione magica, ovviamente smentita dai fatti.

Ad esempio, che un titolo di studio possa diventare un feticcio, e anche un’ossessione, costituisce un problema anche per gli insegnanti. Crea in loro un pensiero magico. A volte in netto contrasto con la disciplina che insegnano. Ma molti ritengono che il titolo, così come viene confezionato e proposto, sia la chiave che aprirà tutte le porte. È una convinzione alimentata da letture frettolose di dati. Questo può accadere quando una ricerca basata sulle statistiche viene riassunta dicendo che ottengono migliori condizioni di lavoro i laureati rispetto ai non laureati. Se questo riassunto viene trasformato in regola conclusiva, estesa a tutti e applicabile a ciascuno, si forma un sillogismo ingannevole, come quello che porta a dire che, se un noto personaggio di successo fa uso del profumo Pinco Pallino, la conclusione non può che essere che il profumo Pinco Pallino dà il successo. Come il profumo Pinco Pallino cancella i cattivi odori, il titolo-feticcio cancellerebbe le fragilità.

Un essere umano, alla nascita, ha delle necessità. Le manifesta attivamente. Il neurobiologo e neuropsichiatra francese Jean-Didier Vincent[1] ci ricorda che la parola passione ha la stessa derivazione di patire e richiama una sofferenza. Quando un neonato ha fame, ovvero soffre la fame, piange, a suo modo è attivo. Nasce una indispensabile cooperazione. Ci sono delle condizioni che sarebbe bene capire e osservare. Ancora Jean-Didier Vincent ritiene che le passioni siano disordinate, e che sia necessario organizzarle. Quel neonato affamato è attivo e lo manifesta piangendo. Chi lo allatta coopera, e organizza un ritmo, una cadenza di poppate. Non a qualsiasi ora, non come reazione al pianto. Coopera e organizza. Coopera organizzando e organizzandosi col Totem che gli è proprio. In questo modo, quel neonato cresce e diventa un essere umano che sa organizzarsi per essere un essere umano sociale.

Pinocchio non riusciva a fare un passo dopo l’altro, cioè a vivere il cambiamento cercando invece una metamorfosi. Diventato bambino, può vivere la crescita del cambiamento.

Andrea Canevaro, pedagogista, professore emerito dell’Università di Bologna


[1] Cfr. Vincente J.-D. (1988; 1986), Biologia delle passioni, Torino, Einaudi.