Regia: Davis Guggenheim
Genere: Documentario
Tipologia: Disagio minorile, Discriminazione, Diritti umani
Interpreti: Malala Yousafzai, Ziauddin Yousafzai, Toor Pekai Yousafzai, Khushal
Yousafzai, Atal Yousafzai
Origine: Usa
Anno: 2015
Trama: Malala Yousafzai ha undici anni. Vive in Pakistan nella valle dello Swat. È poco più di una bambina e le piace ridere, scherzare, giocare, ascoltare la musica, guardare la televisione, passeggiare, fare shopping e soprattutto andare a scuola e studiare. Ma tutto ciò non piace all’ estremismo politico-religioso dei talebani. Incomincia, così, a scrivere, sotto pseudonimo, un blog per la BBC in cui focalizza quegli insulsi divieti imposti dal regime e si rende artefice (seguendo l’esempio del padre Ziauddin, insegnante e attivista sociale) della lotta per la libertà e dell’istruzione femminile consapevole dell’importanza che la cultura può avere nel modificare inveterati comportamenti e ideologie nocive alla democrazia e ai diritti umani. Non può mancare la vendetta talebana e arriva puntuale. Nell’ ottobre del 2012, la ormai quindicenne Malala cade vittima di un attentato mentre torna a casa da scuola. Tre proiettili la colpiscono mortalmente la testa. Deve subire, a Birmingam, nel Regno Unito, un delicatissimo intervento al cervello che le viene, in parte ricostruito. L’orribile attentato si ritorce, come sempre avviene nella Storia, per gli episodi di efferati soprusi, contro gli attentatori. Dopo la guarigione, la ragazza continua con ancora più determinazione la sua battaglia per i diritti femminili e, insieme al padre crea il Fondo Malala, una organizzazione no-profit che si batte, in tutto il mondo, per il diritto delle ragazze all ‘ istruzione. Ovunque si riconosce il suo impegno e il suo coraggio. La sua storia, come ella stessa dirà nel libro scritto in collaborazione con Christina Lambel Io sono Malala, ispiratore del film, diventerà «la storia di 61 milioni di bambini che non possono ottenere l’educazione… voglio che sia parte della campagna che conduco per dare a ogni ragazzo e ragazza il diritto di andare a scuola. È il loro diritto fondamentale …Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno». Nel 2014, riceve, più giovane vincitrice di tutti i tempi, a solo diciassette anni, il premio Nobel per la pace con la seguente motivazione: «per la sua lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione». In un applauditissimo discorso afferma: «Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo». Malala vive attualmente a Birmingam insieme alla famiglia. Continua i suoi studi presso la Edgbaston High School for Girls e il suo impegno, in tutto il mondo, con la Fondazione Malala incontrando capi di Stato (Obama, Elisabetta II) e studenti (Kenia) e perorando, in Nigeria, la causa delle ragazze rapite perché fossero rilasciate.
Recensione: Il bellissimo film-documentario He named me Malala di David Guggenheim è un utile e, oggi più che mai necessario, contributo alla conoscenza della storia di Malala, ma soprattutto del suo mondo islamico. Esso pone un chiaro discrimine tra quello che viene definito terrorismo politico-religioso e la normale e pacifica vita di popoli che hanno un credo diverso senza, però, mettere in discussione, in suo nome, i valori fondamentali dell’essere umano, la democrazia e la pace universale. Chiarisce, insomma, che la vera fede islamica, se vissuta, così come la vive la famiglia Yousafzai, seguendo il codice di vita pashtun e così come la vivono numerosissime altre famiglie musulmane, non può che insegnare uguaglianza, rispetto, sincerità, convivenza civile. Il film è un fluido mix di splendide animazioni, spontanee interviste di tutti gli appartenenti alla famiglia: Malala, padre, madre, fratelli ( registrate nella loro quotidianità e rese, perciò, ancora più genuine), documenti televisivi originali e opportune riprese storico-geografiche del Pakistan. Ha un inizio da sogno. Attraverso i vividi e delicati disegni animati lo spettatore si trova immerso in un mondo