I parte

Per molti minori (bambini e adolescenti) l’orientamento sessuale e l’identità di genere rappresentano un terreno ampio e mutevole in cui la loro posizione può essere poco chiara nel presente ma che potrebbe cambiare in futuro: ciò significa che un bambino o un adolescente che oggi si considerano eterosessuali potranno non esserlo in seguito.

È importante precisare però, che ogni bambino vive la propria identità di genere e la esprime in modo peculiare, secondo la propria sensibilità, secondo una propria comprensibile percettibilità che sarà necessariamente diversa da quella di qualsiasi altra persona. Assume rilievo -pertanto- riconoscere come la varianza di genere nell’infanzia e nell’adolescenza non sia considerata come una patologia o un problema da risolvere, ma come una delle tante espressioni della diversità umana.

Il termine “gender” spesso viene erroneamente confuso con “sesso”, ma, mentre con questo ultimo, ci si riferisce da sempre agli aspetti biologici, morfologici, funzionali, che caratterizzano l’essere uomo e donna, con il genere, invece, si indica sia la percezione dell’identità sessuale, che il ruolo sessuale in termini sociali.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità -OMS- individua il genere come un elemento socialmente costruito, un fattore che determina la salute e che influenza la suscettibilità delle persone a differenti condizioni di salute e malattia, a seconda se sono maschi o femmine. La stessa OMS riconosce inoltre che il genere ha un impatto su accesso e assistenza da parte dei servizi sanitari, sugli esiti di salute e lo descrive in questi termini: “La maggior parte delle persone nasce o maschio o femmina, quindi vengono insegnate loro norme e comportamenti appropriati, incluso il modo in cui dovrebbero interagire con altri dello stesso sesso o del sesso opposto, dalla famiglia, dalla comunità e nei luoghi di lavoro”. Quando individui o gruppi non ‘si adattano’ alle norme di genere stabilite, spesso sono vittime di stigma, di biasimo, di pratiche discriminatorie o esclusione sociale -e tutto ciò si tramuta in conseguenze che influiscono negativamente sulla salute. Dall’Organizzazione proviene quindi l’esortazione ad “essere sensibili alle diverse identità che non rientrano necessariamente nelle categorie di sesso cosiddetto ‘binario’, cioè maschile o femminile”.

I bambini gender variant (otransgendersono quelli la cui identità di genere, ovvero quella percezione che ognuno ha del proprio sentirsi maschio o femmina, (e che non ha e nulla a che vedere con l’orientamento sessuale) non coincide con quella attribuita alla nascita sulla base degli organi genitali.

Sono bambini che attuano comportamenti, in modo consuetudinario, considerati dal contesto storico e culturale di appartenenza come più opportuni per il genereopposto: bambine che preferiscono giocare con i supereroi, con treni o pistole oppure bambini che mostrano di preferire le bambole, i trucchi, le gonne…

Nei casi in cui vi sia una significativa sofferenza che comprometta la qualità della vita, si parla di disforia di genere, ovvero quel malessere percepito dal soggetto che non si riconosce nel sesso o nel genere della nascita. Spesso è proprio lo sviluppo a generare una forte sofferenza. L’isolamento e la percezione della propria diversità fa crescere questi adolescenti isolati e fragili: di frequente la vergogna e l’autosvalutazione li portano ad un progressivo ritiro dalla vita “sociale” e all’abbandono degli studi. Nei casi più gravi si arriva all’autolesionismo e/o a condotte suicide.

Uno degli aspetti più controversi nell’ambito del dibattito scientifico sulla varianza di genere e sicuramente anche una delle scelte più difficili per i genitori di un bambino gender variant riguarda la trasformazione dal punto di vistasociale. Scegliere di far fare al proprio figlio una transizione sociale significa decidere per un cambio che riguarda il modo in cui lui/lei è percepito/a dagli altri, in termini di genere, al di fuori del contesto familiare. Il cambio di nome, la scelta di sentirsi chiamare in modo diverso rispetto a quello usato fino a quel momento, la predilezione di vestirsi in un certo modo o, in generale, di presentarsi agli altri secondo il genere sentito– e quindi non più secondo quello assegnato alla nascita – sono gli aspetti piùcomuni che definiscono la transizione sociale.

