Intervista alla dott.ssa M.T Pedrocco Biancardi, psicoterapeuta e docente nel Master “Tutela, diritti e protezione dei minori” sulla situazione del piccolo Achille, il figlio di Martina Levato e Alex Boettcher.
“Dott.ssa Pedrocco , sul destino del piccolo Achille, nato il 15 agosto 2015, sono in corso battaglie giudiziarie prevedibilmente di lunga durata, mentre il piccolo resta collocato in una sorta di limbo provvisorio, con visite intermittenti a cadenza variabile della donna che l’ha generato.Al di là della lunga storia – prima criminale e poi giudiziaria -, e tralasciando riflessioni sull’ atteggiamento della coppia di complicità o se – come accade spesso in questi casi – o di conflitto della reciproca attribuzione di responsabilità e presumibilmente da subito, di conseguenza, nel conflitto riguardo la potestà genitoriale, le chiediamo: è possibile prevedere quali potranno essere la qualità, lo stile, l’attitudine genitoriale di una persona e/o di una coppia, prima che sia messa alla prova dell’esperienza concreta?”
“Credo sia proprio questo il problema di fondo di tutta questa vicenda, e di vicende simili ad essa, e cioè : esistono fatti, scelte, abitudini, esperienze del suo/loro passato (dei singoli e della coppia) che possano essere considerate predittive o almeno presuntive di adeguatezza/inadeguatezza genitoriale? In quale ottica questi dati devono essere interpretati?
Credo che la risposta a quest’ultima domanda sia inequivocabile, perché viene dalla legge: l’interesse preminente è da assicurare al bambino. (Convenzione sui diritti dell’infanzia, CRC, art.3). Tutto il resto viene dopo: l’affetto dei genitori, la loro sofferenza per un eventuale distacco, il pericolo che un genitore fragile si scompensi, la cosiddetta legge del sangue …..
Si tratta allora di capire quali possano essere gli interessi prioritari di un neonato e quali le condizioni genitoriali che possono meglio assicurargliene l’adempimento.
Un articolo pubblicato sul sito “Oggi scienza” il 19 settembre 2015 di Valentina Murelli spiega con estrema chiarezza e precisione, riferendo le parole degli esperti (avvocato, assistente sociale, psicologo), le condizioni che, per legge, impongono, prevedono o suggeriscono, a seconda delle circostanze e della gravità, l’allontanamento di un bambino dai genitori: si tratta di condizioni di precarietà psico-fisico-sociale-economica, di trascuratezza fisica e/o affettiva, di vicende o scelte esistenziali incompatibili con uno stile di vita protettivo e sereno, di gravi conflitti di coppia, di violenza emotiva, assistita o fisica, di insufficienza mentale grave, di malattie psichiatriche non curate; condizioni che già hanno provocato e stanno provocando nel bambino segnali di disagi riscontrati da adulti consapevoli, come pediatra, medico di famiglia, educatore di Nido o di scuola dell’infanzia, insegnante, condizioni negative non riconosciute dai genitori e quindi non modificabili.
Ma non è questo il caso di Achille: su di lui non è stato possibile riscontrare segnali di maltrattamento, né fisico né emotivo, perché il problema circa la qualità dell’idoneità genitoriale che avrebbe incontrato nel venire al mondo non era stato ancora messo alla prova; tuttavia la situazione dei suoi procreatori era talmente inquietante da imporre una seria e approfondita valutazione.
Le caratteristiche dei comportamenti che hanno portato all’arresto di entrambi non sembra corrispondano a un acting out, né sembra siano l’esito di conflitti antecedenti, magari trascinati per anni, fino all’insopportabilità, ma piuttosto l’esito di un’elaborata e lucida ideazione di coppia, di una meticolosa e accorta progettazione, di esecuzioni puntuali e precise, compiute da soggetti dal comportamento socialmente ineccepibile, appartenenti a una classe sociale e a un contesto culturale alti.
Sembra che nulla potesse far sospettare la gravità dei loro comportamenti aggressivi, lucidamente e a lungo pensati, condivisi, progettati ed eseguiti con precisione scientifica, anche nel corso della gravidanza. E sembra che nessuno dei due abbia manifestato, una volta emersi, segnali di ripensamento, pentimento, acquisita consapevolezza dei danni gravi e irreversibili provocati a persone innocenti e ignare.
Ma a questo punto è più di tutto necessario mettere a fuoco la situazione di Achille, capire se non possa correre il rischio di diventare l’ennesima vittima, ancor più innocente e ignara, di questa coppia, con l’inconsapevole complicità del Tribunale.
La legge garantisce ai figli il diritto di mantenere il rapporto con i genitori, salvo casi di evidente e grave trascuratezza, maltrattamento, abuso. Achille non ha subito nulla di tutto questo, quindi l’allontanamento avrebbe dovuto essere basato su criteri di previsione, prevenzione che, a quanto pare, l’Autorità giudiziaria non si è sentita in grado di assumere. Sembra infatti che Achille abbia incontrato la mamma un’ora al giorno durante il suo (della mamma) ricovero ospedaliero e una volta alla settimana dopo il suo (della mamma) rientro in carcere.
