Il dissidio tra realtà virtuale e realtà oggettiva crea conflitto e può incidere sulla costruzione della propria identità e sul proprio senso di autoefficacia.
Inoltre, le modificazioni del corpo che distanziano un individuo adolescente dalla sua infanzia, comportano un’attenzione speciale su di sé, sicché l’aspetto fisico riveste un’importanza enorme, fino a determinare l’instaurarsi di tratti ossessivi, alla ricerca di un’immaginaria perfezione, che aderisca al modello rappresentato dalla società e condiviso dal proprio gruppo di pari.
Per le ragazze si può tradurre in un’esibizione o al contrario in un mascheramento del proprio corpo, laddove il parametro di riferimento sia la bellezza; per i ragazzi in rincorsa a scolpire con quotidiane maratone ginniche una muscolatura ed un fisico altrettanto performanti e perfetti.
Il gruppo di coetanei diventa il luogo in cui riconoscersi, definisce un’identità, fornisce un’appartenenza: l’applicazione di piercing o l’illustrazione di tatuaggi sul proprio corpo rafforza sia l’appartenenza ad un gruppo sia la propria identità, che attraverso la scelta di una scritta o di un’immagine, pare realizzarsi.
Forse anche queste sono forme di affermazione di sé che si manifestano attraverso un “utilizzo” nuovo del proprio corpo possono essere accomunati ai riti iniziatici tipici di altre civiltà e di cui probabilmente gli adolescenti avvertono il bisogno.
Come suggerisce M. Lancini, gli adolescenti oggi non vivono più un corpo erotico, come è stato fino a qualche decennio fa, bensì un corpo estetico, dove l’apparente ha preso il posto del reale percepito.
L’ambizione verso un proprio Io ideale può indurre a manifestazioni di grandiosità narcisistica, talvolta irrazionalmente sprezzanti verso il pericolo: ecco allora la compulsione ad usare e abusare di sostanze, di alcool, di passare all’atto con sfide e comportamenti a rischio.
L’altra faccia della medaglia è un senso di auto svalutazione che comporta il ritiro dalla vita relazionale e sociale. Non riuscire a partecipare alla vita di gruppo o non sentirsi adeguati a farlo può significare esclusione, che un soggetto identifica nel non valere e che per lei/lui equivale a non esistere.
Ciò che noto dall’osservatorio del mio studio, dove mi confronto spesso con adolescenti tra i 12 ed i 25/26 anni riguarda comportamenti che genericamente si possono sintetizzare in questi termini, contraddittori e variegati:
- ambizioni elevate, talvolta irrealistiche, relative a personali prestazioni cognitive (scolastiche) e/o emotive e corporee (estetiche);
- una non riuscita indipendenza emotiva dalle aspettative genitoriali, che spesso procura blocchi emotivi alla prosecuzione degli studi (“Non sono in grado”, “E’ troppo difficile”, ecc) e mantiene l’individuo in una bolla statica che lo priva di progetti personali attuabili;
- una forte tendenza alla noia, alla demotivazione, con relativo cedimento allo sconforto e all’insuccesso, elementi che lo/la conducono a ricercare nel mondo virtuale vissuto nella propria camera, quel soddisfacimento emozionale mancante;
- un’insicurezza di base, con fenomeni frequenti di panico ed ansie che inducono alla rinuncia, al timore sociale, fino alla fobia sociale, data dal non sentirsi mai all’altezza;
- uno stato generalizzato di ansia, che va ad incidere sulla percezione corporea del proprio Sé, vissuto come inadeguato, cosa che può determinare un incerto senso di Sé anche riguardo al riconoscersi all’interno di uno specifico genere sessuale. Capita spesso di sentire un/una adolescente dire: “Mi posso innamorare indifferentemente di un ragazzo o di una ragazza, ciò che fa la differenza è la persona”. Questo mantiene in una sorta di indefinitezza un individuo, mentre lo proietta in quella che sempre più sembra assumere i caratteri di una società liquida, per dirla con Z: Bauman.
- Una tendenza auto lesiva: ragazze/i che si tagliano, aggredendo il loro corpo per lenire un dolore che non sanno definire; che abusano di alcool o di sostanze per uscire dalla pressione che le/li accompagna; che usano la cannabis per contrastare un’ansia di fondo che li avviluppa.
(Continua…)
Rosa Gherardini, pedagogista e psicologa psicoterapeuta. Integra il colloquio clinico con terapie corporee quali la Bioenergetica ed il Training Autogeno. È practitioner EMDR.