La scelta di procedere verso questa – ignota – direzione il/la proprio/a figlio/a è uno dei dilemmi che maggiormente preoccupa i genitori di quei bambini che spesso, già a partire dai 3 anni chiedono con insistenza di essere riconosciuti nel genere opposto rispetto a quello assegnato.  Anche se l’adolescenza è sicuramente il periodo più difficile da affrontare per la persona transessuale poiché la disforia di genere tende ad intensificarsi e la stessa deve confrontarsi con il proprio corpo che, in modo ancora più netto, si discosta dal proprio sesso psichico, determinando un aumento dell’ansia e della depressione. Appare allora doveroso chiedersi se anticipare questo cambiamento, collocandolo nella minore età, possa avere risultati ottimali e meno traumatici rispetto alla sua posticipazione in età adulta, quando ormai la personalità e l’identità della persona sono ben formate.

Gran parte dei medici specialisti mostrano una forte contrarietà nel cambiare genere nell’età evolutiva proprio perché, in questa fase, non si è in presenza di una identità ben delineata e definitiva ma, al contrario, questa è ancora in formazione e quindi, se si incentiva il paziente ad assumere comportamenti tipici del proprio sesso anagrafico, la disforia di genere potrebbe attenuarsi e talvolta scomparire.

In tali contesti viene consigliato alle persone transessuali di aspettare il raggiungimento dell’età adulta o comunque della maggiore età per transitare, nonostante in adolescenza manifestino una forte sofferenza e disagio nel veder cambiare il proprio corpo ma sempre di più si sta diffondendo un riconoscimento del diritto del minore a vedersi somministrare in età puberale farmaci bloccanti per posticipare lo sviluppo fisico dell’adolescente al momento in cui si sia formata l’identità della persona.

Nel 2018 il Comitato Nazionale di Bioetica viene ad esprimersi favorevolmente in merito alla richiesta di AIFA -Agenzia Italiana del Farmaco – sull’eticità dell’uso del farmaco Triptorelina, indicato per la sospensione temporanea della pubertà e consentire un tempo di valutazione diagnostica più lungo, oltre a far fronte, in parte, ai desideri urgenti dei minori. Il parere favorevole del CNB ha portato nel febbraio 2019 all’inserimento del medicinale nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale.

Nella consapevolezza della gravità della questione e della scarsità di letteratura scientifica disponibile, è stato suggerito di consentire l’uso di questo farmaco solo in casi molto circoscritti, con prudenza, con una valutazione caso per caso come nei casi  di una profonda sofferenza di ragazzi con patologie psichiatriche che giungono al rischio di comportamenti autolesionistici o a tentare il suicidio, e sempre sotto un vigile monitoraggio di una equipe di più specialisti, composta da endocrinologi, psichiatri dell’età evolutiva, psicologi, oltre che bioeticisti ed esperti del problema.

Il trattamento deve essere somministrato solo per un breve periodo di tempo, al fine di superare eventuali gravi rischi e trovare le forme più opportune di accompagnamento del minore.

In tale contesto la Società Italiana dei Medici Pediatri ribadisce che l’uso del farmaco durante l’adolescenza venga considerato secondo un approccio di prudenza e multidisciplinare ovvero come lo stesso vada prescritto in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso, con la necessità di disporre di studi di sicurezza, efficacia e follow-up fisico-psichico e di prevedere una politica diaccesso equo e omogeneo.

Queste considerazioni, a fronte di una incertezza scientifica desunta dalla scarna valutazione dei dati scientifici disponibili, richiamano la necessità di avere ben presente il principio di precauzione, ovvero la gestione del rischio a fronte a potenziali pericoli di cui non si ha ancora conoscenze certe, oltre a rendere urgente il bisogno di coinvolgere i professionisti della salute in conoscenze e riflessioni che stanno diventando di importanza imprescindibile per affrontare tali temi sempre più frequenti nel mondo contemporaneo.

(continua…)