Cara mamma,

oggi Matteo compie tre anni. Non so se sia così importante dirtelo, in fondo non l’hai mai visto. Credo sia importante per me. Lo sai come festeggerà il suo compleanno mamma? Con una festicciola nel nostro spazio distaccato del carcere, insieme a bambini che hanno condiviso con lui in questi tre anni lo stesso destino di reclusione, anche se ammantato di finta normalità. Bambini che non conosceva prima di venire al mondo e che non saranno più nulla per lui, dopo che ne sarà uscito. Perché Matteo uscirà, oggi stesso. Mi daranno giusto il tempo di soffiare con lui sulle candeline e poi lo porteranno via, a vivere la sua vita normale lontano da me. E così, io e lui, passeremo questo giorno fingendo di essere felici: io per non rovinargli uno dei pochi giorni di festa che vengono concessi e lui perché non ha compreso appieno che cosa voglia dire vivere lontano da qui senza di me.

Perché ti sto raccontando tutto questo, mamma? Forse perché per la prima volta capisco le reali conseguenze del mio essere qui. Non sono preoccupata per il mio futuro. Sono preoccupata per il futuro di mio figlio. Che ne può essere di un bambino che non ha mai visto nient’altro a parte questo spazio creato che, anche se più curato, resta comunque carcere, le guardie ed altre donne come me? Eppure, allo stesso tempo, vivo nell’angoscia dell’attimo in cui lo separeranno da me.

Nonostante non abbia un’altra vita da offrirgli, è l’unico legame con una parte di me che sogno, un giorno, fuori da qui, di poter ricostruire. Ho paura che possa fare a meno di me, come fai tu. Ho paura che, una volta assaporata la libertà e le cose normali della vita, maledica di essere mio figlio e condanni dentro di sé gli anni che ha passato con me in carcere.

Oltre che una madre pregiudicata sono diventata anche una madre egoista. Vorrei che rimanesse con me per sempre, per tutto il tempo che mi resta da scontare. Perché Matteo sa di pomeriggi al mare, di un pacco da scartare sotto l’albero di Natale, di gelato alla fragola, di libri nuovi, di biancheria pulita. Matteo sa di un passato che non esiste più. Mi guarda con i suoi occhioni neri e mi ricorda che è esistita anche una parte della mia vita senza il carcere. Che è esistito un tempo felice, anche se non posso più tornare indietro.

Che nonna saresti stata? Che madre saresti stata? Che madre potrei essere io, senza il peso del tempo e della coscienza addosso? Quante domande senza risposta, mamma. E intanto, accanto a me, Matteo dorme stringendo nella mano l’orsetto che gli ho regalato quando è nato e che per lui, oggi, rappresenta tutta la vita che c’è.

Cara nonna,

oggi è il mio compleanno. Non ti ho mai vista, ma so che ci sei perché la mamma mi parla sempre di te e dice che ti somiglio. Oggi la mamma mi ha fatto una sorpresa: ha organizzato una festa di compleanno per me insieme agli altri bimbi che sono qui con le loro mamme. Ho sperato che il tempo passasse il più lentamente possibile, perché me la volevo godere e perché ho capito che, una volta finita la festa, mi verranno a prendere. La mamma ha pianto tanto prima della mia festa, perché ha paura che mi portino lontano, anche se mi ha promesso che ci rivedremo presto. La mamma mi ha detto che il giorno del proprio compleanno si può esprimere un desiderio. Io ho chiesto di poter vedere la casa dove la mamma stava prima di venire qui. Ogni tanto racconta che aveva una stanza tutta sua e che poteva uscire, andare in giro, incontrare gli amici. In questa casa, invece, non viene mai nessuno e io ogni tanto mi sento un po’ solo. Però non l’ho detto alla mamma, perché se no diventava triste, come tutte le volte che parla della sua casa e del mio papà.

Oggi la mamma era tanto triste. Ogni tanto le sento dire che ha paura del giorno in cui io mi allontanerò da lei. Ma questo non è possibile, perché io starò sempre con la mia mamma. Anche quando andrò ad aspettarla in un’altra casa, io penso che la mia mamma arriverà subito. Come potrei, io che sono così piccolo, stare senza la mia mamma? E quando saremo nella nuova casa, potrò stare con altri bambini, giocare in giardino, andare a scuola. Una volta la mamma mi ha raccontato che ha mangiato un gelato alla fragola seduta in riva al mare. Io non ci ho capito niente: non so che cosa sia il mare. Però da come l’ha detto la mamma sembrava una cosa bellissima. Ecco, allora io sogno di poter fare una cosa del genere un giorno: mangiare un gelato in riva al mare, con la mia mamma sorridente. Con altri bambini che mangiano il gelato e che si sporcano come me. E anche con te, anche se non ti conosco, ma che devi essere qualcuno di molto simile ad una mamma, se tutte le volte che la mia parla di te le asciugo una lacrima che le scende dagli occhi.

Monica Betti, docente del Master