Vincitrice della borsa di studio “Sara Cesari”, per la miglior tesi sul tema “Educazione alla morte e sostegno nel dolore della perdita“, messa a disposizione dalle agenzie funebri di Ferrara Amsef e Pazzi, dei corsisti iscritti alla 8° edizione (a.a 2016/2017) del master ”Tutela, diritti e protezione dei minori ” diretto dalla prof.ssa Paola Bastianoni, è Ilaria Perrotta con la tesi: ” Perdere un genitore”.
Affrontare il tema del lutto è una scelta complessa, probabilmente scomoda. Significa sfidare i timori e le angosce connessi al pensiero del più grande dolore che ci può colpire nel corso della vita, la perdita della persona che amiamo. Significa scalfire lo strato protettivo dei silenzi e delle omissioni con cui cerchiamo di difenderci quotidianamente dalla morte, vuol dire andare incontro a quel grado di rimozione che è indispensabile all’uomo per poter guardare al futuro, significa affrontare lo scetticismo di chi, dentro al dolore, pensa che esso sia una cosa propria e che solo chi lo sta attraversando può capire.
Parlare di lutto porta con sé il richiamo a tutto questo: alla morte, al limite, al rischio dell’incomunicabilità, a cieche speranze e a strazianti dolori. È un tema spinoso e difficile, ancor più se il tentativo è quello di affrontarlo da una prospettiva teorica con attenzione alla dimensione esperienziale.
Attraverso questo lavoro ho affrontato il tema del lutto da diverse prospettive. Nella prima parte, ho trattato il lutto facendo riferimento alle teorie disponibili in letteratura. Nella seconda parte mi sono soffermata ad analizzare la relazione genitore-figlio e riflettere su quanto la perdita di una figura di riferimento centrale nello sviluppo di un individuo possa mutare il corso degli eventi; perché la morte di un genitore costituisce uno spartiacque che delimita un confine netto tra un “prima” e un “dopo”. Nella terza parte si è analizzato il ruolo fondamentale della memoria nei processi di elaborazione e nella sede in cui esso si esplica, ovvero il racconto. È attraverso il racconto che è possibile trasformare un evento traumatico, ancora non metabolizzato, in una forma più digeribile.
Infine nella quarta ed ultima parte ho lasciato spazio ai vissuti di chi il dolore lo ha toccato con mano, procedendo ad un’analisi qualitativa secondo il metodo Bruneriano degli Indicatori del sé.
Credo che per ogni operatore impegnato nelle professioni di cura esistono e sono esistite persone che ci raccontano e ci hanno raccontato qualcosa qualcosa di noi stessi.
Anche del nostro dolore.