Regia: Peter Weir
Genere: Drammatico
Tipologia: Diventare grandi, Il mondo della scuola, Giovani
Interpreti: Robin Williams, Robert Sean Leonard, Ethan Hawke, Josh Charles
Origine: USA
Anno: 1989
Trama: L’Accademia Welton è una scuola d’elite, bacchettona e conformista. Il prof. Keating vi insegna materie umanistiche e cerca di infondere negli studenti, con metodi innovativi e anticonformisti, non solo l’amore per queste materie, ma anche e soprattutto di sviluppare, in essi, uno spirito autonomo e creativo e coltivare le propie vocazioni. Un gruppo di allievi, affascinati dai suoi insegnamenti, lo seguono con particolare interesse e fondano una società segreta, la Società dei poeti estinti. Capeggia il gruppo Neil Perry, appassionato di teatro, ma succube del padre che ne vuole fare un affermato professionista e dirigente. I sette si riuniscono di notte in una grotta per scambiarsi opinioni e recitare versi. Ma i metodi del professor Keating e il comportamento dei suoi allievi si scontrano con il rigido conformismo da sempre imperante a Welton. Dopo il successo riportato nella recita scolastica, osteggiata dal padre, Neil, apprende che i suoi, a causa della sua disubbidienza, lo allontaneranno dal college e, nella casa paterna, si toglie la vita. Il suicidio diventa un’onta insopportabile per il buon nome di Welton e il preside Nolan conduce una severa inchiesta. Cameron, temendo l’espulsione, denuncia la Società e lo stesso fa Todd. Keating, è ritenuto il vero responsabile ed è costretto a lasciare l’insegnamento sostituito dallo stesso preside per ristabilire l’ordine e la rispettabilità della scuola. Ma quando rientra nella sua classe per riprendere i suoi libri, gli affiliati alla Società, compresi quelli costretti ad accusarlo, salgono sui banchi e declamano, in forma di saluto, i versi di O capitano! Mio capitano!
Recensione: Il film ha vinto, nel 1989, l’oscar come migliore sceneggiatura originale ed ha ottenuto tre nomination (miglior film, migliore regia, migliore attore). Ha conseguito anche, l’anno successivo, il Nastro d’argento e il David di Donatello come miglior film straniero e quattro nomination al Golden Globes. Peter Weir lo ha ambientato in una scuola prestigiosa dell’alta borghesia statunitense, l’Accademia Welton, alla fine degli anni Cinquanta. È una scuola rigida e formale in linea con la cultura conformista dell’epoca, fondata sulla tradizione, l’onore, la disciplina, l’eccellenza. Sono gli anni caratterizzati, in politica estera, dalla guerra fredda e dalla lotta a ogni forma di comunismo e, all’interno, da una forte espansione economica e di benessere, da una ottusa, reiterata e persistente segregazione razziale e da un nascente e sempre più robusto movimento dei diritti civili. A Welton arriva Keating, un professore di lettere, tutt’altro che conformista. Egli adotta con i suoi allievi metodi innovativi. Irrompe nell’aula come un uragano e spazza via quell’atmosfera artefatta, quella disciplina rigida, quelle lezioni pedanti legati ad una cultura piatta e arida, basata più sulla forma che sulla sostanza. Invita i suoi alunni a vedere il mondo da più angolazioni. Dice loro di osare, cambiare, cercare nuove strade, di rendere straordinaria la loro vita, cogliere l’attimo finché si è in vita e diventare, da morti, fertile concime per le future generazioni. Sognare, osare, seguire le proprie inclinazioni, essere se stessi. Un programma di vita che artisti e poeti estinti hanno lasciato in eredità nei loro lavori al di là della forma, al di là della metrica. Gli studenti ci credono, lo seguono con il loro entusiasmo giovanile, fondano la Società dei poeti estinti così come aveva fatto da studente il loro professore. Vivono seguendo questo spirito a tal punto che il giovane Neil, appassionato di teatro con il sogno di diventare attore, osteggiato dal padre che vede in lui un futuro dirigente e una carriera ambiziosa nell’alta borghesia, si toglie la vita. Un’onta troppo grande per la rinomata e aristocratica Welton. Keating viene accusato di plagio per i suoi metodi anticonformisti e responsabile della morte del ragazzo. È costretto dal preside a lasciare la scuola, ma il suo insegnamento non è caduto nel il vuoto. Quando entra nell’aula per riprendere i suoi libri, Todd, uno dei ragazzi costretto a denunciarlo, sale sul banco e seguito da tutti gli altri, lo saluta come ormai hanno imparato a chiamarlo, O capitano! Mio capitano! È il titolo della poesia che il poeta statunitense Walt Whitman ha dedicato al presidente Abramo Lincoln, eroe della guerra di secessione americana e vittima di un agguato nel 1864. Lincoln è l’indomito capitano che conduce la «nave» (gli Stati Uniti) verso orizzonti di pace, democrazia, solidarietà e integrazione. La rotta era giusta. L’approdo, a distanza di quasi cento anni, però, si è rivelato, purtroppo, molto più difficoltoso, complesso. Non ha rimosso totalmente i problemi per cui la «nave» aveva intrapreso il tormentato e vittorioso viaggio.
A. C.