È un libro per ragazzi quello che vi consiglio oggi, Matilde, un classico di Roald Dahl, con illustrazioni di Quentin Blake. Un evergreen di quelli che non ti stanchi mai di leggere e di rileggere e che è bello persino tramandare di generazione in generazione. L’ho letto da ragazzina, lo rileggo a mio figlio oggi.

Matilde Dalverme è una bambina geniale. Talmente intelligente che il suo acume è visibile a tutti coloro che stanno intorno a lei: la bibliotecaria del paese, la sua maestra. A tutti. Tranne ai suoi genitori, che la considerano non solo stupida, ma inutile e fastidiosa, come una crosta, così dice l’autore, che si è costretti a sopportare fino a quando non arriva il gradito momento di grattarla via.

Nonostante ciò Matilde impara a leggere. A quattro anni. Da sola. E quando arriva alla classe prima della scuola elementare sa già così tante cose che la maestra teme si possa annoiare insieme ai suoi compagni che devono ancora imparare a leggere e a scrivere.

Matilde è un libro surreale. L’intelligenza della bambina prende forma e corpo, quando non adeguatamente accolta e stimolata, diviene un’entità capace di spostare gli oggetti e di combattere le ingiustizie.

Eppure, in questo testo così fantasioso qualcosa di reale c’è. Non sempre gli adulti che dovrebbero prendersi cura dei bambini sono disposti a proteggerli e ad investire su di loro. Non sempre gli adulti costruiscono relazioni positive e supportive nei momenti più delicati della crescita e dello sviluppo. Non sempre i genitori amano autenticamente i loro figli.

Ed è qui che si inserisce un messaggio di grande speranza: ognuno di noi è molto più di ciò che chiunque altro possa cogliere. Ognuno possiede risorse molto spesso sconosciute anche a se stesso, le quali però emergono e cercano di farsi strada ogniqualvolta la disperazione vorrebbe prendere il sopravvento.

Matilde si salva e salva anche la sua maestra da un destino di ingiustizia ed emarginazione. E decidono di vivere insieme, come una nuova famiglia. Esistono anche relazioni che salvano, che possono avere il potere di riparare al male assoluto, all’indifferenza, alla non cura, all’abbandono.

Si può attraversare il dolore e, con un percorso difficile, che a tratti possiede anche caratteristiche che sembrerebbero non compatibili con il mondo reale, si può diventare ciò che si è.

È sola Matilde. In tutto il romanzo non stringe una sola amicizia con un coetaneo. Le sue uniche amiche sono due persone adulte: la signora Felpa, mitica bibliotecaria, e la signorina Dolcemiele, maestra tradita dagli adulti che dovevano amarla, esattamente come Matilde.

Entrambe queste figure saranno una chiave di volta nella vita della bambina, l’una perché la introduce al mondo della lettura, aiutandola ad immergersi in una sorta di dimensione parallela la quale contribuirà a proteggerla, più del suo contesto familiare; l’altra perché ha il coraggio di prenderla per mano e di mostrarle che si può soffrire, rimanere soli, essere calpestati, sopravvivere e poi rinascere.

Un libro per ragazzi ma che ogni adulto dovrebbe leggere. Non è necessario non amare i figli per venire meno al proprio compito genitoriale. È sufficiente non credere in loro, nelle loro potenzialità. Accade più spesso di quel che crediamo, anche quando i talenti di quei bambini sarebbero evidenti a chiunque. Non è sempre incuria. A volte è più semplice fingere di non vedere che avere il coraggio di sostenere un figlio che appare in tutto e per tutto migliore di noi; oppure, a volte, è l’incapacità di invertire la rotta di un passato fatto di dolore e sofferenza.

Buona estate, a tutti coloro che, come me, attendono le vacanze per lasciarsi trasportare dalle storie che i grandi scrittori sanno narrare. A tutte le signore Felpa e alle signorine Dolcemiele, che sanno accompagnare per mano chi soffre e traghettare la loro vita in salvo. A tutti i signori Dalverme, perché possano trovare la forza e il coraggio di interrompere una spirale di sofferenza.

A tutte le Matilde del mondo, perché possano avere l’opportunità di farcela. E di raccontarcelo.

Monica Betti, docente del Master

Categories:

Tags: