Terza parte

Una fra le tante questioni delicate è quella che attiene al momento in cui si consolida la scelta di separare il processo procreativo da quello genitoriale e non diviene soggetto di ripensamenti rispetto alla via intrapresa. Le soluzioni prospettate dai vari ordinamenti dove la GPA è consentita sono diverse, e vanno dall’ammissibilità del ripensamento della donna dopo il parto, all’attribuzione della genitorialità alla coppia intenzionale in ragione della rinuncia ai diritti-doveri parentali della madre biologica.

Ci si interroga sulla possibilità di stabilire al momento dell’avvio del progetto procreativo genitoriale la volontà dei soggetti coinvolti, nel senso di impegnare a tale consenso sia la determinazione della donna di portare avanti una gravidanza per altri, sia quella della coppia, che richiede la gestazione, di assumere la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino che nascerà.

Ammettere un principio di annullabilità della volontà finirebbe per rendere fragile ed esile il rapporto, meno vagliata la scelta iniziale, sicuramente squilibrata la relazione fra i soggetti coinvolti, perfino ipotizzabile una indecisione ovvero un’esitazione da parte di coloro che intendono assumere il ruolo dei genitori sociali.

In ogni caso è da escludersi l’ammissibilità di una ulteriore riflessione da parte dei genitori intenzionali: la certezza dell’assunzione di tale responsabilità in capo alla coppia che dà inizio al processo creativo è una conferma per la madre biologica che mette a disposizione il proprio essere per consentire ad altri di avere un figlio.

Diviene quindi di primario interesse prevedere la continuità dei contatti e rapporti e relazioni fra tutte le persone che sono intervenute ai progetti procreativo e genitoriale. Ciò significa potenziare il momento riproduttivo, garantendo al nato la possibilità di avere consapevolezza del modo in cui è venuto ad esistenza e conoscenza delle proprie origini; alla madre biologica, ove lo voglia, di essere consapevole dell’esito del percorso riproduttivo in una reciprocità col nato e con i genitori intenzionali che a lei si sono rivolti.

La giurisprudenza di merito precedente alla L.40/2004 aveva già rilevato i problemi derivanti dalla scissione della figura materna determinati dalla applicazione della surroga di maternità all’estero. In particolare, in assenza di un espresso divieto, il Trib. di Roma (17.2.2000) aveva ritenuto che la coincidenza tra maternità, gravidanza e parto è una espressione fondamentale della nostra psicologia e la figura della madre genetica, ma non gestante, assume quasi i contorni di una sorta di paternità femminile che sembra contrastare con le stabili linee della concezione dei rapporti familiari e della procreazione (Sesta). La stessa pronuncia ricordava come fosse compito del giudice, in mancanza di una legislazione, “valutare e cercare di risolvere i problemi collegati allo svolgimento di una storia umana, ognuna in quanto tale, diversa, perché calata in una realtà di affetti, emozioni, sentimenti che appartengono a ciascun individuo”.

Nella stessa datata pronuncia si affermava come non si deve escludere il diritto della madre surrogata di continuare a vedere il bimbo, di compartecipare nelle sue manifestazioni di vita e di tenerlo con sé alcune ore della giornata. Ciò dimostra come in questa materia si deve imporre una visione plurale delle relazioni familiari, oltre ad una attenta valutazione caso per caso delle singole fattispecie.

Alla luce dei nuovi assetti sociali e delle potenzialità in ambito medico risulterebbe apprezzabile la valorizzazione dell’assunzione della genitorialità tanto alla madre genetica quanto a quella biologica, entrambe intenzionali. I dilemmi comunque non si sciolgono: a quale madre deve essere imputata la responsabilità genitoriale? Prevale la madre biologica? Deve esserci un bilanciamento di interessi?

La complessità della materia è di non poco conto: certo è che le condizioni di procreazione sono cambiate drasticamente in pochi anni e non è facile raggiungere un punto di equilibrio. Auspico, anche se la cosa può suscitare vari sentimenti – imbarazzo, delusione, scoramento, incredulità, scandalo, offesa alla morale, indecenza, clamore, immoralità – un ampliamento delle figure genitoriali oltre il paradigma tradizionale, oltre le figure “conosciute” da millenni. La realtà dei fatti è stata ampliamente superata dalle innovazioni non solo tecnologiche, ma anche soprattutto morali. Certo ci si deve muovere con cautela, valutando caso per caso, tenendo conto della situazione concreta che si viene a creare, delle relazioni che vengono ad instaurarsi, ma una cosa è certa, indietro non si torna.

Daniela Leban