(…) Noto anche potenziali immensi nei nostri giovani che, una volta fuori da noia, apatia o insicurezza, si dimostrano competenti, curiosi, ricettivi e desiderosi di esercitare un ruolo attivo in una società che sembra ignorarli in queste caratteristiche proattive ed emancipatorie.

Lo dimostra la partecipazione ad eventi culturali, a manifestazioni sociali e politiche, alla determinazione nel praticare volontariato nei più svariati ambiti della vita comunitaria.

Come sostiene Diego Miscioscia in “Nuove frontiere delle culture giovanili”:

“La cultura mette a disposizione degli adolescenti diverse possibilità espressive, che permettono di rappresentare emozioni, affetti e desideri erotici o aggressivi tipici di questa età ed anche di soddisfare bisogni narcisistici ed esibizionistici, per esempio il puro piacere che si può ricavare dalla rappresentazione dei propri stati d’animo o l’emozione di essere sotto lo sguardo degli altri. […]

Suonare, dipingere, scrivere poesie o racconti (o brani musicali), infatti, sono attività che permettono di esprimere meglio i propri significati e anche di mettere alla prova le nuove capacità adulte. […]

Il possesso di una cultura di riferimento, innanzitutto, dà maggiore identità e sicurezza agli adolescenti poiché essa appare davanti a loro come se fosse un grande cartello indicatore che, all’interno di un territorio sconosciuto e ostile, li sprona ad aver fiducia nel futuro e li orienta verso precisi percorsi etici e comportamentali che facilmente i ragazzi riconoscono come propri.”

Quando i giovani non rimangono fruitori passivi della cultura dominante, quando riescono a rendersi partecipi della loro vita sociale attraverso le più svariate forme di creatività artistica, professionale, personale, la qualità della loro vita cambia nettamente, poiché ritrovano un personale senso esistenziale al loro essere nel mondo.

Perché non vada disperso un tale potenziale umano, sarebbe necessario modificare le modalità di giudizio fin dalla scuola, valorizzando la cooperazione anziché la competizione, favorendo il rispetto di sé e dell’altro, puntando sulla curiosità e sulla passione, anziché generare il terrore del voto e della bocciatura, che abbiamo visto essere uno dei fenomeni generatori di senso di fallimento di sé, di auto esclusione e di ritiro sociale.

Come ha detto don Luigi Ciotti recentemente, in occasione della giornata delle vittime di mafia “la scuola deve diventare un’officina del pensiero critico, antagonista della rassegnazione”.

Sarebbe dunque opportuno aiutare gli adolescenti a sviluppare il pensiero critico per educare ad una concezione attiva e solidale dei rapporti tra le persone, garantendo le basi per una società capace di prendere le distanze dai bisogni pulsionali a favore della riflessività e della capacità di pensare autonomamente, trovando un ancoraggio interiore che sarebbe la vera base sulla quale poter costruire il proprio orizzonte futuro.

Rosa Gherardini, pedagogista e psicologa psicoterapeuta. Integra il colloquio clinico con terapie corporee quali la Bioenergetica ed il Training Autogeno. È practitioner EMDR.