Come una rosa blu è una meravigliosa poesia di Gerda Klein. Parla con estrema dolcezza di una diversità che non sempre siamo capaci di accogliere. I bambini come Jenny sono moltissimi. Tanti di loro si trovano in comunità, perché non riconosciuti dai genitori alla nascita o perché allontanati da nuclei che non erano in grado di occuparsi di loro. Al termine di un percorso non facile alcuni vengono resi adottabili. Non è semplice trovare famiglie disposte ad accogliere un bambino con disabilità. Scegliere di diventare genitori di una delle tante Jenny è qualcosa di più di accogliere un figlio. È costruire la capacità di amare un essere umano per quello che è. Ma è difficile nella società che stiamo costruendo. Non siamo fatti per l’imprevisto. Non siamo fatti per gli sconvolgimenti, per le cose non pianificate. Non fanno per noi i treni in corsa, i regali a scatola chiusa.

Non si diventa genitori quando nasce un figlio, quando si accoglie un figlio. Si diventa genitori giorno dopo giorno, imparando a conoscersi, odorandosi, mischiando la pelle, inumidendosi il viso di baci, accettando le sfide, tenendosi stretti e poi imparando a staccarsi.

E quando pensiamo che “questo figlio è proprio come lo volevo io” o stiamo mentendo o stiamo sbagliando. Ogni vita nasce per se stessa, per andare più lontano, per cercare il suo senso e la sua serenità. Occorre pensarci quando investiamo i figli della responsabilità di esaudire le nostre aspettative e di farci felici.

Jenny ascolta una musica diversa, che noi non possiamo sentire. Ma possiamo farci guidare, non per diventare i genitori che vogliamo essere, ma per diventare i genitori di cui lei ha bisogno.

Leggiamo insieme questa poesia che è un inno alla vita e all’amore più profondo.

Jenny è una bambina…
un’adorabile bambina.
I suoi occhi sono nocciola,
i capelli un po’ più scuri.
Se i capelli
le cadono sugli occhi,
li scosta.
Ma la mano
non va diritta
alla fronte.
Prima si curva come un fiore
al primo schiudersi
dei petali.
Poi
scosta
i capelli dagli occhi.
Jenny è diversa.
Diversa?
Sì, diversa da quasi tutte le altre.
Ma chi ha detto che tutte le persone
debbano essere uguali?
Pensare,
agire,
apparire uguali?
Per me, Jenny è come una rosa blu.
Una rosa blu?
Avete mai visto una rosa blu?
Ci sono rose bianche,
e rose rosa,
e rose gialle,
e un’infinità di rose rosse.
Ma blu?
Un giardiniere sarebbe felice
di avere una rosa blu.
La gente verrebbe da lontano per vederla.
Sarebbe rara,
diversa, bella.
Anche Jenny è diversa.
Ecco perché, in qualche modo,
è come una rosa blu.
Quando Jenny giunse a casa
dalla clinica – una bambolina rosa,
morbida, paffuta –
piangeva spesso.
Più spesso degli altri bambini.
Perché?
Chissà, forse
vedeva ombre diverse
che la spaventavano.
Forse udiva suoni
a lei sconosciuti.
Quando fu più grandicella,
stava sempre accanto alla mamma
e le si attaccava alla gonna.
Sapete,
quando un gattino perde la coda
l’udito gli si fa più acuto,
dicono.
E’ vero che la coda
aiuta un gattino a correre più veloce.
Ma un gatto senza coda
ci sente meglio
e avverte i passi che s’avvicinano
molto prima degli altri micini.
Ma alcuni non sanno
che un gatto simile
può avere un udito tanto acuto;
vedono solo
che gli manca la coda.
Certi bambini sono crudeli
e guardano fisso
e prendono in giro:
“Gatto senza coda!”
A volte Jenny
correva dalla mamma
e le si aggrappava stretta;
così, senza ragione.
O almeno senza una ragione
chiara per noi.
Pian piano capimmo
che il mondo di Jenny
era un poco diverso,
un mondo
in un certo senso a noi ignoto.
Cominciammo a pensare
che vivesse in un mondo
nel quale
potevamo non sentirci a nostro agio.
Entrare in quel mondo
è un po’ come andare
su un altro pianeta.
E’ come se Jenny
vivesse dietro uno schermo,
uno schermo
che non riusciamo a vedere.
Forse ha colori magnifici.
Forse quei colori
a volte distraggono Jenny
dal prestare attenzione
a quel che le diciamo.
O forse ascolta una musica
che noi non possiamo sentire.
I pesci hanno un linguaggio
e una musica tutta loro
portata dalle onde,
dicono.
Una musica
che noi non possiamo udire
perché non abbiamo orecchie abbastanza fini.
Sì, forse Jenny ode suoni che noi non udiamo.
Forse è per questo che a volte
balza in piedi
e intreccia misteriosi passi di
danza.
Jenny è come un uccellino,
un uccello dalle ali molto corte,
mi capita di pensare.
Per un uccello così, volare è difficile:
ci vuole più forza, più fatica, più tempo.
Per un uccello con le ali normali
volare è una cosa scontata.
Ma un uccellino con le ali corte
deve impegnarsi molto per imparare.
Deve essere più bravo degli altri.
E’ per questo che dobbiamo capire
che conquista è per Jenny imparare.
Non importa cosa.
Ma c’è un’altra Jenny,
una Jenny che,
in un triste pomeriggio d’inverno,
siede in poltrona
e si dondola,
con la sua bambola tra le braccia.
E’ molto turbata.
E’ confusa.
Lentamente mi dice:
“Mamma,
Sally ha detto che sono ritardata.
Che vuol dire, mamma?
Ritardata?
I bambini dicono ritardata,
e ridono.
Perché ridono, mamma?”
Ci sono molte cose
che Jenny non capisce.
E ci sono molte cose di Jenny
che gli altri non capiscono:
che Jenny è come un gattino senza coda;
che Jenny sente una musica diversa;
che Jenny ha le ali corte;
che Jenny deve essere protetta.
Jenny è come una rosa blu,
delicata e bellissima.
Ma le rose blu
sono così rare
che ne sappiamo poco, troppo poco.
Sappiamo solo che hanno bisogno
d’essere curate di più.
Di essere amate di più.
Gerda Klein

Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia