La data fondamentale per la nascita del moderno movimento hospice è il 1967, quando Cicely Saunders aprì a Londra il St. Christopher’s Hospice. Qui per la prima volta vennero teorizzati i principi di base delle cure palliative, che coglievano l’importanza da un lato della presa in carico globale del paziente e dall’altro della necessità di sviluppare una medicina palliativa che potesse avvalersi di basi scientifiche per garantire al paziente inguaribile le migliori cure possibili. Cecily Saunders, che era stata infermiera e assistente sociale prima di laurearsi in medicina, diede al St. Christopher’s Hospice quelle caratteristiche che dovevano diffondere la filosofia dell’Hospice Movement in tutto il mondo: ricovero “aperto”, ambiente familiare, assistenza continua, approccio globale alla persona, valutazione interdisciplinare di tutti i sintomi fonte di disagio per il nucleo paziente/famiglia, con particolare riguardo al dolore nella sua accezione di total pain
Una recente Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge n. 38 del 15 marzo 2010 sull’accesso alle cure palliative e terapia del dolore ha fotografato la diffusione e l’attività degli hospice in Italia nel triennio 2015-2017, evidenziando un sostanziale incremento dell’assistenza residenziale e un progressivo sviluppo delle Reti regionali e locali sia di cure palliative sia di terapia del dolore. Resta invece abbastanza critica la situazione degli hospice pediatrici, dato che sono ancora pochissime in Italia le strutture in funzione e solo il 5% degli oltre 30.000 minori con diagnosi di inguaribilità usufruisce dei diritti riconosciuti dalla legge 38, avendo accesso alle cure palliative pediatriche. I posti letto sono ancora troppo pochi rispetto alle esigenze dei piccoli che hanno bisogno di assistenza e cura (4 nell’Hospice di Padova, 6 a Genova e 6 a Milano). E’ necessaria una maggiore consapevolezza e sensibilità rispetto a questo tema passando dalla cultura dell’attesa del fine vita a quella di una migliore qualità della vita stessa. E’ importante, oltre all’incremento dei posti letto, rendere attiva la rete periferica, in grado di dare sollievo alle famiglie attraverso l’attivazione di una adeguata assistenza domiciliare.
“Per cure palliative si intende la presa in carico di bambini con una malattia inguaribile ma che possono convivere con quel male – spiega in una intervista la dott.ssa Franca Benini – Purtroppo ci sono anche bambini che non ce la fanno ma noi lavoriamo affinché tutti i bambini e le loro famiglie abbiano una buona qualità della vita e siano inseriti nel tessuto sociale. Per ogni bambino che muore in cure palliative ce ne sono 10-15 che sopravvivono per anni e anni. E’ una presa in carico a 360 gradi fatta in rete con tutti i servizi: ci occupiamo di farli andare a scuola, dei problemi psicologici, di aiutarli in scelte difficili anche a livello bioetico, dal punto di vista sociale e a volte spirituale. In hospice arrivano i bambini che per problemi clinici, organizzativi o psicologici non si possono gestire a casa, l’obiettivo restano però le cure domiciliari. L’esperienza di vita negli hospice è piacevole ma la casa è il luogo ideale in cui vivere”.
Dal punto di vista strutturale ed organizzativo tutti gli hospice, non solo quelli pediatrici, hanno alcune caratteristiche peculiari, connotate dall’opportunità di ricreare un ambiente quanto più possibile simile a quello domestico:
- l’accesso libero per i familiari (le camere sono anche dotate di poltrone letto che possono ospitare un parente all’interno della struttura anche durante la notte);
- la possibilità di condividere alcuni spazi, quali ad esempio sale comuni e biblioteche;
- il calore dell’arredamento, con possibilità di portare con sé alcuni oggetti personali come fotografie e soprammobili;
- l’organizzazione di attività che soddisfino i bisogni di relazione sociale del paziente, come la pet therapy e il momento del tè.
L’Assistenza residenziale è uno dei principali setting di intervento previsti dalla Rete Locale di Cure Palliative (RLCP), costituita dall’insieme delle attività di cure palliative erogate dalle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, e dai servizi assistenziali, al fine di controllare il dolore in tutte le fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e terminali della stessa, e offrire supporto ai malati e ai loro familiari.
Una semplice targa, in una via non trafficata, nasconde dietro di sé un mondo speciale, dove i bisogni dei bambini sono il punto di incontro di molte professionalità e la lotta al loro dolore è la mission quotidiana. Questo è l’Hospice Pediatrico di Padova, diretto dalla dott.ssa Franca Benini, che io ho incontrato nel mio percorso di pediatra, anche a domicilio dei miei piccoli pazienti in grave difficoltà. Con la sua equipe ho condiviso momenti importanti per la mia formazione personale e professionale, da loro ho imparato molto, e di questo sono a loro grata. Quando i miei pazienti e le loro famiglie ritornano dopo essere stati ospiti dell’Hospice hanno una nuova tranquillità, data dalla certezza di essere seguiti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con una voce amica e comprensiva, consapevole delle loro difficoltà dall’altra parte del telefono, pronta ad intervenire quando c’è bisogno, anche a molti chilometri di distanza. Sono rimasta colpita dal loro essere sempre presenti anche per me, che in certe situazioni avevo difficoltà a muovermi, nonostante tutta la mia scienza e la mia esperienza. Ricordare anche per un solo giorno che le persone che lavorano in queste strutture e in questo modo ci sono, ringraziarli per la loro umanità non scontata è il minimo che non solo i genitori di tutti i bambini seguiti da queste strutture ma anche tutti noi che lavoriamo nel settore possiamo fare. Oltre a questo, l’affiancarci a loro, rendendoci disponibili e aperti alla collaborazione quotidiana, alla condivisione delle difficoltà e del dolore che tutti affrontiamo nel nostro lavoro, senza lasciarci sopraffare da esse, ma continuando a lottare come loro fanno, con la speranza di cambiare, anche se di poco ma in meglio, la vita dei nostri pazienti (ma anche la nostra).
Paola Miglioranzi, pediatra e collaboratrice del Master