La prima marionetta la costruii per gioco, quando ero solo un bambino. Quando soffri la fame non c’è occupazione che possa distoglierti. E, a dire il vero, le occupazioni in Mali non sono molte se non hai i soldi per permetterle. Quelle lecite intendo. Trovai una bottiglia di plastica, un pezzo di stoffa e costruii un bambino. Un bambino che parlava, anche se attraverso la mia voce. Un bambino che poteva essere qualunque cosa io desiderassi: un bambino sazio, un bambino ricco, un bambino che si poteva persino permettere di rifiutare cibo e oggetti perché ne aveva a sufficienza. I miei amici ridevano come matti quando facevo parlare quella marionetta costruita con il niente che avevamo. Ci presi gusto. Molto spesso erano i miei amici stessi a procurarmi materiale di scarto, roba che avevano racimolato rovistando nei pertugi più impensabili. Cominciai a costruire marionette così, per sfuggire a me stesso. Per combattere la sofferenza, la solitudine. Per inventare una vita che non avevo. Senza saperlo, ho salvato me stesso dai trafficanti, dai truffatori e, a poco a poco, mi sono guadagnato la mia libertà. Quando finii di costruire un numero di personaggi sufficiente a rappresentare metà della popolazione del mio piccolo paese, cominciai ad insegnare ad alcuni ragazzi che conoscevo a costruire le marionette. È un’operazione più difficile di quel che si pensi. Se la marionetta non è bella nessuno la guarda. E se nessuno la guarda nessuno ascolta quello che la marionetta ha da dire. Qual è il problema? Non è facile tirare fuori qualcosa di bello dalla spazzatura. Eppure io ci riesco se mi impegno. Il segreto è non avere fretta. Guardare un pezzo cercando di immaginare già come potrà essere una volta terminato il lavoro e non arrendersi finché non sarà venuto così come lo volevamo. Questo ho cercato di insegnare a tutti quelli che sono venuti a chiedermi di costruire con loro marionette. Quando ne avevamo accumulate abbastanza abbiamo cominciato a chiederci che cosa potessimo farne. Se erano riuscite a far ridere noi, forse potevano far ridere qualcun altro. Non solo. Potevano parlare, potevano dire qualsiasi cosa. Potevano dire anche le cose che non si possono dire. Chi si sarebbe preso la colpa? In fondo erano solo marionette. Decidemmo di costruire un teatrino. Quella fu la parte più difficile, perché servivano legno e tendaggi, roba da ricchi insomma. Però ce l’abbiamo fatta. Nel giro di un anno eravamo pronti per mettere in scena la prima commedia. Era la storia di un ricco politico che si faceva rubare tutte le sue ricchezze da un servo sciocco che spendeva e spandeva per costruire il più grande teatro nascosto della città. All’inizio dello spettacolo la gente guardava impietrita. All’improvviso pensammo che ci avrebbero arrestato e riempito di bastonate. Poi cominciarono a ridere. Fu un vero successo. In poco tempo quegli spettacoli divennero un appuntamento, la gente li aspettava e riempiva il nostro cuore di aspettative. Così mettevamo sempre più cura nella preparazione delle marionette e dei testi. Nei nostri spettacoli raccontavamo la verità: la fame, la miseria, i soprusi, la corruzione, il degrado. Ma lo facevamo scherzando e quindi nessuno si sentiva colpito sul vivo, nemmeno quando le marionette assomigliavano talmente tanto alle persone vere da sfumare fin troppo i confini tra fantasia e verità. Ma la popolazione era dalla nostra parte e nessuno si sognò mai di farci smettere. Io costruisco marionette ancora oggi che sono passati molti anni da quel primo giorno. Continuo a raccontare la verità che conosco e che vivo. Cambiano le marionette, ma non i bocconi amari che la gente deve mandare giù. Molti ragazzi continuano ad essere attratti da questa mia passione. Ogni tanto ne accolgo qualcuno sotto la mia protezione, soprattutto quelli che sono più a rischio di trascorrere troppo tempo per strada. Insegno loro un mestiere, che per me è divenuta anche un’arte. Sogno di aprire una scuola, capace di dare un futuro ad altre persone che, come me, sono state in pericolo per troppo tempo. In attesa che questo sogno possa realizzarsi, continuo la mia vita così, portando in scena tutto quello che vorrei e che non ho, tutto quello che la gente di questo paese meriterebbe e non ha il coraggio nemmeno di pensare. Tutto quello che il Mali potrebbe essere ma non è a causa della brama di potere, dell’ingiustizia e della corruzione che continuano a dilagare e a spezzare la vita della gente che non ha mezzi per opporsi. Costruire marionette è un modo come un altro per resistere. Per alzare la testa. Per continuare a vivere in piedi. In fondo non è la verità. È arte. L’arte salverà il mondo.
(scatto di Alessandro Maria Fucili)