La notte di San Silvestro è un po’ triste da quando non la passiamo più tutti insieme. Quest’anno la trascorrerò insieme al papà, l’anno prossimo, invece, insieme alla mamma. È difficile capirci qualcosa in questa organizzazione così complicata, ma almeno non sarò solo. Perché io voglio bene al mio papà, anche se non va più d’accordo con la mia mamma. In effetti a volte penso che sia meglio così. Ognuno vive nella sua casa, e magari si sente un po’ solo, ma almeno non ci sono più litigi, non sento più mamma e papà dirsi cose davvero brutte. Papà sembra più tranquillo da quando vive nella nuova casa: a volte mi chiede della mamma, di cosa fa, cosa dice, chi ci viene a trovare. Io gli dico sempre le solite cose: viene la nonna, cena con noi, mi aiuta a fare i compiti; a volte la mamma dopo cena esce, altre volte rimane in casa e viene un suo amico a guardare la televisione da noi. Ho l’impressione che quando me lo chiede i suoi occhi diventino più scuri, come arrabbiati, ma magari mi sbaglio. Allora cerco di distrarlo, gli faccio un bel disegno. Oggi gli ho costruito un aeroplanino di carta e sopra ho scritto: “Insieme per sempre”. Voglio fargli capire che io non lo lascerò mai. L’ha guardato, ha sorriso. Mi ha chiesto se ho voglia di farne uno anche per il nonno, che è nella sua camera. Gli ho detto che sì, certo, lo avrei fatto. “Allora vagli a dire che non venga qui in cucina, che dobbiamo fargli una sorpresa”. Ho obbedito. Mi piacciono le sorprese. E anche al nonno.

Mentre riprendo in mano carta e matita per costruire un altro aeroplanino ripenso a quando eravamo tutti insieme nell’altra casa. La notte di capodanno la mamma cucinava sempre qualcosa di buono. Gli odori della cucina si espandevano in tutte le stanze. Mangiavamo tutti insieme, spesso invitavamo anche i vicini, e poi mi consentivano di giocare sul tappeto fino a mezzanotte per vedere il brindisi. Quando non se ne accorgevano, perché erano impegnati a scambiarsi gli auguri, bevevo di nascosto un po’ di spumante. Erano belle quelle serate. Adesso credo che sarà tutto un po’ diverso. Ma la cosa importante è che il mio papà stia bene e non sia triste. E soprattutto non mi chieda della mamma, né parli male della nonna come l’ho sentito fare ieri sera. Per questo cerco di fargli tanti disegni e tanti regali. Voglio che non si senta solo, che capisca che anche se la mamma non passa le feste con noi non importa, perché io gli vorrò sempre bene.

Guardo mio padre mentre sta riordinando i piatti in cucina. Non è molto bravo, a volte ne fa cadere uno. Sono tante le cose alle quali ci dobbiamo abituare. Mi chiede se voglio fare merenda. Ho fame e gli dico di sì. Avrei voglia di una fetta del ciambellone che prepara la nonna, ma non mi sembra delicato chiederglielo. Un po’ di pane e nutella andrà benissimo. Lo guardo mentre mi volta le spalle e comincia a rovistare nel cassetto della cucina. Prende un coltello lungo e lo appoggia sul piano di lavoro. Poi lo copre con uno strofinaccio. Quante storie per tagliare una fetta di pane. Ho fame, ma aspetto con pazienza. Continuo il mio lavoro con l’aeroplanino, ma continuo a seguire mio padre con la coda dell’occhio, così vedo se ha bisogno di aiuto. Ad un tratto non lo vedo più. Sarà andato a prendere la nutella. Speriamo che ce ne metta tanta, non come l’ultima volta che il barattolo era quasi finito e si era dimenticato di comprarne uno nuovo. Forse è meglio che glielo dica di cercare bene nella dispensa. Giro appena il collo per cercarlo dietro di me, ma una mano mi afferra, forte, mentre un’altra mi fruga la gola. Non è il sapore della nutella, ma quello della polvere, di un fazzoletto sfilacciato che mi gratta il palato e non mi fa respirare. Ancora un secondo e uno strato di scotch mi serra le labbra. Non è divertente questo gioco. E poi ho fame. Dov’è papà? Dov’è mamma? Un dolore lancinante mi afferra il collo e un fiotto bagnato si spande sul braccio. Ecco papà. Mentre mi lascio cadere indietro lo vedo lì, con quegli occhi arrabbiati che ha quando mi chiede della mamma. Ma io non l’ho fatto arrabbiare. Non ho raccontato nulla della mamma, né della nonna. E perché adesso vedo tutto appannato? Voglio la mia mamma. Voglio il ciambellone tuffato nel latte, il suo abbraccio che sa di sapone e il profumo degli spaghetti alle vongole della notte di San Silvestro. Eccola, la notte. Forse è arrivata mezzanotte e non me ne sono accorto. Forse ho mangiato pane e nutella con papà e ho già dato l’aeroplanino anche al nonno, ma non ne sono certo, non lo ricordo più. Ho sonno, tanto sonno. Voglio dormire. Abbracciato alla mia mamma. Per sempre.

Monica Betti, insegnante di Scuola dell’infanzia