Voll Verdienst, doch dichterisch,

wohnet der Mensch auf dieser Erde

Pieno di meriti, ma poeticamente,

abita l’uomo su questa terra

(Hölderlin) 

Chiunque varchi la soglia di un servizio sociale, si troverà immerso in un ambiente regolato e definito dagli spazi, dai tempi e dai confini propri di quel servizio. Nel caso dei servizi sociali ci riferiamo ad istituzioni rispondenti a specifiche dimensioni organizzative che ne regolano ed informano il funzionamento. L’accesso e la soglia dei servizi sociali si esprimono attraverso orari precisi, gestiti più o meno flessibilmente, e spazi diversamente strutturati e declinati: veri e propri varchi di accesso controllati (il servizio che si difende) o, al contrario, entrate libere o poco presidiate (la fiducia, gli operatori esposti); sale di attesa accoglienti, confortevoli e arredate con attenzione alla tipologia di utenza (bambini, adulti, disabili, anziani…), più spesso, spazi fatiscenti, poveri, ricavati e arrangiati alla meglio per far fronte al bisogno essenziale di offrire un luogo fisico separato dove semplicemente attendere l’incontro con l’altro, l’assistente sociale o altro professionista dell’aiuto. Il tempo dell’attesa: diverso è attendere in una sala di aspetto con file di sedie inchiodate di fronte ad un televisore muto, dall’attendere in uno spazio più fluido rispetto alla possibilità di posizionarsi e comunicare. Trovarsi in un servizio in un luogo lontano e periferico, con i muri scrostati e le sedie sbilenche difficilmente apre ad una prospettiva ottimistica sulla propria situazione, prospettiva pur sempre recuperabile grazie alla relazione di aiuto. In riferimento allo spazio e ai confini, si pensi a quanto sia diverso parlare attraverso un vetro davanti ad uno sportello o seduti dalla parte di una scrivania o su un divanetto o all’esterno in un giardino (succede!). Le istituzioni hanno anche i loro ritmi peculiari, armoniosi o scanditi da continue caotiche interruzioni, ritmi lineari o avvicendati, sovrapposti ed ingarbugliati, così come suoni di sottofondo (invadenti e angoscianti, telefoni che squillano a vuoto o, raramente, musiche rilassanti) e odori peculiari. Molti bambini dicono che non piace loro la “puzza di scuola”. Non ci soffermiamo sull’odore di alcuni servizi residenziali e non affrontiamo il tema delle istituzioni totali che in quanto a spazi, tempi e confini aprono discorsi ben più ampi e rappresentativi della pregnanza delle citate dimensioni.[1]

Abitiamo i nostri servizi, insieme alle persone che ci vengono a trovare, dimenticando come il tempo, lo spazio e i confini nel loro essere diversamente connotati, più o meno negoziabili, partecipati o promiscui, siano fattori rilevanti di ciò che un servizio è e di ciò che esso comunica e genera in termini di relazioni e quindi di socialità. Si pensi ai confini espressi dalla classica divisione tra bagno degli utenti e bagno del personale, ai confini di ruolo espressi dagli spazi medicalizzati o dal possesso di determinate chiavi, agli spazi per bambini/adulti, o alla condivisione degli spazi dedicati ai colloqui.

La scansione temporale può avere effetti normativi, può rimandare a gerarchie (chi decide il tempo dell’attesa, il tempo del colloquio…?), ma può anche regolare la disponibilità e dischiudere alla progettualità. “Lo spazio, come fattore che crea significati, apre o viceversa blocca opportunità d’azione”[2] . Dimentichiamo che “come gli altri elementi simbolici delle organizzazioni (il linguaggio, i rituali, le tecnologie) lo spazio è un segno, una traccia dell’intelaiatura di significati che orienta le interazioni organizzative (…) ne stabilisce strutture e direzioni.”[3]

Anche i confini sono frutto di una classificazione della realtà, non sono dati una volta per tutte ma sono il risultato di una organizzazione sociale, sono modificabili e negoziabili, possono essere più o meno attraversabili costituendosi come confini-muro o confini-ponte. Separano, ma separano realtà in origine comuni e contigue (cum-finis), che in quanto tali hanno bisogno o necessità di essere distinte, ordinate. Confini di ruolo, di competenze, di saperi, in ogni caso, “L’istituzione di confini, la divisione in due del campo di azione – un dentro e un fuori – costituisce un altro aspetto centrale delle istituzioni” Questa opera di classificazione “divide la realtà per identità e differenze, vi proietta categorie che la scandiscono e la definiscono, e in tal modo la ordina e organizza in domini separati stabilendo ciò che è pertinente da ciò che è estraneo ad ogni dominio[4] (…) da un lato, le categorie e i criteri di classificazione, suddivisione ed organizzazione della realtà  costituiscono un repertorio cognitivo socialmente istituito (…) dall’altro esse si attivano e funzionano solo on quanto messe in opera ed agite da attori sociali”[5]. l’invito è quindi a soffermarsi, in quanto attori sociali, sul nostro modo di “abitare i servizi” a partire da un’attenzione a queste dimensioni, spesso date per scontate e poco affrontate in letteratura dal punto di vista del servizio sociale come disciplina. Un invito ad “abitare poeticamente” i servizi, ad un modo di “esser-ci”[6] che non può ridursi al meritevole esercizio impegnato e regolato delle tecniche e del mandato istituzionale, ma deve ricentrarsi costantemente sulla dimensione del significato, con attenzione a cosa comunichiamo e a come strutturiamo le relazioni con l’altro attraverso una gestione più o meno partecipata e pensata proprio del tempo, dello spazio e dei confini.  

Angela Roselli, assistente sociale specialista, giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma


[1] Si rimanda alle opere di Michelle Foucault che trattano il tema del tempo, dello spazio, del classificare e del nominare come elementi di strutturazione del potere nelle relazioni, tra cui Sorvegliare e punire (1975) , le parole e le cose (1969), la nascita della clinica (1969) . Sul tempo come strumento di potere di inclusione/ esclusione si consiglia anche la lettura del romanzo di Peter  Hoeg (1992), I quasi adatti, Mondadori, Milano.

[2] Bifulco L. e Vitale T, (2003), Da strutture a processi: servizi, spazi e territori del welfare locale. Sociologia Urbana e Rurale, vol. XXV, 72, p. 105

[3] Ibidem p. 98

[4] Si pensi alla definizione dei target di utenza.

[5] De Leonardis O., (2001), Le istituzioni. Come e perché parlarne, Carocci, Roma pp.74-75..

[6] Il riferimento è al Da-sein di Heidegger in Essere e Tempo (1927), l’esser-ci qui ed ora.

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