quasi irreale, da fiaba, e assiste alla nascita di una bambina a cui viene dato un nome: Malala. Malala! un nome, una predestinazione, una storia che si ripete, una storia contro, una guerra senza armi in un paese in cui combattere, mettersi contro non può che significare persecuzione, prigione, morte. Le armi che Malala usa, però, non sono proiettili, ma bambini, come ella è, ed insegnanti, libri, penne, scuola, cultura. Del resto, da sempre, i più retrogradi e sanguinari dittatori, nel mondo, più che le armi, hanno temuto l’istruzione quale unica vera forza capace di far comprendere, contestare, combattere, cambiare. Già altri film e documentari, in contesti più o meno simili, hanno visto protagonisti dei bambini e sottolineato il loro desiderio di scuola, la consapevolezza che solo attraverso questa istituzione si può modificare e migliorare il proprio destino: Dov’è la casa del mio amico (Abbas Kiarostami, Iran, 1987), Non uno di meno (Zhang Yimou, Cina,1999), Vado a scuola Pascal Plisson, Kenia – Marocco – Patagonia – India, 2013). Se essi hanno evidenziato, in quei paesi, la negazione e le difficoltà di questo diritto mettendo in discussione e facendo scricchiolare culture, credi e comportamenti, Malala prorompe più forte di un’atomica e lascia ovunque tracce profonde. Malala sin da piccolissima assisteva, in casa, ai discorsi del padre e dei suoi amici sulla politica e sui diritti fondamentali assimilandoli inconsapevolmente. Da bambina, poi, ha sempre vissuto nella scuola che suo padre ha costruito e dove era contemporaneamente uomo delle pulizie, maestro, preside. Lì ha respirato quel profondo desiderio di sapere, ha imparato ad amarla e difenderla e ha capito che non si può essere veramente liberi e indipendenti se non si ha studiato. «Grazie alla sua istruzione», dice Guggenheim, dopo la lavorazione del film, « Malala ha trovato la propria voce, e ha poi preso la decisione di usarla per quello in cui crede. Se qualcun altro venisse ispirato a parlare a gran voce vedendo questo film, sarebbe qualcosa di speciale». Con suo padre Ziauddin (divenuto, nel frattempo, diplomatico presso il Consolato di Birmingam per la promozione culturale del Pakistan e Consulente speciale per l’Istruzione Globale all’Onu), Malala, dopo l’attentato e la guarigione, organizza il Fund Malala, promotore dell’istruzione femminile; scrive il libro Io Sono Malala con Christina Lamb diventato presto un best-seller; riceve il Premio Nobel per la Pace unitamente all’attivista indiano Kailash Satyarthi, come lei promotore della salvaguardia e dei diritti dei bambini; tiene un applauditissimo discorso alle Nazioni Unite; incontra influenti capi di Stato; intraprende viaggi in tutto il mondo per difendere i diritti dei bambini e convincere i governanti a costruire scuole e dare la possibilità, soprattutto alle ragazze, di avere una più completa ed adeguata istruzione; fa sentire la sua voce per il rilascio delle ragazze rapite in Nigeria da Boko Haram; auspica aiuto e accoglienza per i rifugiati Siriani. Purtroppo, ancora oggi, in molti Paesi dell’Africa e dell’Asia, sopravvivono barbariche e laceranti usanze che privano le donne, ancora fanciulle, di ogni dignità umana. Si pensi alla loro vendita o al rapimento quale unico requisito al matrimonio. O all’ infibulazione che sta diffondendosi anche in Europa tra gli immigrati che ritengono giusto praticarla. O ancora allo stupro, perpetrato ai danni di innocenti e indifese bambine, anche di due anni, come avviene a Nuova Delhi, nonostante si stia diffondendo nell’opinione pubblica e tra i governanti l’idea di impedirlo e perseguirlo. Se le vicende e l’impegno di questa ragazza, può servire a tutti di acquisire consapevolezza e desiderio di cambiamento, dare coscienza e dignità alle donne e, attraverso l’istruzione ad esse dovuta, creare una nuova classe dirigente costruttrice di un mondo più civile e pacifico fondato sul rispetto e il riconoscimento reciproco, siano He named me Malala e altri film simili i benvenuti.
A. C.