Pinocchio e la competitività

La storia di Pinocchio è costellata di cambiamenti. Tanti da far pensare che ci provasse gusto. Ma sono stati cambiamenti nel segno della competitività, da far ritenere che Pinocchio, sentendosi dalla parte dei perdenti, scommettesse su un cambiamento per trovarsi dalla parte dei vincenti. La scommessa del cambiamento competitivo è accompagnata dalla paura di non farcela. Ci si sente prigionieri e si vorrebbe evadere, scappar via.

Riferendoci ai testimoni dei campi di sterminio nazisti, Annette Wieviorka ha evidenziato i cambiamenti che Elie Wiesel apportò alla sua testimonianza nella versione che in Italia è stata pubblicata con il titolo La notte. Elie Wiesel, (1928-2016), nato in Romania e superstite dell’Olocausto, fu autore di 57 libri e fu premio Nobel per la pace nel 1986. Scrisse una prima versione della sua opera più celebre nel 1954, in lingua yiddish, e una seconda versione in lingua francese, un paio d’anni più tardi. Tra le due versioni si colloca un episodio significativo. Wiesel si era guardato allo specchio e aveva avuto un gesto di ribellione nei confronti della sua immagine dolente di sopravvissuto. Aveva rotto lo specchio con un pugno. Al gesto fece seguito il cambiamento: non sarebbe più stato il testimone vittima che accusa ed esige risarcimento. Diventava, da quel momento, il testimone che vuole contribuire, con la propria testimonianza, alla conoscenza storica. È significativo che lo scrittore che aveva usato la lingua yiddish in seguito scrisse in una lingua non ebraica per raggiungere un più ampio numero di lettori, per essere considerato scrittore e non solo vittima testimone.

Pinocchio scoprirà il cambiamento non più nel segno della competitività ma in quello dell’emulazione. Nel segno della competitività ciascuno si sente minacciato dagli altri. Sappiamo tutto e non conosciamo niente. La globalizzazione affascina e fa paura. Come fece paura il fuoco. Che paure hanno avuto gli abitanti del Mondo? Dovranno scoprire che ciò che fa paura può essere risorsa, come è stato per il fuoco.

Il fuoco era solo una minaccia di cui avere paura. Continuò a esserlo, ma diventò anche una immensa risorsa. Col fuoco, gli esseri umani impararono a difendersi. Anche dal freddo. E a cuocere le carni. E poi a lavorare il ferro. Un numero sempre in crescita di possibilità. Ne vogliamo segnalare una che è propria della preistoria. Riguarda un animale, il lupo, che rappresentava un pericolo per gli esseri umani. Anche grazie al fuoco, dal lupo, con un percorso evolutivo, si arrivò al cane. Cosa si dice del cane? Che è il miglior amico dell’uomo. Dal lupo cattivo si arriva al cane fedele amico passando dal fuoco. Nel buio di quel mondo che abbiamo arbitrariamente chiamato Mondo Vuoto, un fuoco permetteva ai lupi di capire facilmente dove c’era un gruppo di esseri umani. Anche i lupi, però, scoprirono il calore. E forse godendosi un po’ di calduccio, i lupi fecero un’esperienza per loro vantaggiosa. Aspettando senza aggredire, potevano ottenere gli avanzi del pasto degli umani senza fare alcuna fatica. Quando poi si diffuse l’agricoltura, è possibile che qualche lupo si lamentasse che non c’erano più i boschi di una volta. Altri lupi, però, portavano notizie di novità interessanti: attorno ad alcuni gruppi di umani – erano i gruppi di agricoltori – è vero che non c’era più il bosco, ma c’erano, e sempre negli stessi posti, cibo comodo – erano gli avanzi delle cucine dei contadini -. Niente di più semplice e comodo che andare a mangiarlo.

Così i lupi cambiarono diete alimentari. Da esclusivamente carnivori, diventarono animali che si cibavano di cereali, di generi vari, ricchi di amidi e di zuccheri. Il cambiamento di dieta rese più mansueti i lupi. Se volete, potete anche immaginare, senza sbagliare, che un gruppo di umani contadini trovò dei cuccioli di lupo e … andate avanti voi. Il cambiamento non si realizzò in tempi brevi. Ci vollero molte generazioni di lupi un po’ meno lupi e un po’ già cani.

La vita è un viaggio e chi viaggia [aggiungiamo: e chi legge] vive due volte’ (Omar Kayyam).” Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese:-Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno. Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Aprì una delle due e gli permise di guardare all’interno. Al centro della stanza, c’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato.

Avevano tutti l’aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca. Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: – Hai appena visto l’Inferno. Dio e l’uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. C’era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l’acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant’uomo disse a Dio: – Non capisco! – E’ semplice, rispose Dio, dipende solo da un’abilità. Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi.

Saper chiedere aiuto per rimediare o per non sbagliare, significa cooperare: stabilire pacificamente ed educatamente chi ha ragione. Significa trovare una nuova ragione, e per farlo, a volte, vivere dei contrasti e delle controversie. “Quasi per definizione, le controversie costruttive sarebbero più frequenti nei gruppi cooperativi e i dibattiti in quelli competitivi. I processi cognitivi che hanno luogo durante le controversie costruttive sono illustrati di seguito.

1.         Quando degli individui affrontano un problema o una decisione, aderiscono a una conclusione iniziale sulla base di un’informazione incompleta.

2.         Quando degli individui presentano a qualcun altro, conclusioni e argomenti, si impegnano in una revisione cognitiva […].

3.         Quando degli individui si confrontano con conclusioni diverse fondate su informazioni, esperienze e punti di vista altrui […].

4.         L’incertezza, il conflitto concettuale o una sorta di squilibrio attivano una curiosità epistemica […].

5.         Gli individui, adottando le proprie prospettive cognitive […] giungono a una nuova conclusione […]”[1].

Chi, come Pinocchio, avvia il proprio progetto di vita inclusivo non trova la chiarezza che le parole dello psicologo sociale belga Willem Doise suggeriscono. Trova il caos della coevoluzione. Dovrebbe trovare e includere dei punti, dei luoghi, in cui poter avere fiducia. Ci sono degli elementi sicuri per attribuire fiducia a qualcuno, a qualcosa, a un luogo, a un oggetto? C’è un codice della fiducia? In inglese ‘fiducia’ si dice ‘trust’. Sentiamo parlare di anti-trust e capiamo che si tratta di evitare che un soggetto monopolizzi un prodotto. Nessuno può avere il monopolio della fiducia.

“La comprensione non è la fonte della competenza o l’ingrediente attivo della competenza; la comprensione è composta di competenze […][2]. Affermando che un essere umano per comprendere e diventare competente deve imbattersi non nella competenza intesa alla maniera dell’interruttore che accende la luce in una stanza al buio, ma deve incontrare competenze e includerle nella propria competenza, diciamo che il monopolio delle competenze è poco utile se non dannoso.

Andrea Canevaro


[1] Doise W. (2010), Confini e identità. La costruzione sociale dei diritti umani, Bologna, Il Mulino, p. 55.

[2] Dennet D. C. (2018; 2017), Dai batteri a Bach. Come evolve la mente, Milano, Raffaello Cortina Editore, p. 103.