Webinar organizzato dal Master Tutela, diritti e protezione dei minori dell’Università degli Studi di Ferrara.
24 Novembre 2021
Gurda il video:
Relatori: Antonella Rimondi e Stefania Tonini, Avvocati del Foro di Bologna e Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati di Bologna
Rafforzare il contrasto alla violenza domestica e di genere, questo l’obiettivo perseguito dal legislatore con la legge 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. Codice Rosso).
La novella normativa è intervenuta sia sul piano del diritto sostanziale che sul piano del diritto processuale.
Quanto al primo aspetto, sono state introdotte nel codice penale quattro nuove fattispecie di reato: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. revenge porn); deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso e costrizione o induzione al matrimonio. Sono state poi inasprite le pene dei reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi, di atti persecutori (c.d. stalking) e di violenza sessuale (con estensione, in quest’ultimo caso, del termine per proporre querela sino a dodici mesi); introdotte nuove circostanze aggravanti e rimodulate alcune circostanze aggravanti già previste. Di rilievo anche la previsione secondo la quale, in caso di condanna per reati di violenza domestica e di genere, il beneficio della sospensione condizionale della pena è subordinato alla partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero.
Il cuore della riforma è, tuttavia, di carattere processuale e interviene, in particolare, sulla fase delle indagini preliminari allo scopo di accelerare la presa in carico della notizia di reato da parte del Pubblico Ministero, anche al fine della eventuale adozione di iniziative di protezione della vittima, e lo svolgimento delle attività investigative, tra le quali rientra anche l’obbligo – ampiamente dibattuto – di assunzione di informazioni dalla persona offesa (o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza) entro tre giorni dalla iscrizione della notizia di reato.
L’indiscusso valore dell’obiettivo perseguito sconta inevitabilmente lo scotto di una riforma ”a costo zero”, di matrice esclusivamente repressiva, che impatta su un sistema giudiziario già in forte affanno e dimentica la necessità di prevenire ancor prima che di punire.