Regia: Stephen Hopkins
Genere: Drammatico
Tipologia: Discriminazione, Sport
Interpreti: Stephan James, William Hurt, Jeremy Irons, Jason Sudeikis, Carice van Houten
Origine: Canada, Germania, Francia
Anno: 2016
Trama: La storia romanzata di Jesse Owens intrecciata con gli eventi e la vita nel mondo tedesco e americano degli anni Trenta. Storia eroica di un grande campione. Un bel film che emoziona anche se non esce dal politicamente corretto. Un film dove la produzione è canadese, francese, tedesca… un caso?
Recensione: “Quando immaginavo questa scena volevo mostrare le sensazioni di un afroamericano di 22 anni che entra in un’arena ostile e quasi gladiatoria come lo stadio Olimpico, con 120mila persone tra cui moltissimi nazisti, fascisti e razzisti”, spiega Stephen Hopkins, regista australiano di Race (razza, gara). Nato nel 1913 in Alabama da una famiglia molto povera, James Cleveland Owens divenne il simbolo della emancipazione, della lotta contro ogni pregiudizio, ogni discriminazione, ma anche della possibilità di chiunque di poter lottare in quello in cui crede, affermando il diritto alla libertà e all’uguaglianza della diversità contro ogni integralismo. Quei quattro ori di J.C. non furono soltanto uno schiaffo al nazismo ma anche alla segregazione razziale nel suo paese, negli USA. Infatti, secondo le memorie di Owens, Hitler lo salutò mentre il presidente Rooselvelt cancellò un appuntamento con lui e certo non furono migliori le accoglienze ricevute da tutti i suoi connazionali. Il primo riconoscimento gli arrivò solo nel 1976 dal presidente Ford. Le Olimpiadi del 1936 sono passate alla storia per le vittorie di Jesse Owens, ma non dobbiamo dimenticare Leni Reifensthal la regista a cui Hitler affidò la realizzazione del film sui Giochi che, pur essendo nato come film propagandistico, restò testimonianza di quanto il cinema, le immagini, possano travalicare gli intenti in nome della creatività e della realtà. Il film (e la storia che racconta) dimostra che nemmeno lo sport può essere estraneo alle contaminazioni politiche, pseudoculturali dei poteri economici e le Olimpiadi di Monaco restano nella memoria un sinistro quanto tragico monito. Ma nonostante ciò la vicenda di Jesse Owens attesta una semplice verità indistruttibile: sul campo come sul palcoscenico non si può mentire e se sei un campione, se sei un grande, lo sei alla faccia di ogni stupidità. “In pista non esiste bianco o nero ma solo veloci o lenti, non conta nient’altro né il colore né il denaro e neanche l’odio”.
M. P.