Chi cresce non è, non deve essere prigioniero. I prigionieri dei campi di sterminio nazisti erano spogliati di tutti i vincoli che in qualche modo li avrebbero tenuti dentro idee politiche, religione, competenze professionali, reti sociali … Dovevano essere ridotti a un vincolo solo: quello della prigionia. Per questo, proibiti riti, oggetti, effetti personali, in una spersonalizzazione il più possibile completa e ossessiva. Persecutoria. La prigione perfetta è quella che chiude, imprigiona appunto, in un solo vincolo.
Chi cresce raccoglie alcune castagne d’India. Korczak non le considera roba da destinare ai rifiuti. Chi cresce sta organizzando la sua crescita con quelle castagne d’India, che non sono spazzatura. Vanno rispettate. Sono sue. Non è l’elogio della proprietà privata. È il rispetto per le sue ricerche.
Le varie modalità sensoriali di chi apprende ricevono stimoli sia rilevanti che irrilevanti. Le differenti modalità sensoriali ci forniscono l’informazione indipendentemente e simultaneamente. Possiamo chiudere gli occhi per evitare la stimolazione visiva, tappare il naso, possiamo anche provare a chiudere le orecchie con un certo successo, ma non è possibile evitare di sentire – che non è udire -, non si può cioè bloccare l’input che viene chiamato tattilo-cinestetico. Quindi, la ricezione dei segnali in ultima analisi non può essere evitata. Tutto questo è ben presente in Mario Lodi, che, come Korczak, non ha la presunzione di rendersi conto a priori della moltitudine di stimoli che l’organismo di chi cresce riceve e nemmeno pretende di, eventualmente, ristrutturarli. Ha fiducia nella complessità, che vive e in cui è immerso insieme agli altri. La condivide e la rispetta. Il rispetto per la proprietà di chi cresce, è condivisione.
È il rispetto del tempo per le rèveries di chi cresce. Perché possa veramente far sue le solitudini. E questo rispetto nasce da quella dimensione estetica presente e incorporata in Mario Lodi. La dimensione estetica significa avere la sapienza della collocazione di ogni elemento, sia materiale che umano, in uno spazio, materiale e mentale, che valorizza proprio quell’elemento, nella sua originalità ed irripetibilità. Scriviamo queste considerazioni avendo sotto gli occhi un piccolo dipinto, ricevuto da Mario Lodi per il Natale 2002. È leggero. Nel bianco del cartoncino, poche pennellate di acquarello, verde pallido sfumato con un accostamento rosa pallido. Su questo, trattini rossi più vivaci. Un cespuglio invernale, nel bianco. Leggero. L’autore ha avuto il dono – carisma? – di riempire con i colori rispettando il vuoto.
È questo il punto. Non riempire tutto. La scuola di chi cresce è grande come il mondo, come diceva Rodari, e il libro da leggere e interpretare è tutto: gli animali, gli alberi, le nuvole, il sole, le persone, l’acqua e, perché no?, le castagne d’India. Il mondo è grande e bello e chi è impegnato a crescere prende da subito tutto quello che può e gli dà piacere: il sapore del latte della mamma e il calore del suo corpo e quella voce inconfondibile che gli dà pace e sicurezza. E altri visi, altre voci gentili, e i sorrisi, ai quali egli risponde felice. È la scoperta continua delle sue conquiste: con le mani afferra il tuo dito, il cucchiaino della pappa, la sponda del lettino, il campanello del passeggino. E perché non le castagne d’India?
Che ci sia una luna sola, anche se ne vediamo più di una – magari anche nel pozzo -, può essere un tema da approfondire. Piaget privilegia la percezione della persistenza dell’oggetto. Quindi una luna sola. Korczak privilegia i diversi punti di vista, evidenziando che il rapporto fra noi e le cose implica le soggettività di chi osserva e così conosce le cose, al plurale.
“Senti, io mi metterò dietro la siepe, e tu mettiti in giardino – Hanno chiuso il cancello. – Allora, c’è la luna in giardino? – C’è – Anche qui c’è – Si sono scambiati di posto, hanno verificato un’altra volta: ora sono sicuri che di lune ce ne sono due”. (Korczak). È problematico lasciare a chi cresce la proprietà delle sue percezioni.
Andrea Canevaro, pedagogista, professore emerito dell’Università di Bologna