Oggi il bambino ha due mesi e mezzo, inizia a prendere coscienza del mondo che lo circonda, questi trasferimenti e questi incontri iniziano a diventare un’abitudine, a far parte delle emozioni/sensazioni che contribuiscono al suo sviluppo, il volto di Martina inizierà a diventare una figura nota, fonte di emozioni piacevoli, può instaurarsi un legame, con quali prospettive? Quali prospettive prevede il tribunale per questo legame? Tre anni di carcere per Achille poi la “libertà” (o l’abbandono, o l’ingresso in una nuova famiglia o la vita con i nonni non immortali, o che altro?)
Che genitori -pensano i giudici e i loro consulenti tecnici – potrebbero essere Martina e Alex, dato e non concesso che siano ancora insieme allo scadere dei termini di reclusione, e non siano invece impegnati in combattimenti feroci per la potestà (possesso, anziché responsabilità) esclusiva di Achille? E Achille adolescente, come si sentirebbe a scuola, nello sport, con gli amici nelle vesti di figlio di due ex carcerati, condannati per delitti così odiosi?
Ma il punto più immediatamente e radicalmente fondamentale e immediato è la genitorialità.
Cioè la “funzione processuale composita, risultato dell’interazione fantasmatica e reale tra quel particolare figlio – con bisogni specifici legati all’età – e quel genitore, diversa in ogni momento della vita, se pure con una sua stabilità di fondo; essa ha a che fare, quindi, non solo con l’osservazione dell’hic et nunc della relazione che il genitore ha costruito con il figlio, ma anche con l’infanzia del genitore stesso e quindi con le influenze tra le generazioni. (………….) A tale definizione sono collegati costrutti da valutare, che integrano, giungendo a comporre un sistema genitoriale complessivo; costrutti sui quali esistono buone evidenze, cioè:
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Adattabilità (Azar, Cote, 2002; WhIte, 2005); capacità di adattarsi con modalità adeguate alle esigenze dei figli, a sua volta legata agli aspetti di percettività (acuta consapevolezza di ciò che riguarda il minore e degli effetti del proprio comportamento; consapevolezza della reciprocità), responsività (capacità di rispondere ai bisogni del figlio e di porre limiti) e flessibilità (abilità del genitore di rispondere in modi diversi a seconda dei bisogno e delle richieste.
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Empatia (Emde, 1983; Rizzolatti, Gallese, 1998); consente la percezione di coerenza e continuità mediata dell’affettività, quindi “familiarità”. Esperienza di essere compresi e di esistere per qualcuno. Il livello di empatia nei care giver può causare un’esclusione difensiva dell’informazione (Bowlby,1983) e un basso livello di empatia dei genitori ha un effetto negativo sui figli.
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Rifllessività (Fonagy, Target, 2001); capacità di interpretare il proprio comportamento e quello altrui in termini di ipotetici stati mentali cioè in relazione a pensieri, affetti, desideri, bisogni. Favorisce la rappresentazione e la simbolizzazione del proprio stato interiore, ed è quindi determinante per la regolazione e il controllo degli affetti e degli impulsi.
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Qualità della relazione, che può essere osservata con ottica sistemica consentendo di focalizzare possibili distorsioni strutturali (Minuchin,1984, Bowen,1978) quali ad esempio la “triangolazione” del figlio in una relazione genitoriale disturbata e l’assegnazione a lui di compiti di stabilizzazione del sistema familiare fragile; distorsioni dei confini generazionali (Boszormenyi-Nagy, Spark, 1988), come la parentificazione del figlio; distorsioni funzionali (Brazelton, 1974), come l’interpretazione di disturbi relazionali del figlio come problemi fisici (…….). Tutte queste disfunzioni confondono e distorcono la relazione, destabilizzandola.
La Guida segnala due ulteriori fattori come possibili indicatori di rischio per l’esercizio di una genitorialità positiva:
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La cogenitorialità, capacità di coordinazione dei rispettivi ruoli genitoriali e di supportarsi a vicenda negli impegni verso il figlio;
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L’intersoggettività, reciproca capacita di comunicare, comprendere e riconoscere le rispettive intenzioni e motivazioni.
La lunga citazione intende consentire al lettore di queste righe di riconoscere la qualità predittiva insita in osservazioni meticolose, puntuali e documentate da supporti bibliografici, per evitare di cadere nella tentazione di porre la genitorialità nel numero dei gesti e degli atteggiamenti che si esprimono naturalmente, sotto la spinta, magari, della cosiddetta legge del sangue, tentazione in cui sembrerebbe stiano cadendo gli organi preposti alle decisioni sul futuro di Achille.
E’ difficile capire in base a quali valori e a quali principi si ritarda una decisione di assoluta e totale protezione del suo futuro, evitandogli un inevitabile distacco successivo, e consentendogli di godere fin da subito dell’interesse prioritario di avere due genitori liberi da debiti nei confronti della legge, disponibili senza pregiudizi a crescerlo ed educarlo secondo principi di sana socialità, di rispetto per il corpo e la vita altrui, in un ambiente sereno perché abitato da persone su cui non pesi il ricordo di esperienze devastanti, agite non in momenti ma in periodi di lucida follia.
Anche per i genitori adottivi è previsto un esame in base al quale valutare elementi predittivi di competenze genitoriali di livello più o meno alto, ma almeno questi elementi possono essere suffragati da una revisione del passato per verificarne la coerenza con la scelta genitoriale per la quale si rendono disponibili.
Procrastinare la decisione fa sospettare che l’ombra dell’adultocentrismo riesca ancora a rendere vincente la cosiddetta legge del sangue sul prioritario interesse del bambino.