L’estemporanea Riflessione scritta all’indomani del decreto legge 15 settembre 2023 n 123, recante Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, così concludeva: “…il solo strumento repressivo è insufficiente. Per ridurre un’area urbana al degrado sociale e ambientale (quale quello) di Caivano e degli altri Caivani esistenti in Italia, bastano un paio d’anni. Per riportarli a livello di comunità civile, non basta l’impegno di una generazione”.

            Eppure, il governo si mostrava fiducioso, tanto da provvedere con un decreto legge che a livello politico si considerava blindato. Non è stato così. Alla fine dell’iter parlamentare, la legge di conversione conteneva tali e tante modifiche da costringere i redattori del testo coordinato (legge 13/11/2003 n. 159 in GURI n.266 del 14/11/2023) a una fatica improba. La modifica più importante è contenuta nell’art. 8 della legge di conversione. Esso introduce dopo l’art. 27 del processo penale minorile (Improcedibilità per irrilevanza del fatto) un art. 27 bis rubricato “Percorso di rieducazione del minore”, collocato in posizione intermedia fra il citato art. 27 e l’art. 28, concernente la sospensione del processo e la messa alla prova. Si tratta di una forma di definizione anticipata del processo, calata a forza nel processo minorile, che l’aveva deliberatamente ignorata.

            Il percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale può essere proposto dal PMM nel caso di reati punibili con pena non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione. In tali casi, il PMM notifica la sua proposta al minore e ai suoi legali rappresentanti, i quali hanno tempo sessanta giorni per elaborare un programma rieducativo che comprenda lavori socialmente utili e presentarlo al pubblico ministero. Il programma viene trasmesso dal pubblico ministero al giudice delle indagini preliminari che in un’apposita udienza deve decidere se ammettere il minore al percorso e sospendere il processo, valutare la congruità del progetto e stabilirne la durata. Decorso positivamente tale periodo, in una nuova udienza il giudice dichiara con sentenza l’estinzione del reato.

            Nei confronti di questa norma è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dal G.I.P. minorile di Trento, adito ai sensi dell’art. 27 bis per la valutazione dell’esito positivo del percorso e la declaratoria di estinzione del reato.

Questa in sintesi la vicenda.

            Durante una lite in famiglia un ragazzo minore di età aveva minacciato il padre con un coltello da cucina, nel timore di essere a sua volta aggredito. Di qui la denuncia dei Carabinieri per il delitto di minaccia aggravata (612 e 339 c.p.) nei confronti del padre. Il PMM, sentito il minore, formulava e notificava proposta di definizione anticipata del processo ai sensi dell’art 27 bis comma 1 del dpr 1988 n. 488, come modificato dal d. l. 2023 nr. 123 (c.d. decreto Caivano), con termine improrogabile di 60 giorni per depositare un progetto di percorso di rieducativo.

            Il difensore chiedeva la rimessione in termini e l’effettuazione di una ulteriore indagine sociale sul minore e la sua famiglia. Il PMM, rigettate le richieste, trasmetteva gli atti al GIP con richiesta di fissazione dell’udienza in camera di consiglio.

            Il G.I.P. minorile che (a differenza del G.U.P. minorile) è organo monocratico non riteneva possibile valutare la congruità del percorso proposto in assenza di informazioni specifiche sui parametri atti a perseguire una funzione educativa del progetto. Nella carenza di tale indagine una valutazione di congruità da parte del G.I.P. riguarderebbe soltanto l’aspetto retributivo e non anche quello rieducativo del percorso progettato.

            Per di più, un intervento penalistico a valenza educativa opera mediante due strumenti fondamentali: la conoscenza del minore e il carattere multidisciplinare dell’organo giudicante, in questo caso il G.I.P. monocratico. In mancanza di entrambi questi presupposti, la norma di cui all’art. 27bis del processo penale minorile appare di dubbia costituzionalità e impone di sollevare questione di legittimità costituzionale.

Luigi Fadiga, già giudice minorile